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sabato 22 settembre 2012

Schalke 04 - Bayern Monaco 0-2: Müller incanta

 
 
Entrambe reduci da un successo in Champions League, 2-1 lo Schalke in casa dell'Olympiacos martedì, 2-1 il Bayern Monaco in casa propria contro il Valencia il giorno dopo, le due squadre - entrambe sin qui imbattute in Bundesliga - si affrontano a  Gelsenkirchen in un incontro valevole per la quarta giornata di campionato.

PARTITA Il primo tempo scivola via placidamente, con le due squadre che si rimbalzano il pallino del gioco, senza però concludere alcunché. L'unica occasione degna di nota è quella creta da Farfán: al trentacinquesimo si libera in area, e scarica un siluro che Neuer devia in angolo. Poco altro da annotare: un colpo di testa di Mandžukić su cross di Kroos (...) al 25', oltre la traversa, ed il prevedibilissimo diluvio di fischi riservati dalla curva dello Schalke a Neuer, che un tempo in quello spicchio di stadio intonava cori in favore dei propri beniamini vestiti di blu.

Il secondo tempo ci regala, dopo cinque minuti di gioco, la prova di quanto Draxler sia ancora immaturo: ruba palla ad un ingenuo Boateng sulla trequarti difensiva del Bayern, ed anziché servire ad Huntelaar il pallone dell'1-0, ne mantiene il possesso e finisce per farsi rimontare. Gli uomini di Heynckes, memori del detto «gol sbagliato, gol subito», danno immediatamente motivo di ulteriore rammarico al gioiellino dello Schalke: prima Kroos infila Unnerstall dopo una triangolazione con  Müller. Siamo al 55', tre minuti più tardi è il numero 25 a regalarci un'opera d'arte pallonara: prende la linea di fondo come il miglior Kobe Bryant,  beffa con un tunnel il malcapitato Fuchs e deposita il pallone nell'angolino basso alla destra di Unnerstall con un colpo da biliardo. E centoventi secondi più tardi Müller ci riprova, ma stavolta deve accontentarsi di un calcio d'angolo. Afellay subentra a Draxler, ma la musica non cambia: lo Schalke, cui l'uno-due del Bayern ha tagliato le gambe, attacca disordinatamente, scoprendo il fianco alle ripartenze avversarie. Fortunatamente, Unnerstall  fa buona guardia ed i gol al passivo sono due appena.

STEVENS Deve arrendersi alle individualità del Bayern. Giusto sostituire Draxler dopo un'ora ed un grave peccato d'egoismo.

HEYNCKES Il rombo offensivo ruota che è un piacere: nessun riferimento per i difensori avversari, e due gol.

ARBITRO Direzione senza macchia, quella di Kircher.

TOP PLAYER: Müller - Uno splendido gol, e l'assist per Kroos. Cosa volete di più?

BASS PLAYER:  Draxler - Paga l'inesperienza, ma le qualità ci sono. Ed anche il temo per maturare.

TABELLINO

SCHALKE 04 - BAYERN MONACO 0-2

MARCATORI: 55' Kroos, 58 'Müller.

SCHALKE 04 (4-2-3-1): Unnerstall - Höwedes, K. Papadopoulos, Matip, Fuchs - J. Jones (78' Hoeger), Neustädter - Farfan, Holtby (62' Barnetta), Draxler (63' Afellay) - Huntelaar. All.: Stevens.

BAYERN MONACO (4-2-3-1): Neuer - Lahm, Boateng, Dante, Badstuber - Luiz Gustavo, Schweinsteiger (89' Tymoshchuk) - Robben (84' Shaqiri), Kroos, T. Müller - Mandzukic (70' Martinez). All.: Heynckes.

ARBITRO: Kircher.

AMMONITI: Fuchs (76'), Matip (79').
 
Antonio Giusto 
 
Fonte: Calcissimo 

giovedì 20 settembre 2012

Inter - Rubin Kazan 2-2: Nagatomo salva l'Inter






Quarta partita casalinga per l'Inter, ancora alla ricerca di una vittoria a San Siro in questa stagione. L'obiettivo è quello di ottenerla contro il Rubin Kazan di Berdyev: squadra tignosa, che si difende con ordine e fa male in contropiede.

PARTITA Così come contro il Torino, Stramaccioni impone al perno centrale del centrocampo (Cambiasso, poi Gargano) di retrocedere tra Ranocchia e Samuel per impostare l'azione: come il Messico di La Volpe a Germania 2006 ed il Barça di Guardiola qualche anno più tardi. La manovra nerazzurra parte quindi da lontano, come di consueto, e si basa sua una trama più o meno fitta di passaggi, che però danno poche grane ad un attento Rubin Kazan, cui un generosissimo Jonathan offre su un piatto d'argento l'occasione di portarsi in vantaggio falciando Karadeniz ai confini dell'area di rigore: Deniz Aytekin, l'arbitro tedesco di evidenti origine turche, non può far altro che fischiare. Natcho calcia centralmente, Handanovič respinge e Ryazantsev la infila in rete. L'Inter, scossa dal quarto svantaggio in altrettante gare casalinghe, offre il fianco ai russi in un paio d'occasioni: Roman Eremenko, visto in Italia con le maglie di Udinese e Siena, sfiora in palo al 34esimo con un destro in diagonale, poi Jonathan si pappa il gol del pareggio ma - nel prosieguo dell'azione - Cassano e Livaja fanno le prove generali di un gol che arriverà poco dopo. Siamo al 39': il barese dà prova d'indiscussa genialità, Cambiasso legge il gioco in maniera alquanto misteriosa, esaudendo il desiderio del 99 e facendosi trovare pronto a crossare per un Livaja abile nell'insaccare il pallone in rete con la capoccia. Prima che l'arbitro fischi due volte, Ryazantsev flirta con la doppietta: prende un palo, e si va negli spogliatoi dopo un minuto di recupero.

Al rientro in campo, con Guarín al posto di un impresentabile Jonathan, ecco che i ruoli s'invertono: a far la partita, adesso, è il Rubin Kazan, con l'Inter che riesce a rendersi pericolosa in contropiede, ma il destro ad incrociare di Livaja - imbeccato da Cassano - termina alto sopra la traversa della porta difesa da Ryzhikov. Ben dieci minuti occorrono all'Inter per ristabilire le gerarchie territoriali, e Stramaccioni a questo punto opta per Milito: lo butta in campo, nella speranza che sia lui a buttarla in rete. Tra un dribbling e l'altro di Coutinho, ispirato ma poco incisivo, ecco che - un'ora di gioco sul cronometro - le squadre si allungano, e Natcho ci prova dalla distanza. Ma la palla non centra lo specchio, e qualche minuto dopo Berdyev si cautela, sostituendo il positivo Ryazantsev con Orbaiz: fuori un esterno con spiccate propensioni offensive e dentro un medianaccio, significa accontentarsi. Ma la frenesia dell'Inter, ottima sino alla trequarti, poi improvvisamente vana, consentono a Roman Eremenko di estrarre dal suo personalissimo cilindro un grazioso coniglio, che Salomón Rondón spolpa avidamente. La difesa nerazzurra, in occasione del gol è evidentemente impreparata: passi per l'indecisione causata dal colpo di genio di Eremenko, ma Ranocchia avrebbe potuto e dovuto far meglio, dopo il primo e non irresistibile controllo di Rondón. Terrorizzati dall'idea di veder violato San Siro anche stasera, Stramaccioni ed i suoi si producono in un tatticamente insensato ultimo assalto: ne vien fuori un Nagatomo regista, Samuel che ci dà dentro con la fantasia e con il tacco al limite dell'area, e Milito in formato ala destra a pennellar cross. Per chi? Per Nagatomo, naturalmente, che con un destro al volo stilisticamente impeccabile buca Ryzhikov. La follia nipponica chiude la spumeggiante partita.

STRAMACCIONI Atteso da un triplice impegno in campionato nella settimana che verrà, «Strama» risparmia Sneijder, Milito, Guarín e Pereira, dando spazio all'esuberanza di Coutinho e Livaja. Ma anche al disastroso Jonathan, cui giustamente impedisce di rientrare in campo per disputare il secondo tempo. La squadra è sintonizzata sulla sua lunghezza d'onda, quella del fraseggio, non sempre ragionato però: errori di misura, dettati da fretta e stanchezza, se ne son visti troppi stasera. E l'intesa, soprattutto quando c'è da gabbare la linea difensiva altrui, va migliorata.

BERDYEV Sempre il solito Rubin Kazan: ordinati in difesa, istruiti sul come agire in contropiede, ma ancorati al genio di Eremenko se bisogna inventarsi qualcosa con gli avversari ordinatamente disposti dinanzi alla propria porta. Quando inserisce Orbaiz si dichiara - in pratica - soddisfatto del pari, che quasi si trasforma in vittoria.

ARBITRO Il trentaquattrenne Deniz Aytekin, un po' fiscale certo, si guadagna la sufficienza. E, anzi, anche mezzo voto in più.

TOP PLAYER: Roman Eremenko - Sulla trequarti del Rubin Kazan c'è un faro che illumina la manovra: il suo nome è Roman Eremenko. Calcia, lancia, massaggia delicatamente il pallone e ne fa dono ai compagni, Rondon in primis. Transitato ad Udine, il motivo è presto detto. Strano, anzi, che i Pozzo se lo siano lasciati sfuggire.

BASS PLAYER: Jonathan - Abominevole. Difensivamente impresentabile, l'intervento che costa il rigore è raccapricciante: intervenire in quel modo su un avversario che si trova spalle alla porta in area di rigore è pura pazzia. Aggiungiamoci un gol sciupato e la poca propositività sulla fascia di competenza, sommata ai numerosi di misura, ed ecco spiegato il mio voto: 4.

TABELLINO

INTER - RUBIN KAZAN 2-2

MARCATORI: 17' Ryazantsev, 39' Livaja, 39' s.t. Rondon, 47' s.t. Nagatomo.

INTER: 1 Handanovic 6,5; 42 Jonathan 4 (1' s.t. Guarin 6), 23 Ranocchia 6,5, 25 Samuel 5,5, 55 Nagatomo 6,5; 19 Cambiasso 6,5, 4 Zanetti 6, 21 Gargano 6; 7 Coutinho 6; 99 Cassano 6,5 (22' s.t. Pereira 6), 88 Livaja 6,5 (16' s.t. Milito 6,5). All.: Andrea Stramaccioni 6.

RUBIN KAZAN: 1 Ryzhikov 6; 76 Sharonov 6, 4 Cesar Navas 6,5, 2 Kuzmin 6, 25 Marcano 6,5; 27 Bocchetti 6 (36' s.t. Kaleshin s.v.), 66 Natcho 6, 8 Ryazantsev 6,5 (25' s.t. Orbaiz 5,5), 61 Karadeniz 5,5; 23 R. Eremenko 7; 99 Rondon 6. All.: Kurban Berdyev 6,5.

ARBITRO: Deniz Aytekin (GER) Assistenti: Lupp- Walk (GER) Assistenti aggiunti: Fritz-Hartmann (GER). Quarto uomo: Henschel (GER).

AMMONITI: 35' Bocchetti, 29' s.t. Marcano, 31' s.t. Orbaiz, 44' s.t. Guarin.

NOTE: Recupero: 1', 3'. Spettatori: 28.472.

Antonio Giusto

Fonte: Calcissimo

sabato 15 settembre 2012

QPR - Chelsea 0-0: a Loftus Road vince la noia



Un rigore di Helguson, le espulsioni di Bosingwa (che oggi gioca nel QPR) e Drogba nel primo tempo, un diluvio di cartellini gialli - nove, in totale - e la delusione di Villas Boas. È trascorso quasi un anno da quel QPR - Chelsea, e le strade dei quattro protagonisti sin qui citati si son divise: c'è chi ha cambiato quartiere di Londra (AVB, Bosingwa), chi nazione (Helguson) e chi addirittura continente, perché Didierone è finito in Cina. Ad incrociarsi nuovamente sono però John Terry ed Anton Ferdinand, e chissà se si stringeranno la mano: è noto a tutti che il più giovane dei fratelli Ferdinand abbia portato JT in tribunale, in luglio, per chiarire quanto accaduto il 23 ottobre scorso. Perché nel giorno in cui il City ne segnava sei all'Old Trafford, il capitano del Chelsea avrebbe - «avrebbe»: condizionale - così apostrofato Ferdinand: «fucking black cunt», che non vi sto qui a tradurre. Assolto per insufficienza di prove dal giudice Howard Riddle, Terry si ritrova ad affrontare il suo accusatore sul terreno di gioco. Ah, quasi dimenticavo: il Chelsea, che tra le altre cose è campione d'Europa in carica, mercoledì darà il bentornato in Champions League alla Juventus.

PARTITA Come ampiamente prevedibile, Anton Ferdinand tiene fede alla propria parola, rifiutando di stringere la mano sia a Terry che a Cole. Bene, ora si può - finalmente - parlare di calcio. E la prima occasione - in una Londra baciata dal sole - ce la offre Júlio César, che al quarto minuto si produce in una felina reazione sul sinistro di Hazard, impedendo al Chelsea di coronare con un gol l'ottimo contropiede imbastito. Poi, sino al quarto d'ora, le squadre si limitano ad un poco produttivo palleggio. A ravvivare la situazione ci pensa Torres, che impegna l'estremo difensore avversario con il mancino e si rende anche protagonista dell'uscita dal campo di Fábio, rimpiazzato da Onuoha: Bosingwa cambia fascia. C'è ben poco da segnalare, sino al secondo cambio dell'incontro, effettuato anche stavolta da Hughes: Johnson s'infortuna, lo sostituisce l'ambizioso Jamie Mackie, che in settimana ha dichiarato di voler ripetere l'impresa compiuta lo scorso anno, portando nuovamente a casa lo scalpo dei Blues. Gli ultimi quindici minuti scivolano placidamente via, contraddistinti dalla sterilità del possesso palla e dall'assenza di occasioni da gol.
In avvio di ripresa, le due compagini c'illudono d'aver voglia di correre e divertire: il ritmo si alza, Hazard ci regala una rabona - fine a se stessa, ma stilisticamente perfetta - e Park Ji-Sung mette a nudo le lacune difensive del Chelsea, pescato - solissimo - nel cuore dell'area da un lancio di Granero. Ma Čech blocca, sicuro, e Di Matteo inserisce il nuovo arrivato Moses al posto di Bertrand: un po' di spinta sulla sinistra ci vuole, accidenti! Da lì nasce infatti un cross che Ivanović, appostato sul secondo palo, non riesce a tramutare in gol. Di occasioni, vere, le due squadre però non riescono a crearne, ed occorre uno scellerato retropassaggio di Mikel per regalare qualche emozione al pubblico pagante: Zamora sciupa, complice l'esemplare uscita di Čech, e sul capovolgimento di fronte Moses impegna Júlio César, impeccabile anche in quest'occasione. Nonostante gli ingressi in campo di Cissé e Sturridge, il gol non arriva, e l'ultima occasione capita - all'ottantasettesimo - sui pregiati piedi di Hazard. Ma, complice un maligno rimbalzo della sfera, il talentuoso belga scaglia il pallone in curva: la partita, agonizzante, muore dopo tre minuti di recupero.

HUGHES Il suo QPR, disposto secondo un inglesissimo 4-4-2, presente un'idea di gioco concreta, anche se ancora non del tutto compresa dai giocatori: il gioco va sviluppato sulle corsie, cercando anche il ribaltamento per sbilanciare la difesa avversaria e pungerla sul lato debole, ottenendo come risultato finale un cross per la coppia di attaccanti (oggi, se ne son viste tre). Un pareggio contro i campioni d'Europa, visto il tutt'altro che entusiasmante avvio di stagione, non può che farlo sorridere.

DI MATTEO Ramires, mezzala, gioca esterno destro; Bertrand, terzino, presidia l'altra corsia: non sarà un eccesso di prudenza, contro il modesto QPR? La squadra, poi, si affida esclusivamente all'iniziativa del singolo, ed i risultati - vista la giornata di scarsa vena di Hazard, Torres e Lampard - non sono dei più soddisfacenti. Primi punti persi in campionato. Se vuol rifarsi in Europa, deve osare di più: l'avversario non è sempre il Barça.

ARBITRO Andre Marriner fischia poco, ma quando lo fa - solitamente - l'emissione sonora è seguita dall'estrazione di un cartellino, in particolar modo nella prima frazione. Partita condotta in maniera positiva: la sufficienza, e qualcosa in più, per lui in pagella.

TOP PLAYER: Júlio César -  Svetta nella mediocrità di un incontro alla camomilla, domando Hazard ed il suo Chelsea. Ma era prevedibile: Júlio, tra i pali, è una garanzia con pochi eguali al mondo.

BASS PLAYER: Hazard - Da lui ci aspetta ben più di una rabona. A maggior ragione dopo le roboanti dichiarazioni rilasciate in settimana.

TABELLINO

QUEENS PARK RANGERS - 0-0

QUEENS PARK RANGERS (4-4-2): Julio Cesar 7; Bosingwa 6,5, Nelsen 6, Ferdinand 6, Fabio s.v. (dal 20' Onuoha 6); Wright-Phillips 6 (dal 70' Cissé 4,5), Granero 6, Faurlin 6, Park 6; Zamora 5, Johnson s.v. (dal 32' Mackie 5,5). All.: Hughes 6.

CHELSEA (4-2-3-1): Cech 6; Ivanovic 6, David Luiz 5,5, Terry 6, Cole 5,5; Mikel 5,5, Lampard 6; Ramires 5,5, Hazard 4,5, Bertrand 5 (dal 59' Moses 6); Torres 4,5 (dall'81' Sturridge s.v.). All.: Di Matteo 5.

ARBITRO: Marriner 6,5.

AMMONITI: Ramires (14'), Bertrand (27').

Antonio Giusto

Fonte: Calcissimo

domenica 5 dicembre 2010

Fiorentina-Cagliari 1-0: Mutu è tornato... e si vede! Goal-vittoria e tre punti, per la Viola è puro ossigeno



La Fiorentina batte il Cagliari al «Franchi» e lo scavalca in classifica, portandosi a quota 19. Protagonista assoluto dell'incontro è Adrian Mutu, che ritorna al gol dopo quasi un anno di astinenza.

FORMAZIONI - Pur con Gilardino fuori per infortunio, Mihajlović non rinuncia al consueto 4-2-3-1. Santana, Ljajić e Vargas compongono il trio alle spalle di Mutu, mentre D'Agostino si occupa della regia e Camporese affianca Gamberini in difesa. Donadoni schiera il jolly Laner nell'inconsueta posizione di terzino destro, con Nainggolan a completare un centrocampo in cui trovano posto anche il capitano Conti e l'incontrista Biondini. Matri e Nenê di punta, con Cossu ad ispirarli.

PARTITA - Primo tempo avaro di emozioni, complice un atteggiamento non certo irreprensibile da parte di entrambe le squadre. La Fiorentina, priva di pedine fondamentali quali Frey, Montolivo, Jovetić e Gilardino, non pare sufficientemente concentrata sulla partita: tanti errori, soprattutto in fase d'impostazione, ma anche la ripartizione degli spazi di gioco non pare corretta. E così, mentre D'Agostino e Donadel faticano ad intendersi e Mutu, centravanti obbligato, svuota l'area venendosi a prendere il pallone sulla trequarti, il Cagliari di Donadoni attende l'errore e non rinuncia a ripartire. Nenê, però, è l'unico uomo in maglia rossoblu ad impensierire Boruc, praticamente inoperoso a parte qualche uscita alta. Lo 0-0 con cui le squadre fanno ritorno negli spogliatoi dopo neppure un minuto di recupero non deve quindi sorprendere.

Appena 7' nel secondo tempo, e la Fiorentina sblocca il risultato con Mutu, che corregge in rete un calcio di punizione dalla destra di D'Agostino. Il gol infonde fiducia alla Fiorentina, che aggredisce il Cagliari alla ricerca di un raddoppio sfiorato con Ljajić, cui Agazzi si oppone magnificamente. Donadoni, che aveva dato il via alla girandola dei cambi già all'intervallo sostituendo Laner con Ariaudo, inserisce Lazzari al posto di Nenê andando a disegnare un 4-3-2-1 che non porta i risultati sperati. Difatti la Fiorentina continua a fare la voce grossa, vedendosi annullare un gol (Donadel) ma rischiando in contropiede per l'unica volta in tutta la partita. Con l'opposizione di Boruc a Matri, Mihajlović - sentendosi più sicuro - ragala al diciottenne Piccini la gioia dell'esordio in Serie A e si prepara all'arrembaggio finale di un Cagliari che però non riesce ad agguantare il pareggio.

CHIAVE - Il ritorno al gol di Mutu decide l'incontro: è grazie a lui che la Fiorentina intasca i tre punti.

CHICCA - Adrian Mutu ritorna al gol dopo 319 giorni. L'ultima marcatura risaliva allo scorso 20 gennaio, in Coppa Italia contro la Lazio.

MOVIOLA - Ben tre gol annullati alla Fiorentina. Sui due di Mutu c'è poco da recriminare, in entrambi i casi il fuorigioco è netto. La splendida volée destra di Donadel, però, paga un fuorigioco di Cristiano Zanetti, che diventa attivo quando l'ex centrocampista di Inter e Juventus si abbassa per far scorrere il pallone.

TATTICA - Imperniata su Gilardino ed il suo lavoro spalle alla porta, la manovra della Fiorentina risente parecchio dell'assenza del bomber. Il suo sostituto, Adrian Mutu, ha caratteristiche assai differenti, che lo portano a svariare sull'intero fronte d'attacco e quindi a svuotare l'area che nessun altro può riempire.

PROMOSSI&BOCCIATI - Il migliore in campo è senza dubbio Mutu. Dall'altra parte in grande spolvero Agazzi, autore di almeno due parate decisive. Camporese, coadiuvato dall'esperto Gamberini, si dimostra affidabile, mentre Donadel offre una discreta prestazione. Delude Matri, e lo stesso vale per Vargas, poco altruista nel finale.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

mercoledì 24 novembre 2010

Roma-Bayern Monaco 3-2: Rimonta 'Magica' grazie a Borriello, De Rossi e un redivivo Totti


La Roma stacca il biglietto per gli ottavi di finale di Champions League con una rocambolesca rimonta ai danni del Bayern Monaco. Sotto 2-0 all'intervallo, i giallorossi ribaltano il risultato grazie ad un secondo tempo destinato ad entrare nella storia della società.

FORMAZIONI - Pur essendo già qualificato agli ottavi, il Bayern Monaco propone la miglior formazione possibile: Demichelis compone la coppia centrale difensiva con van Buyten, Ottl sostituisce lo squalificato Schweinsteiger a centrocampo, mentre Ribéry parte dalla fascia sinistra. Ranieri si affida al rombo, con Greco interno sinistro. Mexès vince il ballottaggio con Juan, mentre Totti parte dalla panchina.

PARTITA - Si parte: ritmi alti e tanta corsa, ma i primi minuti sono solo una bella illusione. Ben presto il Bayern Monaco prende possesso della metà campo romanista, imponendo il proprio possesso di palla agli avversari. Alla manovra partecipano tutti, dal portiere Kraft (per lui si tratta dell'esordio stagionale) sino al centravanti Gomez, passando per i terzini Lahm e Pranjić. Persino van Buyten e Demichelis (due volte) tentano la sortita offensiva, seppur con risultati insoddisfacenti. Ranieri ordina ai suoi di alzare il pressing, riuscendo ad impensierire gli avversari, ma l'impossibilità di mantenere tali ritmi per l'intera partita restituisce il dominio territoriale ai tedeschi, che lo concretizzano con Gomez: glaciale doppietta tra il 33' ed il 39', approfittando di una retroguardia avversaria non certo irreprensibile. La Roma, sotto 2-0 all'intervallo, paga la riluttanza al pressing e le non perfette condizioni fisiche di De Rossi: perno del centrocampo, risente ancora dell'infortunio patito in Nazionale. Ménéz, poi, è poco ispirato: Vučinić e Borriello si ritrovano isolati.

Incomincia il secondo tempo, ma pare si tratti di un'altra partita. Ménéz entra in campo con 45' di ritardo, e con sé trascina l'intera squadra. Leggermente defilatosi sulla destra, per poter affrontare l'approssimativo Pranjić, il francese propizia il goal dell'1-2 di Borriello con uno slalom
strabiliante. Galvanizzata dal goal, la Roma continua spingere sull'acceleratore, ma Kraft si fa trovare pronto. Ranieri, allora, si gioca il tutto per tutto inserendo la quarta punti, Francesco Totti, e i fatti gli danno ragione: nuovo rombo, stavolta d'attacco, e prima De Rossi pareggia, poi è proprio il capitano ad insaccare il 3-2 dal dischetto. Il fallo? Di Kraft su Borriello, lanciato a rete proprio da Totti.

CHIAVE - L'ingresso di Totti dà alla Roma quello che le era sin lì mancato per ribaltare un'incredibile partite. Se impiegato «alla Altafini», Totti può essere il calciatore più decisivo di questa Roma, anche a trentaquattro anni suonati.

CHICCA - Terzo goal in altrettante partite di Champions League disputate all'Olimpico per Marco Borriello: Roma è già casa sua.

MOVIOLA - Il sociologo di Pamplona Alberto Undiano Mallenco arbitra in maniera tutto sommato sufficiente. Il fallo di Kraft su Borriello è solare, desta semmai qualche dubbio il metro utilizzato per la distribuzione dei cartellini gialli: Kroos sì, perché Ménéz no?

TATTICA - Detto del rombo d'attacco di Ranieri, con Totti nei panni del regista, Vučinić e Ménéz sui lati e Borriello centravanti, è interessante analizzare l'inopinata scelta compiuta da van Gaal sul risultato di 2-1 per il suo Bayern Monaco: fuori Müller, dentro Contento. Il dirottamento di Pranjić sulla destra, però, non deve sorprendere: quando vestiva la maglia dell'Heerenveen il croato portava il 10 sulle spalle ed agiva sulla trequarti.

PROMOSSI&BOCCIATI - Totti e Ménéz guidano magistralmente la rimonta romanista, resa possibile anche dalla grinta di De Rossi: stringe i denti, e fa 2-2. Borriello è un bomber vero, mentre Greco paga la poca esperienza sin qui maturata a questi livelli. Il solo Gomez salva la faccia nel Bayern Monaco, assieme a Kraft. Inspiegabile la reazione della squadra, addormentatasi sul 2-0.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

giovedì 18 novembre 2010

Romania-Italia 1-1: Fa tutto Marica, l'azzurro è sbiadito. E i nuovi deludono...

L'Italia di Prandelli chiude il 2010 sotto la pioggia di Klagenfurt: è 1-1 contro la Romania. Note dolenti De Rossi e Chivu, fuori per infortunio.

FORMAZIONI - Prandelli punta sulla qualità dei componenti della rosa, rinunciando al consueto incontrista. All'esordiente Ledesma è affidata la regia della manovra azzurra, tocca invece a Diamanti - anche lui al debutto - la rifinitura. Ranocchi e Bonucci sono i centrali difensivi, Rossi e Balotelli in avanti. La Romania di Răzvan Lucescu, figlio di Mircea, si dispone in campo con un classico 4-4-2: Chivu e Marica le certezze, Torje e Râpă le novità.

PARTITA - Gli azzurri faticano ad assimilare il nuovo modulo, è evidente sin dai primi minuti. La Romania, molto ordinata, non concede la giocata né a Diamanti né tantomeno a Balotelli, esiliatosi sulla sinistra. Giuseppe Rossi, fascia al braccio, viene abbandonato a se stesso in mezzo a Tamaş e Chivu (fuori al 16' per problemi muscolari, al suo posto Goian) mentre il trio di centrocampisti fatica a produrre gioco: il pressing della Romania funziona. E se Marica si divora una ghiotta occasione in contropiede, non sbaglia a tu per tu con Viviano, siglando l'1-0 al 34'. La reazione dell'Italia è flebile, nonostante lo svantaggio c'è solo Balotelli (nel frattempo accentratosi) ad impensierire il gigantesco Pantilimon (203 centimetri d'altezza) praticamente inoperoso.

Incomincia il secondo tempo, e Pirlo entra in campo e prende in mano le redini dell'incontro. L'Italia gira, perché nel cuore del gioco c'è un campione vero, e tanto basta perché Gilardino (subentrato a Rossi) infili la porta rumena, ma Einwaller - giustamente - annulla. Quest'episodio, forse, scoraggia gli azzurri, che non riescono più a rendersi pericolosi dalle parti del neoentrato Tatarusanu fino all'82º minuto: calcio d'angolo dalla sinistra battuto da Pirlo, colpo di testa di Quagliarella e deviazione decisiva di Marica.

CHIAVE - Il troppo storpia, Cesare Prandelli dovrebbe saperlo. Si tratta sì di un'amichevole, ma una squadra piena zeppa d'esordienti non può certo ben figurare. Ci pensano Pirlo e Quagliarella ad agguantare il pareggio.

CHICCA - La scorsa stagione stupivano l'Italia al centro della difesa del Bari, adesso nessuno si stupisce di vederli a far coppia anche in azzurro: Ranocchia e Bonucci, sognando Nesta e Cannavaro.

MOVIOLA - Nessuna controversia da dirimere al termine dell'incontro: la direzione dell'austriaco Thomas Einwaller è ampiamente al di sopra della sufficienza.

TATTICA - Bocciato il centrocampo dai piedi buoni: limitarsi al compitino non basta, quando s'indossa l'azzurro. Lampi di Pirlo illuminano una squadra mai convincente in attacco nel primo tempo. Con gli ingressi in campo di Gilardino e Quagliarella, fortunatamente, cambiano sostanza e risultato.

PROMOSSI&BOCCIATI - Pirlo e Quagliarella risultano decisivi, Diamanti e Ledesma soffrono l'esordio. Bene Santon, insolitamente timido Balotelli. Marica protagonista, nel bene e nel male.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

giovedì 4 novembre 2010

Milan-Real Madrid 2-2: Higuain fa tremare San Siro, poi entra il mostro Inzaghi.. ma il Real non muore mai!



Emozioni a raffica a San Siro: il Real Madrid sembra in controllo dell'incontro, quando Pippo Inzaghi ne scombina i piani con una glaciale doppietta. A tempo ormai scaduto, però, Pedro León pareggia i conti.

FORMAZIONI - Allegri sostituisce Antonini, apparso appannato contro la Juventus, con Zambrotta: la sua esperienza può rivelarsi preziosa in partite di questo genere. Boateng mezzala destra, in avanti il tridente composto da Ibrahimović, Ronaldinho e Pato. Il Real Madrid cala un poker d'assi offensivi, ispirato da Xabi Alonso.

PARTITA - Sin dal fischio iniziale il Milan cerca di intimorire il superbo Real Madrid ammirato due settimane fa al Bernabéu attraverso una pressione più o meno costante, poi scemata con l'andare dei minuti. Ciò determina un sostanziale equilibrio, come si evince dal possesso palla: 51 a 49 per il Milan, che calcia meno in porta, ma quando non viene fermato in posizione di fuorigioco fa più paura del Madrid. Peccato che Ibrahimović soffra di un'inspiegabile sindrome da Champions League, e che le imbeccate di Ronaldinho per i tagli di Pato siano raramente precise. Certo, anche le merengues si divorano un gol con Di María, ma quando il numero 22 veste i panni del rifinitore son dolori per la retroguardia rossonera: Higuaín, perfettamente assistito dal connazionale, sigla il gol del vantaggio in chiusura di prima frazione.
Nel secondo tempo il Real Madrid legittima il proprio dominio territoriale utilizzando l'arma del possesso palla. I bianchi, però, non hanno fatto i conti con Inzaghi: sveste la tuta, sostituisce un rabbuiato Ronaldinho e - approfittando degli impacci di Pepe e Casillas, oltre che del guardalinee Collin - prima pareggia, poi firma addirittura il 2-1. Per il Milan sembra fatta, ma José Mourinho non ha alcuna intenzione di uscire con le ossa rotte da San Siro, che tante gioie gli ha regalato nel biennio interista. Butta nella mischia Benzema e Pedro León, e proprio il tanto bistrattato centrocampista mette dentro il pallone del pareggio tre minuti dopo il novantesimo.

CHIAVE - Trentasette anni e, con questi due, settanta gol in Europa. Pippo Inzaghi è sempre il solito rapace d'area di rigore: entra in campo, gli capitano due occasioni, le concretizza entrambe e si regala l'aggancio a Raúl in vetta alla classifica dei bomber europei.

CHICCA - Stephen Child, primo assistente dell'arbitro, alza la bandierina in ben otto occasioni nel primo tempo facendo imbestialire Pato ed i suoi compari d'attacco. Nella ripresa, Jake Collin regala invece ad Inzaghi l'occasione - ovviamente sfruttata - di segnare il 2-1 non segnalando una evidentissima posizione regolare del centravanti piacentino.

MOVIOLA - L'arbitraggio di Webb è discreto, peccato che i suoi due assistenti abbiano un metro di giudizio diametralmente opposto.

TATTICA - Il Real Madrid, finché ci riesce, fa la voce grossa sugli esterni. Cristiano Ronaldo e Di María, convergendo verso il centro, liberano lo spazio per Sergio Ramos (positivo anche in fase difensiva) e Marcelo.

PROMOSSI&BOCCIATI - Inzaghi è una macchina da gol, cui l'età non ha arrecato danno. Chi sciupa è Ibrahimović. Bene Sergio Ramos, male i suoi colleghi Pepe e Casillas. Gattuso ha - almeno - quattro polmoni. Di María è il migliore dei suoi.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

mercoledì 3 novembre 2010

Tottenham-Inter 3-1: Eto'o si sveglia troppo tardi, un devastante Bale replica il match di San Siro!



Gareth Bale deve avere un conto in sospeso con l'Inter: dopo la tripletta dell'andata, sono le sue accelerazioni sulla fascia sinistra a spezzare in due l'incontro. A poco vale il gol del provvisorio 2-1, firmato dal solito Eto'o.

FORMAZIONI - In porta si ripropone la sfida tra Castellazzi e Cudicini, già vista in B e C in Italia. Redknapp recupera Kaboul, Huddlestone e soprattutto van der Vaart, che agirà alle spalle del centravanti Crouch. Benítez rilancia Pandev e Chivu, Coutinho va in panchina. Zanetti e Muntari compongono un'obbligata coppia di mediani.

PARTITA - Memore dell'andata, il Tottenham inizia la partita con il piede premuto sull'acceleratore. Forti dell'appoggio del pubblico, gli Spurs schiacciano l'Inter nella sua metà campo, pungendo spesso e volentieri con Bale sulla sinistra. Il laterale gallese mette il proprio zampino anche nel gol del vantaggio, giunto al 18', ma l'azione del Tottenham prende sulla trequarti difensiva: una semplice ma fruttuosa trama di passaggi, impreziosita dall'arabesco di Modrić che imbecca van der Vaart per l'1-0. Il gol tramortisce un'Inter sin lì non certo irreprensibile, svogliata in fase difensiva (troppa libertà concessa ad Huddlestone) e disordinata quando si tratta di attaccare, con Eto'o e Sneijder raramente messi in condizione di far male all'avversario. Non c'è quindi da stupirsi che si vada al riposo sull'1-0 per i padroni di casa.

Priva di un regista a centrocampo, l'Inter continua a buttar via palloni anche nella ripresa. Il Tottenham non può che approfittarne, ovviamente nella persona di quel treno in calzoncini che è Bale: parte da centrocampo, arriva sul fondo e serve a Crouch il pallone del raddoppio. E così, con Nwankwo in campo al posto dell'infortunato Muntari, l'Inter si ritrova a dover rimontare due gol ad un Tottenham che continua caparbiamente ad attaccare. Benítez si gioca le residue chance di pervenire al pareggio buttando nella mischia Coutinho e Milito, che ritorna in campo dopo quasi un mese (ultima partita giocata, Inter-Juventus 0-0 del 3 ottobre scorso). A riaprire i conti, però, ci pensa il solito Samuel Eto'o, che estrae dal cilindro un destro che va ad infilarsi nell'angolo basso alla sinistra di Cudicini. Una fantasmagorica cavalcata di Bale, inspiegabilmente freschissimo dopo 90' trascorsi a galoppare sulla fascia, viene finalizzata da Pavlyuchenko, che spegne le residue speranze di un'Inter che fa ritorno a Milano con la testa bassa ed un nome scritto a caratteri cubitali sulla lista della spesa: Gareth Bale.

CHIAVE - Proprio lui, Gareth Bale. Si prende gioco di Maicon prima e di Lucio poi, servendo due assist e contribuendo anche al gol di van der Vaart.

CHICCA - Per Eto'o si tratta del sedicesimo gol stagionale, il settimo in quattro partite sin qui disputate in Champions League, competizione nella quale ha dispensato anche tre assist per i propri compagni.

MOVIOLA - La direzione di Viktor Kassai è perfetta: l'arbitro ungherese non sbaglia praticamente nulla, grazie anche alla collaborazione degli assistenti.

TATTICA - Un prevedibile ma efficace espediente è sufficiente ad Harry Redknapp per aver ragione della retroguardia nerazzurra. Facendo leva sull'inadueguatezza di Biabiany, che mai si degna di dare una mano a Maicon, Bale è libero di puntare costantemente il diretto avversario - per giunta reduce da un fastidio muscolare - e tenerlo ancorato alla linea difensiva quando è l'Inter a controllare il pallone. Fortuna per l'Inter che Assou-Ekotto spinge poco.

PROMOSSI&BOCCIATI - Bale è monumentale, a causa sua Maicon rimedia una delle peggiori figure di una carriera costellata di successi e soddisfazioni. Huddlestone si dà da fare in entrambe le fasi, molto bene; Biabiany, di contro, abbandona Maicon al proprio destino senza peraltro combinare nulla palla al piede. Eto'o rende meno amaro il passivo, guadagnandosi qualcosa in più della sufficienza.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

lunedì 25 ottobre 2010

Inter-Sampdoria 1-1: Il Doria ci aveva sperato col Pazzo, ma Eto'o è una miniera... di goal!



A San Siro, nel posticipo odierno dell'8ª giornata di Serie A, Inter e Sampdoria hanno pareggiato per 1-1. E stata la Sampdoria a trovare il vantaggio al 62' con Guberti, in mezza girata su assist di Cassano. L'Inter a quel punto ha stretto d'assedio l'area doriana e ha trovato il pareggio con Eto'o all'80'.

FORMAZIONI - Benítez punta ancora su Coutinho e Biabiany, con il rientrante Pandev inizialmente in panchina. Eto'o centravanti, Zanetti e Cambiasso in mediana. Di Carlo punta su Koman, in gol in Europa League, e lo schiera come esterno destro di centrocampo. Dal lato opposto Guberti, Volta al centro della difesa, Cassano & Pazzini in attacco.

PARTITA - La pioggia bagna un primo tempo conclusosi a reti bianche. La partita - come preventivabile - viene fatta dall'Inter, in costante proiezione offensiva con almeno cinque uomini (il quartetto offensivo più Maicon) ed un incursore, Lucio o Cambiasso, sempre pronto ad infilarsi tra le maglie blucerchiate. Le poche occasioni capitate alla Sampdoria sono figlie di contropiedi ben gestiti, o più spesso di autentiche invenzioni di un Cassano alla ricerca del centesimo gol italiano. Come detto in precedenza, i primi quarantacinque minuti portano in dote uno 0-0 tutto sommato godibile.
Insoddisfatto da quanto accaduto nella prima frazione, Di Carlo riorganizza i suoi: baricentro più alto sin dall'inizio della ripresa, e l'Inter abbassa la cresta. Il tempo che Guberti infili Júlio César su imbeccata di Cassano, ed i nerazzurri la rialzano alla ricerca del pareggio. Coutinho dribbla tutto ciò che si trova sulla sua strada, mentre Cambiasso veste gli insoliti panni di centravanti aggiunto: è un assedio, coronato dalla zampata di un famelico Eto'o su cross dalla sinistra del frizzante Coutinho. Il pareggio, che all'Inter sta stretto, è il risultato finale, nonostante il forcing nerazzurro degli ultimi minuti.

CHIAVE - L'Inter sciupa parecchio, la Sampdoria no. Finisce 1-1.

CHICCA - Angelo Esmael da Costa Júnior, sostituendo l'infortunato Curci al 78', diventa il primo portiere straniero a difendere i pali della Sampdoria.

MOVIOLA - In occasione del vantaggio doriano c'è un contatto tra Chivu e Cassano: Orsato tace, la Sampdoria segna.

TATTICA - La fluidità della manovra offensiva nerazzurra si infrange sul muro eretto dalla Sampdoria, sempre pronta a pungere in contropiede.

PROMOSSI&BOCCIATI - Coutinho è un prestigiatore dal grande avvenire, Eto'o il solito uomo d'area. Cassano inventa, Palombo fa legna. Pazzini ancora a secco, grazie anche ad un pressoché perfetto Lucio.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

martedì 19 ottobre 2010

Real Madrid-Milan 2-0: Mourinho dà un altro dispiacere agli ex-cugini rossoneri...



Real Madrid-Milan, classicissima europea, vede trionfare i padroni di casa. Un secco 2-0 è la punizione inflitta da José Mourinho a chi aveva «osato» paragonarlo al collega milanista Allegri, due a zero proprio come il bilancio delle Champions League vinte dai due allenatori.

FORMAZIONI - Adduttore destro e caviglia sinistra fermano rispettivamente Abbiati e Thiago Silva: in campo Amelia, all'esordio milanista, e Bonera. Allegri opta per il tridente offensivo composto da Ibrahimović, Pato e Ronaldinho con Robinho pronto a subentrare. Il Real Madrid risponde calando un poker d'assi: Cristiano Ronaldo, Özil, Di María e Higuaín, con Khedira a spalleggiare il regista Xabi Alonso. Mourinho accantona le gomme da masticare e l'arbitro Pedro Proença fischia l'inizio.

PARTITA - Il Real Madrid apre e chiude il primo tempo, concedendo al Milan un breve interludio nella parte centrale. Un Cristiano Ronaldo a cinque stelle segue i consigli di Muhammad Ali: punge come un'ape in occasione dell'1-0 (13') e vola come una farfalla sull'esterno, eccedendo forse nel dribbling, a tratti pleonastico esercizio di stile privato di responsabilità dal raddoppio di Özil, giunto un minuto dopo con l'involontaria ma evidente collaborazione di Bonera. La reazione del Milan si fa attendere, e per vedere i rossoneri dar noia a Casillas bisogna attendere che suoni la personalissima sveglia di Pirlo. Qualche invenzione dello staticissimo Ronaldinho non impensierisce Mourinho, mentre Ibrahimović persevera nella propria latitanza europea acuita forse dall'incontro con colui che fu suo pigmalione nell'ultimo anno interista. L'ingordigia di un egoistico Di María grazia il Milan sul finire della prima frazione, quando una disgraziata transizione difensiva genera un due contro cinque inspiegabilmente sciupato da mancino di Rosario.

I secondi quarantacinque minuti sono avari di gol e di emozioni. Un Milan pigro, di cui Ronaldinho è l'alfiere, se ne infischia dei fischi e dei pensieri di Mano Menezes, sostituto di Dunga sulla panchina della Seleção. Cristiano Ronaldo dà modo all'arbitro di metter mano al cartellino ed ai propri di tifosi di citare Homer Simpson: «Ronal... d'oh!», esclama qualcuno al 70', quando il brillantinato portoghese manda alto il pallone del 3-0. Poco male, il Madrid vince lo stesso, ma almeno Mourinho prende paura: Allegri butta nella mischia Inzaghi, ma è troppo tardi.

CHIAVE - Al 13° minuto la barriera del Milan si apre: sembra il Mar Rosso, anzi rossonero. Il conseguente vantaggio madrileno spiana agli uomini di Mourinho la strada verso una vittoria messa in ghiaccio sessanta secondi più tardi da un Mesut Özil in versione congelatore.

CHICCA - Si potrebbe fare il nome di Mario Ferri, invasore di campo di professione apparso sul terreno di gioco dopo circa sessanta secondi. Più interessante riflettere sulla presenza di nove campioni del mondo in campo dal primo minuto o sulle sedici Coppe dei Campioni presenti complessivamente nelle bacheche dei due club.

MOVIOLA - Il prossimamente quarantenne (3 novembre) direttore finanziaro - e di gara - Pedro Proença fa il proprio dovere, senza sbavature.

TATTICA - Forte del doppio vantaggio maturato nel primo quarto d'ora, il Real Madrid gestisce il possesso del pallone con disarmante facilità. Perché la sfera trascorra qualche istante tra i piedi di un rossonero sarebbe necessaria l'attuazione di un pressing al momento improponibile, viste le precarie condizioni atletiche della banda di Allegri.

PROMOSSI&BOCCIATI - Il marmoreo Ronaldinho è una statua inopinatamente posizionata sulla trequarti, Cristiano Ronaldo sembra invece un Bronzo di Riace con ai piedi gli scarpini griffati. Ibrahimović assente ingiustificato ed ingiustificabile, Pato non pervenuto. Özil e Di María incarnano la vivacia della gioventù, cui Amelia si oppone coraggiosamente. Con lui si salvano parzialmente Zambrotta e Pirlo, mentre spicca la prestazione del lusofono duo difensivo madrileno composto da Carvalho e Pepe.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

sabato 3 luglio 2010

Argentina-Germania 0-4: Muller al 3' p.t.; Klose 23', Friedrich 29', Klose 44' s.t.



Argentina (4-3-1-2): Romero; Otamendi (25' s.t. Pastore), Demichelis, Burdisso, Heinze; Maxi Rodriguez, Mascherano, Di Maria (30' s.t. Aguero); Messi; Higuain, Tevez. All Maradona.
Panchina: Andujar, Pozo, C.Rodriguez, Garce, Samuel, Bolatti, Veron, Gutierrez Jonas, Palermo, Milito.
Germania (4-2-3-1): Neuer; Lahm, Mertesacker, Friedrich, Boateng (27' s.t. Jansen); Khedira (33' s.t Kroos), Schweinsteiger; Muller (39' s.t. Trochowski), Ozil, Podolski; Klose. All: Loew.
Panchina: Wiese, Butt, Aogo, Tasci, Badstuber, Marin, Kiessing, Cacau, , Gomez.
Arbitro: Irmatov (Uzbekistan)
Note: ammoniti Otamendi, Muller, Mascherano.

Ebbene sì, la Germania ha denudato il re. Coesione difensiva e capacità di ripartire e verticalizzare il gioco, tanto è bastato agli uomini di Löw per annientare l'Argentina: mai squadra, in questo Mondiale. Per rispedirla a Buenos Aires c'è voluta quella che invece più squadra di tutte si è dimostrata sin qui, la Mannschaft, che non si accontenta di superare agevolmente il turno ma coglie anzi la palla al balzo per lanciare un messaggio chiarissimo alla vincente di Paraguay-Spagna: ci prenderemo noi il posto e finale, e pure gli applausi del pubblico.
Compito primo per l'analista della partita - il sottoscritto, in questo caso - è però capire che cosa frulli nell'impomatata testa di Maradona. Che le idee del Pibe de Oro non siano chiarissime si è avuto modo di intuirlo sin dall'esordio messitematico contro la Nigeria, però l'ostinazione nel puntare su Otamendi (buon centrale, ma agghiacciante nelle vesti di terzino) è inspiegabile: chi si permette il lusso di lasciare a casa Javier Zanetti dovrebbe quantomeno essere in grado di rimpiazzarlo con un calciatore del medesimo livello, non di adattare un centrale difensivo dove prima era stata deludentemente proposta un'ala. Nulla di strano, quindi, nel fallo su Podolski che genera il gol del vantaggio tedesco (Müller di testa, in anticipo proprio sull'impresentabile Otamendi) ed incanala la partita sui binari teutonici. Con l'Argentina costretta a rimontare, Schweinsteiger e soci stringono le maglie ed annientano gli spazi tra i reparti: la manovra dell'Albiceleste langue nella propria metà campo, priva d'idee e di movimento senza palla. Messi, che dovrebbe accendere la luce, non ci riesce perché troppo lontano dall'interruttore: costretto ad andarsi a prender palla fin quasi sulla propria trequarti campo, non è in grado di risolvere individualmente la partita. Le alternative al prodigio blaugrana si chiamano Tevez e Di Maria, ma neppure loro riescono ad impensierire più di tanto l'ordinata retroguardia tedesca, anche se il neoacquisto del Madrid mourinhano in avvio di ripresa qualche apprensione a Neuer la crea. Ma è davvero troppo poco, e la Germania ne approfitta non appena si esaurisce la spinta emotiva degli avversari: Müller - da terra: genialmente efficace - serve in profondità Podolski che regala a Klose il 2-0.
Il gol del raddoppio induce Maradona a cambiare qualcosa, senza criterio però: Pastore subentra ad Otamendi, sbilanciando la squadra che infatti piglia anche il 3-0 da Friedrich (!) dopo uno slalom dell'ex promessa dello sci Schweinsteiger (non scherzo: il biondo regista del Bayern Monaco eccelleva per davvero nello sci alpino, in gioventù). Veron e Milito, intanto, rimuginano sulla loro permanenza in panchina. Con un'Argentina allo sbando, Klose ne approfitta per segnare il quattordicesimo gol in carriera ai Mondiali, eguagliando Gerd Müller e rendendo ancor più dolce questa vittoria.
Parere personale, all'Argentina serve un allenatore: Maradona è un «ventiquattresimo», forse un buon motivatore ma non di certo il sapiente in grado di trovare la formula per far coestistere Messi, Tevez, Higuain ed Agüero. E per questa generazione di fenomeni - offensivi e non: Cambiasso e Mascherano hanno il fiato necessario per renderne possibile la convivenza - la prossima sarà probabilmente l'ultima chiamata mondiale.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

venerdì 2 luglio 2010

Olanda-Brasile 2-1: Robinho (B) al 10’ p.t.; Sneijder (O) all’8’ e al 23’ s.t.



OLANDA (4-2-3-1): Stekelenburg; Van der Wiel, Heitinga, Ooijer, Van Bronckhorst; Van Bommel, De Jong; Robben, Sneijder, Kuyt; Van Persie (dal 40’ s.t. Huntelaar). (Vorm, Boschker, Boulahrouz, Braafheid, Schaars, De Zeeuw, Afellay, Van der Vaart, Babel, Elia). All. Van Marwijk.

BRASILE (4-2-3-1): Julio Cesar; Maicon, Lucio, Juan, Bastos (dal 17’ s.t. Gilberto); Gilberto Silva, Felipe Melo; Dani Alves, Kakà, Robinho, Luis Fabiano (dal 32’ s.t. Nilmar). (Gomes, Doni, Luisao, Thiago Silva, Josue, Kleberson, Julio Baptista, Grafite). All. Dunga.

ARBITRO: Nishimura (Giap).

NOTE: spettatori 40.186. Espulso al 28’ s.t. Felipe Melo; ammoniti Heitinga, Bastos, Van Der Wiel, De Jong, Ooijer. Angoli 8-4 per il Brasile. Recuperi: 1’ p.t., 3’ s.t.

Il Brasile non è europeizzabile. Questo è il verdetto emanato dalla strana sconfitta della Seleção, brasilianissima quando anziché chiudere l'incontro si perde in fraseggi tanto pittoreschi quanto inutili. Fosse arrivato il 2-0 in chiusura di primo tempo, ora staremmo probabilmente celebrando le capacità gestionali di Dunga, abile nel contagiare i suoi con la malattia del calcio europeo: pragmatico all'inverosimile maniera, ma efficiente come nessun altro al mondo. Il tabellino però dice 2-1 per l'Olanda, europea davvero e stavolta non solo per questioni geografiche, accompagnata anche da una discreta dose di fortuna.
La «fortuna» olandese ha un nome, un cognome e persino un numero di maglia: Felipe Melo, numero 5 del Brasile che pare indossato apposta per infangare la memoria calcistica di Falcão. Il centrocampista juventino, complice la rimonta avversaria, dà di matto scalciando Robben e guadagnando la via degli spogliatoi con venti minuti d'anticipo sui compagni di squadra. Lì, in pratica, si spengono le speranze di controsorpasso brasiliano: e pensare che nei primi 45' si era assistito ad una partita diametralmente opposta, con il tanto criticato Melo protagonista del passaggio in profondità trasformato in gol da Robinho.
Ma veniamo alla partita, perché potendosi concedere il lusso di iniziare l'azione con i difensori, la Seleção gestisce sapientemente il possesso del pallone in attesa di trovare il varco giusto per far male ad un'Olanda disposta in campo con il 4-1-4-1: De Jong, perfetto in entrambe le fasi, protegge la difesa ed imposta pure il gioco consentendo a van Bommel di agire una decina di metri più avanti. Interessante la disposizione in diagonale dei trequartisti brasiliani: anziché giocare sulla stessa linea, Daniel Alves parte in posizione di interno destro e Robinho ronza attorno a Luis Fabiano in attesa che «O Fabuloso» gli crei lo spazio per l'inserimento. Proprio così nasce l'1-0, con Alves che costringe Ooijer ad allargarsi ed Heitinga che improvvidamente segue il movimento in uscita di Luis Fabiano: si apre una voragine centrale, che van der Wiel (bloccato nel primo tempo, discreto incursore dopo l'inversione di campo) non riesce ad arginare finendo per costringere Robben a tentare una poco fortunata chiusura sull'inserimento di Robinho. Nulla in avanti, dove van Persie s'allarga per uscire dalla temibile morsa di Lucio e Juan (Mondiale stratosferico) e Robben è costantemente vittima del raddoppio difensivo brasiliano, l'Olanda rischia di capitolare dinanzi alle triangolazioni strette dei brasiliani. Di spazio in contropiede, arma sin qui prediletta dagli oranje, non ce n'è, ed i terzini van der Wiel e van Bronckhorst rinunciano all'azione offensiva perché intimiditi dai rispettivi avversari di fascia.
Lo striminzito vantaggio con cui si chiude il primo tempo non rende onore agli uomini di Dunga, certamente meritevoli di qualcosa in più ma troppo fumosi per andarselo a prendere. E così basta un episodio per cambiare il volto di una partita sino a quel momento dominata dal Brasile: è sufficiente un'accelerazione di Robben per scatenare il finimondo. Bastos lo atterra, graziato da Nishimura, ma basta un nonnulla (in questo caso la paura di perdere Bastos) per mandare nel pallone Felipe Melo: sul conseguente cross di Sneijder ignora il comando di Julio Cesar e va ad ostacolarlo in uscita, omaggiando l'Olanda di un immeritato pareggio. Con van der Wiel che prende fiducia e macina chilometri sulla corsia destra andando finalmente ad assecondare Robben, Dunga si convince che Bastos non terminerà la partita e getta nella mischia Gilberto, organicamente inadeguato alla marcatura dell'ala destra oranje. Il gol di Sneijder è una pugnalata, quasi quanto la già citata espulsione di Felipe Melo: ingenuità clamorosa, dettata da un autocontrollo inesistente, che obbliga il Brasile ad un raffazzonato assalto finale incentrato su lanci lunghi ed improbabili serpentine che poca apprensione destano nella difesa olandese.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

domenica 27 giugno 2010

Germania-Inghilterra 4-1: Klose (G) al 20, Podolski (G) al 32', Upson (I) al 37' p.t.; Mueller (G) al 22' e al 25' s.t.


GERMANIA (4-2-3-1): Neuer; Lahm, Mertesacker, Friedrich, Boaeting; Schweinsteiger (dal 38' s.t. Kiessling), Khedira; Mueller (dal 27' s.t. Trochowski), Oezil, Podolski; Klose (dal 27' s.t. Gomez). (Wiese, Butt, Jansen, Aogo, Tasci, Badstuber, Kroos, Marin, Cacau). All: Low.

INGHILTERRA (4-4-2): James; G.Johnson (dal 42' s.t. Wright-Phillips), Terry, Upson, A.Cole; Milner, Lampard, Barry, Gerrard; Defoe (dal 26' s.t. Heskey), Rooney. (Green, Hart, Dawson, Lennon, J.Cole, Warnock, Carragher, King, Carrick, Crouch). All: Capello.

ARBITRO: Larronda (Uruguay)

NOTE - Spettatori 40.510. Ammoniti Johnson e Friedrich per gioco scorretto. Angoli 4-6. Recuperi p.t. 1'; s.t 2'.

Auf Wiedersehen, Inghilterra. La spumeggiante Germania di Löw impartisce una lezione di calcio ai sudditi di Elisabetta II, candidandosi prepotentemente ad un posto nella finale di Johannesburg.
L'andamento dell'incontro è chiaro sin dalle prime battute, sufficienti all'Inghilterra per palesare le proprie lacune: Gerrard e Milner, accentrandosi, vanno a creare un'eccessiva densità in zona centrale finendo con l'otturare gli spazi. I terzini, Johnson ed Ashley Cole, non riescono a proporsi con la costanza «slovena» perché tenuti bassi da Müller e Podolski: il gioco ristagna, privo di sbocchi esterni. La Germania, che difende con ordine, attende di recuperare il pallone (alto, possibilmente) per dedicarsi al gioco che più le piace, quello basato sul fitto fraseggio volto ad aprire varchi per l'imbucata centrale dell'attaccante di turno. Accortezza del giorno, quella di agire prevalentemente sul centrodestra per sfruttare la lentezza di Upson e la scarsa propensione difensiva di Ashley Cole: da lì partono i tagli di Klose (l'1-0 ne è la dimostrazione) ed è proprio in quella zona che agisce - e si inserisce - Özil nel primo tempo.
Gli inglesi, che soffrono la dinamicità degli avversari, evidenziano l'assenza di un «cervello»: l'incursore Lampard ed il mediano Barry non garantiscono la quantità di fosforso necessaria alla fluidità della manovra che, come detto poc'anzi, ristagna in zona centrale e trova nei cambi di gioco di Gerrard le uniche, flebili variazioni ad un copione tremendamente monotono. Rooney ci prova andandosi a prendere il pallone a quaranta metri dalla porta, ma non è in questa maniera che ha segnato 34 gol nell'ultima stagione; con il passare dei minuti, complice la disperazione, piovono illogici lanci lunghi: cosa possono Defoe e Rooney contro due marcantoni come Friedrich e Mertesacker?
Ma l'attacco non è certo il più grande cruccio di Capello, perché i guai veri li passa James (pessimo in occasione del 3-1) a causa di una carente fase difensiva. Maglie troppo larghe, eccessiva distanza tra i reparti - follia pura, quando affronti una squadra che schiera tre uomini sulla trequarti - ed una preoccupante staticità consente a Schweinsteiger di pensare calcio (sia lode a van Gaal, maestro di calcio) mentre Müller, Özil e Podolski sfruttano a meraviglia i movimenti di Klose, perfetto nell'attirare Upson sull'esterno in occasione del 2-0. Veder giocare la Germania, questa Germania che mangia kebab e balla il samba, è una gioia per gli occhi: fraseggio stretto con palla rigorosamente a pelo d'erba, ottima qualità tecnica e rapidità d'esecuzione magistralmente fusi in una manovra offensiva che include almeno quattro uomini, con Khedira sempre pronto ad inserirsi.
La bella favola tedesca rischia però d'interrompersi sul finire del primo tempo, quando un doppio errore difensivo (Neuer esce a vuoto, Friedrich sceglie l'uomo sbagliato) consente ad Upson di riaprire la partita. Complice la verde età ed un'inesperienza latente, la Germania sbanda quel tanto che basta a Frank Lampard per scagliare il bolide del pareggio che oltrepassa nettamente la linea ma non viene convalidato: Geoff Hurst al contrario.
Il primo quarto d'ora di ripresa scivola via placidamente, con l'Inghilterra protesa in avanti alla ricerca del pari e la Germania che approfitta della scarsità di idee degli avversari per attirarli nella trappola del contropiede. Müller è lo spietato esecutore, i mandanti si chiamano Schweinsteiger - ripeto: grazie van Gaal - ed Özil.
Considerazioni finali: un'ala vera come Walcott, capace di andare sul fondo e dotato di gran passo, non avrebbe fatto comodo a questa piattissima Inghilterra? Lo stesso dicasi per un regista puro come Carrick: più facile trovare una cascata nel deserto che un'idea in questo centrocampo.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

sabato 26 giugno 2010

Portogallo-Brasile 0-0: Nessun goal, ma le due Nazionali vanno agli ottavi a braccetto



Gara di sbadigli sugli spalti del Mabhida Stadium. Tra Brasile e Portogallo finisce 0-0.

In campo - Queiroz e Dunga, certi del passaggio del turno, si dedicano al turnover in vista degli ottavi: il derby lusofono risulta quindi privo non solo di Kaká (squalificato), ma perde anche Robinho ed Elano (rimpiazzato da Alves) per quanto riguarda il Brasile; il tecnico portoghese dà invece fiducia a Ricardo Costa e Coentrão sulle corsie esterne, riproponendo Duda all'ala sinistra. Pepe mediano, Cristiano Ronaldo centravanti.

Si gioca - Il Brasile inizia subito a far la voce grosse: primi minuti in proiezione offensiva, anche se occasioni da gol latitano. Sulla fascia destra Maicon ed Alves creano parecchi grattacapi a Queiroz, che prova a risolvere il problema invertendo le posizioni degli esterni - Danny a sinistra e Duda a destra, ma il risultato non cambia. Il centrocampo lusitano è in bambola, mentre le poche folate offensive portano la firma dell'assai propositivo Coentrão. Per vedere l'unica, vera grande occasione dal gol del primo tempo occorre attendere la mezz'ora, quando Nilmar schianta sul palo il sinistro. Poi la partita s'incattivisce, e per evitare che il caratteraccio di Felipe Melo penalizzi la squadra in vista degli ottavi, Dunga sostituisce il mastino bianconero con Josué: mossa plateale, ma intelligente.

Il secondo tempo è un inno alla noia. Con l'ingresso di Simão al posto di Duda il Portogallo ostruisce la maggior fonte di gioco brasiliana: Maicon è bloccato, è bloccata pure la partita. L'unico sprazzo di spettacolo ce lo regala Archundia: cinque minuti di recupero sembrano un atroce prolungamento dell'agonia pallonara, ed invece qualcosina-ina-ina ne vien fuori. Però Eduardo fa buona guardia, e si chiude 0-0.

La chiave - Se c'è una chiave per aprire il catenaccio portoghese, evidentemente Dunga non l'ha trovata.

La chicca - La parata di Eduardo sul destro deviato di Ramires merita, così come merita Julio Cesar: due uscite «toste», necessarie per mantenere inviolata la porta.

Top&Flop - Julio Cesar poco impegnato, ma coraggioso; Maicon spinge, Melo è nervosissimo. Coentrão in grande spolvero, Cristiano Ronaldo solista.

Antonio Giusto

TABELLINO

PORTOGALLO-BRASILE 0-0

PORTOGALLO (4-2-3-1): Eduardo 6.5; R. Costa 6, B. Alves 6, R. Carvalho 6, F.Coentrão 7; Pepe 5.5 (64' P. Mendes 6), R. Meireles 6 (84' M. Veloso s.v.); Danny 5, Tiago 5.5, Duda 5.5 (54' Simão 6.5); C. Ronaldo 6. CT: Queiroz 6.

BRASILE (4-2-3-1): Julio Cesar 7; Maicon 6.5, Lucio 6, Juan 6, Bastos 6.5; Felipe
Melo 4 (43' Josué 6), Gilberto Silva 6; Dani Alves 6, J. Baptista 5 (82' Ramires s.v.), Nilmar 6.5; Luis Fabiano 5.5 (85' Grafite s.v.). CT: Dunga 5.

ARBITRO: Archundia (Messico) 6.5.

AMMONITI: Duda, Tiago, Pepe, Coentrao (P), Luis Fabiano, Juan, Felipe Melo (B).

Fonte: Goal.com

venerdì 25 giugno 2010

Slovacchia-Italia 3-2: Vittek (S) al 25’ p.t.; Vittek (S) al 28’, Di Natale (I) al 36’, Kopunek al 44’ s.t., Quagliarella (I) al 47’ s.t.


SLOVACCHIA (4-2-3-1): Mucha; Pekarik, Skrtel, Durica, Zabavnik; Strba (dal 42’ s.t. Kopunek), Kucka; Stoch, Hamsik, Jendrisek (dal 49’ s.t. Jendrisek); Vittek (dal 47’ s.t. Sestak). (Pernis, Cech, Salata, Weiss, Sapara, Kuciak, Holosko, Jakubko, Kozak). All. Weiss.

ITALIA (4-3-3): Marchetti; Zambrotta, Cannavaro, Chiellini, Criscito (dal 1’ s.t. Maggio); Montolivo (dall’11’ s.t. Pirlo), De Rossi, Gattuso (dal 1’ s.t. Quagliarella); Pepe, Iaquinta, Di Natale. (De Santis, Bonucci, Bocchetti, Palombo, Marchisio, Camoranesi, Gilardino, Pazzini). All. Lippi.

ARBITRO: Webb (Ing).

NOTE: spettatori 53.412. Espulsi. Ammoniti Strba, Cannavaro, Vittek, Pekarik, Chiellini, Pepe, Mucha, Quagliarella. Recupero: 3’ p.t., 4’ s.t.


Disastro Italia. Appena due parole, pienamente sufficienti per spiegare cos'è accaduto all'Ellis Park di Johannesburg: una squadra senz'anima, vestita d'azzurro e con un pacchiano distintivo sul petto a ricordare il titolo mondiale, che soccombe alla frizzante Slovacchia, esordiente in Coppa del Mondo. Siccome ci sarà tempo e spazio per spiegare la disfatta italiana, meglio passare al commento della partita.
I primi minuti sono agghiaccianti: un'Italia impaurita lascia l'iniziativa agli slovacchi, che gestiscono il pallone in attesa del movimento tra le linee di Hamsik, assai mobile in avvio di partita salvo poi spegnersi col passare dei minuti. Lippi, che si scervella per rimettere in sesto i suoi, cambia moduli e posizioni con inaudita frequenza: il 4-3-3 iniziale si tramuta in 4-4-2, Montolivo e Gattuso si scambiano la posizione così come Pepe e Di Natale. Le manovra tattiche avversarie non distolgono la Slovacchia dalla partita, condotta con sapienza e senza timori di sorta perché il De Rossi regista non rende e Montolivo risulta pesantemente limitato dalla posizione esterna ricoperta nel centrocampo a tre. I guai italiani non si limitano esclusivamente alla linea mediana: la spinta di Criscito non arriva, mentre Cannavaro è in affano e Di Natale fatica a trovare la posizione ideale; Iaquinta, di cui Lippi si fida ciecamente, è praticamente nullo. Con dei simili presupposti, il gol slovacco diventa questione di minuti. Perché Vittek batta Marchetti è però necessaria una follia difensiva: De Rossi serve Montolivo nel proprio terzo difensivo, ignaro del fatto che la linea di passaggio sia ostruita; Kucka intercetta la sfera e su di lui si avventa Chiellini, scriteriato nello svuotare la propria zona di competenza in cui si avventa Vittek che, complice il tardivo recupero di Criscito, fredda Marchetti con il destro. L'Italia sbanda paurosamente, senza idee né convinzioni. La gara arranca fino al 45', il duplice fischio dell'arbitro è una manna dal cielo per gli azzurri.
Al rientro in campo delle squadre si notano due novità: Maggio e Quagliarella prendono il posto di Criscito e Gattuso, andando a delineare un 4-2-4 che sa di arrembaggio ma anche di disperazione. I due neoentrati portano brio alla manovra azzurra: più dediti al dialogo (favorito anche dall'ingresso in campo di Pirlo), gli uomini di Lippi creano qualche apprensione alla difesa slovacca per cui i maggiori pericoli arrivano da sinistra, dove Quagliarella punta costantemente l'avversario. A furia di attaccare, l'Italia finisce con lo sbilanciarsi e subire in contropiede: Chiellini salva due volte. Non tre: in ritardo su Vittek, 2-0 per la Slovacchia. Qui saltano gli schemi, e succede davvero di tutto. Di Natale riapre la partita infilando Mucha dopo una bella combinazione tra Iaquinta e Quagliarella, cui viene pure annullato il gol del pareggio. Sul fronte opposto Kopunek prende d'infilata la difesa azzurra ed uccella Marchetti, ma l'invenzione di Quagliarella (assurdo pallonetto, assurdo) concede all'Italia ancora qualche istante di speranza. A questo punto il Weiss allenatore (c'è suo figlio in panchina) si gioca due sostituzioni, ed i suoi si rendono protagonisti di numerosi svenimenti: loro perdono tempo, Pepe perde l'appuntamento con il pallone del 3-3. Italia a casa.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

giovedì 24 giugno 2010

Ghana-Germania 0-1: Ozil 15' st.


GHANA (4-1-4-1): Kingson; Pantsil, J.Mensah, Jonathan, Sarpei; Annan; Tagoe (19' st Muntari), K.Boateng, Asamoah, A.Ayew (47' st Adiyiah); Gyan (37' st Amoah). (Agyei, Inkoom, D.Boateng, Appiah, Ahorlu, I.Ayew, Addy, Owusu Abeyie). All.: Rajevac.

GERMANIA (4-2-3-1): Neuer; Lahm, Friedrich, Mertesacker, Boateng (28' st Jansen); Khedira, Schweinsteiger (36' st Kroos); Muller (22' st Trochowski), Ozil, Podolsk; Cacau. In panchina: Aogo, Tasci, Kiessling, Wiese, Badstuber, Marin, Butt, Gomez. Allenatore: Loew 6. ARBITRO: Simon (Brasile).

NOTE: spettatori 83.391. Ammoniti Ayew e Muller. Serata fredda, cielo sereno. Terreno di gioco in buone condizioni. Angoli 7-4 per la Germania. Recupero: 1'; 3'.

Se vinci ti giochi gli ottavi di finale contro l'Inghilterra, se perdi torni a casa. Ed in caso di pareggio ti attacchi alla radiolina - seeh, come no: via di maxischermo - e aspetti il verdetto di Australia-Serbia (2-1, ma Pantelic...). Ma fare calcoli non è nelle corde di Löw: in campo ci si va per vincere, poche storie.
La Germania si dispone in campo con il consueto 4-2-3-1, ma la novità offensiva rappresentata da Cacau crea qualche incomprensione. Il brasiliano, perché di brasiliano si tratta, non è un centravanti ma una seconda punta e tali sono i movimenti che è in grado di proporre sul campo: viene sempre in incontro al portatore di palla, non dettando praticamente mai il passaggio in profondità e costrigendo il cittì ad invertirlo con Müller mentre Podolski galleggia anonimamente sulla sinistra facendosi notare più per il lavoro di ripiegamento che per le occasioni create. I tedeschi patiscono l'accorta difesa del Ghana, che concede appena un'imbucata centrale, ma Kingson fa buona guardia su Özil. Intanto la Mannschaft si accorge della pericolosità del contropiede ghanese, che punta forte sulla mobilità dell'ex udinese Gyan, mentre Tagoe ed André Ayew si scambiano la posizione creando qualche fastidio alla difesa tedesca in cui spicca Jérôme Boateng: lanciato sulla fascia sinistra da Löw, fa un buon lavoro in copertura e si propone anche in fase d'attacco pur palesando difficoltà legate alla scarsa conoscenza del ruolo.
L'inconveniente difensivo del Ghana è che, tenendo così bassa la difesa per evitare di farsi prendere d'infilata, si lascia troppo spazio tra le linee: il centrocampo non accorcia, ed Özil scarica un portentoso sinistro. Le Black Stars reagiscono, anche se con moderazione perché la sconfitta gli sta benissimo dato il doppio vantaggio australiano, ma oltre ad allungarsi lasciando alla Germania parecchi spazi non combina granché.
Nota negativa, l'infortunio occorso a Schweinsteiger nel finale. Con tutta probabilità sarà Toni Kroos a sostituirlo contro l'Inghilterra, nonostante la regia del talentino attualmente in prestito al Leverkusen appaia più fruttuosa una quindicina di metri più avanti.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

Slovenia-Inghilterra 0-1: Defoe al 23'.



SLOVENIA (4-4-2): S. Handanovic; Brecko, Suler, Cesar, Jokic; Koren, Birsa, Kirm (dal 33' st Matavz), Radosavljevic; Ljubijankic (dal 17' st Dedic), Novakovic (J. Handanovc, Dzinic, Ilic, Krhin, Seliga, Filekovic, Komac, Stevanovic, Mavric). All: Matjaz Kek

INGHILTERRA (4-1-3-2): James; Johnson, Upson, Terry, A. Cole; Barry, Gerrard, Lampard, Milner; Rooney (dal 27' st J.Cole), Defoe (dal 40' st Heskey) (Green, Hart, Dawson, Lennon, Crouch, Warnock, Wright-Phillips, Carrick). All. Fabio Capello.

ARBITRO: Wolfgang Stark (Germania).

NOTE - Spettatori 36.893. Ammoniti: Jokic, Birsa e Dedic per gioco scorretto, Johnson per simulazione. Angoli: 12 a 2 per l'Inghilterra. Recuperi 0 e 3'.

L'Inghilterra non brilla, priva della fluidità necessaria per riscuotere applausi, ma ottiene i tre punti necessari per qualificarsi agli ottavi di finale: decisivo Defoe, finalmente in campo dal primo minuto a discapito del generoso ma poco prolifico Heskey.
Il piano di gioco inglese è chiaro sin dall'inizio: priva di un regista puro a centrocampo, la manovra inglese prende vita con i terzini, Johnson ed Ashley Cole, cui spetta il compito di allargare il gioco. Poco aiutati da Gerrard e Milner, finti esterni che convergono volentieri verso il centro tarpando le ali all'azione, spesso risolta da un cross dalla trequarti indirizzato sul secondo palo e quindi di facile lettura per i difensori. L'apporto di Lampard alla manovra è infimo: timido palla al piede, riluttante agli inserimenti (se ne conta solo uno, sufficiente a creare scompiglio nella difesa slovena), spesso tagliato fuori dai cambi di gioco di Gerrard, resi però vani dalla lentezza di un Milner che consente praticamente sempre alla retroguardia avversaria di riposizionarsi correttamente. Succede anche in occasione del gol, solo che stavolta Defoe è bravo nell'anticipare Suler. Dopo essere passati in vantaggio gli inglesi cercano di chiudere i conti, puntando forte su Gerrard e Rooney, che si scambiano di posizione e creano non pochi problemi alla Slovenia, in evidente appresione difensiva.
Anche nella ripresa Capello sceglie la fascia sinistra per pungere: Ashley Cole spinge e Rooney (oggi in linea con Defoe e non alle spalle del centravanti come accade quando fa coppia con Heskey) si allarga per consentire il taglio a Gerrard. Nonostante la buona prova offerta è proprio Rooney a lasciare il campo, al suo posto entra Joe Cole che si posiziona alle spalle di Defoe per comporre il 4-2-3-1 spesso visto in azione nel corso delle qualificazioni. La Slovenia, a causa della mediocre caratura tecnica, si limita a sporadici lanci lunghi destinati alla testa di Novakovic, cui si accompagnano le estemporanee iniziative del mancino Birsa: a parte un doppio brivido per James (salvato da Johnson), null'altro, ma sembra bastare per una qualificazione che premia gli uomini di Kek fino al fischio finale. Poi segna Donovan, e regala successo e qualificazione agli USA: la Slovenia è fuori, si preannuncia un Germania-Inghilterra da leccarsi le orecchie.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

mercoledì 23 giugno 2010

Messico-Uruguay 0-1: Suarez si sblocca! E per la qualificazione doppia niente biscotto



Una sconfitta che fa gioire: nonostante il ko rimediato contro l'Uruguay, il Messico festeggia il passaggio del turno a braccetto proprio con gli odierni avversari.

In campo - Blanco dal primo minuto è la principale novità proposta dal Messico. Guardado rimpiazza lo squalificato Juarez, mentre Franco viene riconfermato al centro dell'attacco da Aguirre. Tabarez ripropone il 4-3-3 vincente contro il Sudafrica: Fucile terzino a sinistra, Cavani in appoggio a Forlan e Suarez.

Si gioca - Che di biscotto non si tratta lo si capisce sin dalle prime battute dell'incontro: 30", e Marquez ci prova da fuori area. Le due squadre si affrontano a viso aperto, interpretando la partita in maniera diversa: più corale la manovra messicana, contraddistinta da un Guardado a tutto campo(una traversa per lui) ed ansiosa di esaltarsi grazie alle invenzioni di Blanco, che appare però sottoritmo; l'Uruguay, che ben difende, vive di folate. Luis Suarez è il finalizzatore, che prima si pappa un gol a tu-per-tu con Perez, poi marca l'1-0 in chiusura di primo tempo (sfruttando una disattenzione difensiva del Messico) su cross di Cavani, imbeccato da Forlan.

Con il Sudafrica in vantaggio per 2-0 ed in superiorità numerica (espulso Gourcuff), il Messico si dà da fare in avanti, senza però concretizzare. Con il passare dei minuti, gli uomini di Aguirre paiono giungere alla seguente conclusione: perché sbilanciarsi in avanti e rischiare di subire il 2-0? Facciamo possesso palla, ché tanto abbiamo due gol di vantaggio sui «Bafana Bafana» in differenza reti, e male che vada ci riversiamo in avanti nel finale. Dell'arrembaggio non c'è bisogno, perché Malouda fa 1-2 e chiude di fatto il discorso qualificazione: l'Uruguay si arrocca in difesa, concedendo alla «Tri» di congelare il possesso palla fino al triplice fischio dell'ungherese Kassai.

La chiave - Il gol di Malouda, pur segnato a svariati chilometri di distanza, decide la partita: il Messico culla il pallone, assecondato dalla «Celeste», in attesa di festeggiare la qualificazione agli ottavi.

La chicca - Diego Perez si spacca il sopracciglio in un fortuito contrasto aereo con Guardado, gronda sangue ma per poco non mette le mani addosso al quarto uomo pur di rientrare in campo. Pura «garra charrúa».

Top&Flop - Blanco va alla moviola, Marquez spento. Rodriguez disastroso in entrambe le fase, Franco troppo statico. Lugano salta come un canguro, Forlan ispira e Suarez la mette dentro. Complimenti a Muslera: 270' senza subire gol.

Antonio Giusto

TABELLINO

MESSICO-URUGUAY 0-1

MARCATORI: 43' Suarez (U).

MESSICO (4-3-2-1): Perez 5.5; Osorio 6, Rodriguez 4.5, Moreno 5.5 (57' Castro 6), Salcido 5.5; Torrado 6, Marquez 5, Guardado 7 (46' Barrera 5); Dos Santos 5.5, Blanco 5 (63' Hernandez 5.5); Franco 4.5. All.: Aguirre 5.

URUGUAY (4-3-3): Muslera 6.5; M. Pereira 6, Victorino 6, Lugano 6.5, Fucile 6; Arevalo 6, Perez 6, A. Pereira 6 (77' Scotti s.v.); Suarez 6.5 (85' A. Fernandez s.v.), Forlan 6.5, Cavani 6.5. All.: Tabarez 6.5.

ARBITRO: Kassai (Ungheria) 6.

AMMONITI: Fucile (U), Hernandez, Castro (M).

Fonte: Goal.com

domenica 20 giugno 2010

Italia-Nuova Zelanda 1-1: 7' Smeltz (NZ); 29' Iaquinta (I).


ITALIA (4-4-2): Marchetti; Zambrotta, Cannavaro, Chiellini, Criscito; Pepe (dal 1’ s.t. Camoranesi), De Rossi, Montolivo, Marchisio (dal 16’ s.t. Pazzini); Gilardino (dal 1’ s.t. Di Natale), Iaquinta. (De Santis, Bonucci, Bocchetti, Maggio, Gattuso, Palombo, Quagliarella). All. Lippi.

NUOVA ZELANDA (3-4-3): Paston; Reid, Nelsen, Smith; Bertos, Elliott, Vicelich (dal 35’ s.t. Christie), Lochhead; Smeltz, Killen (dal 47’ s.t. Barron), Fallon (dal 18’ s.t. Wood). (Moss, Sigmund, Boyens, Brown, McGlinchey, Clapham, Mulligan, Brockie). All. Herbert.

ARBITRO: Batres (Gua).

NOTE: spettatori 38.229. Ammoniti, Fallon, Smith, Nelsen. Recupero: 1’ p.t., 4’ s.t.

Ieri Cassano ha sposato la sua Carolina, ballato sulle note di Gigi D'Alessio e gustato ogni prelibatezza capitatagli a tiro. Auguri, Totò. Una domanda mi sorge spontanea: perché, mentre l'Italia pareggia contro la Nuova Zelanda, il nostro più grande talento dai tempi di Robibaggio pronuncia il suo fatidico «sì»? Meglio non approfondire la questione: l'1-1 brucia abbastanza.
Lasciando Cassano alla luna di miele - Figi e Polinesia: tu mi lascia a casa? Bene, io vado a spassarmela col nemico -, veniamo all'incontro, tanto simile all'esordio contro il Paraguay. Per tanti motivi, primo fra tutti lo svantaggio: stesso calcio di punizione, stesso errore, con la difesa che si schiaccia troppo presto e consente a Smeltz d'infilare un incolpevole ed inoperoso Marchetti. La Nuova Zelanda, che poco propone dal punto di vista tattico, si limita ad occasionali lanci lunghi pensati per sfruttare al meglio la testa - ed i gomiti - delle torri offensive, ma il pallino del gioco ce l'ha per forza di cose un'Italia costretta alla rimonta. La palla viene fatta girare da Montolivo, in crescita dopo il comunque positivo debutto mondiale, ma il regista viola patisce la densità di maglie bianche: spazi intasati, poco tempo per ragionare e poca collaborazione da parte di un De Rossi che spesso si ritrova a fare il terzo centrale difensivo anche in fase d'impostazione. L'Italia appare libera di fare il proprio gioco sino a metà campo, poco oltre se va bene, e così viene naturale ricorrere alla battuta lunga per Pepe (perché fuori all'intervallo?) o Zambrotta, positivi sulla destra a differenza degli impacciati omologhi Marchisio e Criscito. Per agguantare il gol del pareggio è necessario un calcio di rigore, peraltro abbastanza generosamente concesso dall'arbitro guatemalteco Batres, guadagnato da De Rossi (marcatura di Alcaraz a parte, fin qui il migliore della spedizione azzurra) e messo in rete da Iaquinta, deludente tanto ma non quanto l'ectoplasmico Gilardino. Al riposo si va sull'1-1, e mentre Lippi si scervella, chi come me giustificava la sterilità offensiva con l'ordinata difesa paraguaiana inizia a capire che il problema è tinto d'azzurro: manca un uomo di fantasia, capace di saltare l'uomo ed inventarsi il gol che ti risolve la partita, ed il tanto celebrato gruppo non è in grado di sopperire a questa grave mancanza.
Con il doppio cambio le cose non migliorano di certo: Di Natale soffre sull'out sinistro (29 gol da centravanti, mica da ala), Camoranesi avrebbe bisogno di una bombola d'ossigeno. La palla inizia a scottare, perché i minuti passano ed il risultato non si sblocca: si fa confusione, il 4-2-3-1 non risolve un bel nulla ed anzi sbilancia una squadra il cui miglior attaccante finisce per rivelarsi Zambrotta (però, chi se l'aspettava dopo una stagione tanto travagliata). Di costruire azioni non se ne parla, né da una parte né dall'altra, e così ci si ritrova a provare da fuori una volta constatata l'invalicabilità del muro bianco - avessi detto la Germania Ovest di Beckenbauer, in questo caso di fronte c'era un'ordinata ma non certo insuperabile Nuova Zelanda -, che regge fino alla fine grazie alla giornata di gran vena del portiere Paston, stilisticamente imperfetto ma efficace, ed è questo che più conta.
Dopo due pareggi in fotocopia, paiono chiari i principali problemi di quest'Italia: l'incapacità di gestire i calci piazzati, costata fino ad ora due gol, ed un'inconsistenza offensiva inspiegabile per una squadra che volendo potrebbe sfoggiare Cassano e Miccoli, Totti e Balotelli. Invece, in nome del gruppo, ci si ritrova a soffrire assieme a Gilardino e Iaquinta: spalle alla porta, senza rifornimenti né rimorchi. Note liete, fin qui, ben poche: Montolivo cresce a vista d'occhio, e la squadra pare aver fiducia in lui e nelle sue capacità di regia; De Rossi è sempre il solito gladiatore, protagonista in occasione di entrambe la marcature azzurre e sempre pronto a guardar le spalle al compagno di reparto; Zambrotta, infine, è l'unico tra i «vecchi» sin qui in grado di ripagare la fiducia di Lippi.
Contro la Slovacchia ultima chiamata.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

Germania-Serbia 0-1: 38' Jovanovic

GERMANIA(4-2-3-1): Neuer; Lahm, Mertesacker, Friedrich, Badstuber (dal 32' s.t. Gomez); Khedira, Schweinsteiger; Müller (dal 25' s.t. Marin), Özil (dal 25' s.t. Cacau), Podolski; Klose. (Wiese, Butt, Jansen, Aogo, Tasci, J. Boateng, Kroos, Kiessling, Trochowski) All.: Löw.

SERBIA (4-5-1): Stojkovic; Ivanovic, Vidic, Subotic, Kolarov; Krasic, Kuzmanovic (dal 30' s.t. Petrovic), Stankovic, Ninkovic (dal 25' s.t. Kacar), Jovanovic (dal 34' s.t. Lazovic); Zigic. (Isailovic, Djuricic, Rukavina, Milijas, Tosic, Obradovic, Pantelic, Mrdja). All.: Antic.

ARBITRO: Undiano Mallenco(Spagna).

NOTE: spettatori 38.294. Espulso Klose al 37' p.t. doppia ammonizione. Ammoniti Ivanovic, Kolarov, Subotic, Khedira, Lahm, Schweinsteiger per gioco scorretto, Vidic per c.n.r. Angoli 7-1. Tiri in porta 4 (1 traversa)-3 (1 palo, 1 traversa). Tiri fuori 9-7. In fuorigioco 3-3. Recuperi 1' p. t., 3' s.t.

Qualcuno spieghi ai serbi che a calcio si gioca usando i piedi, non le mani. Bisogna dirlo a Kuzmanovic, a Vidic, a tutti... tutti tranne uno: Vladimir Stojkovic In una partita strana, pesantemente condizionata dalla severa espulsione di Klose, a decidere ancor più del gol di Jovanovic è la parata di Stojkovic sul rigore di Podolski.
Prima che Undiano Mallenco diventi un fattore, la Germania ripropone quanto di buono fatto vedere contro l'Australia: palla sempre a terra, che mai si butta via e circola finché non si apre il varco giusto per servire l'uomo che va in profondità. La Serbia, che si aspetta qualcosa del genere, riesce a limitare i tedeschi mantenendo inviolata la propria porta. Poi la partita cambia faccia nel giro di sessanta secondi, tanto intercorre tra l'espulsione di Klose (intervento da dietro su Stankovic, opinabile il rosso) ed il gol del vantaggio serbo, frutto dell'affondo di Krasic sulla destra (Badstuber troppo lento, di Krasic doveva occuparsi qualcun altro) che causa scompiglio tra le marcature tedesche e consente a Jovanovic di metter dentro l'1-0 dopo una torre di Zigic, su cui nell'occasione era inspiegabilmente venuto a trovarsi il «lillipuziano» Lahm. Una doccia gelata per la Germania, sin lì in controllo dell'incontro, ma la caparbietà dei tedeschi si materializza sotto forma di un bolide di Khedira cui solo la traversa nega il gol.
Nel secondo tempo la Germania continua ad attaccare, sfruttando i varchi che si aprono nella difesa serba: gli uomini di Antic paiono poco abituati ad amministrare il vantaggio, e la clamorosa ingenuità di Vidic concede addirittura un'occasione dagli undici metri a Podolski. Lì Stojkovic fa il miracolo, non replicato sull'altro fronte da Zigic e Jovanovic: un palo a testa, e la partita rimane aperta fino al fischio finale del fiscalissimo Undiano Mallenco.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010