martedì 26 ottobre 2010

Il Punto sulla Prima Divisione, Gir. B - Spettacolo a Pisa e Roma, dove Zeman sfiora il colpaccio



COS’È SUCCESSO - Spumeggiante pareggio tra Pisa e Benevento: in vantaggio gli ospiti con Clemente dal dischetto (fallo di Bizzotto, espulso) in chiusura di primo tempo, i nerazzurri agguantano il pareggio con Miani nonostante l'allontanamente dal campo dell'allenatore Cuoghi, la cui sorte è identica a quella del goleador Clemente. Zampa è decisivo per il successo della Cavese contro la Lucchese, Albadoro segna il gol con cui la Juve Stabia espugna il «Degli Ulivi» di Andria. Pari senza gol tra Siracusa e Lanciano.

IL TOP - La Nocerina infila la quarta vittoria consecutiva e si issa in vetta alla classifica, sopravanzando l'Atletico Roma che pure ha giocato una partita in meno. La doppietta di uno scatenato Catania, al quarto gol nelle ultime due partite, ed il sigillo finale di Filosa, consentono ai Molossi di espugnare il «Liberati» di Terni.

IL FLOP - Il Taranto interrompe la striscia di risultati vincenti tra le mura amiche dello «Iacovone»: il Barletta, nonostante l'ultimo posto in classifica, impone il pareggio agli Ionici. All'iniziale vantaggio di Innocenti risponde Bellomo, e Simoncelli ribalta addirittura il risultato in favore degli ospiti: ai rossoblu occorre l'espulsione di Frezza e la capocciata di Ferraro per agguantare un pareggio agrodolce.

LA SORPRESA - Il Viareggio nega al Gela la quinta vittoria consecutiva. Per i bianconeri non è certo una novità rompere le uova nel paniere: chiedere all'Atletico Roma per ulteriori informazioni, oppure al Foggia di Zeman di ritorno allo «Zaccheria» dopo 16 anni.

TOH, CHI SI RIVEDE - Raffaele Biancolino torna al gol dopo oltre sei mesi (l'ultimo il 3 aprile contro il Pescara) e regala al suo Cosenza tre punti contro il Foligno.

LA CHICCA - Zdenek Zeman torna a Roma, ed il suo Foggia premia i seguaci dell'incallito fumatore boemo presenti allo stadio con una prestazione sopra le righe: finisce 3-3, ma dopo l'iniziale svantaggio i Satanelli si erano portati sul 3-1, salvo poi venir raggiunti da Baronio a 10' dalla fine dopo essere stati in inferiorità numerica per oltre un tempo.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

lunedì 25 ottobre 2010

Inter-Sampdoria 1-1: Il Doria ci aveva sperato col Pazzo, ma Eto'o è una miniera... di goal!



A San Siro, nel posticipo odierno dell'8ª giornata di Serie A, Inter e Sampdoria hanno pareggiato per 1-1. E stata la Sampdoria a trovare il vantaggio al 62' con Guberti, in mezza girata su assist di Cassano. L'Inter a quel punto ha stretto d'assedio l'area doriana e ha trovato il pareggio con Eto'o all'80'.

FORMAZIONI - Benítez punta ancora su Coutinho e Biabiany, con il rientrante Pandev inizialmente in panchina. Eto'o centravanti, Zanetti e Cambiasso in mediana. Di Carlo punta su Koman, in gol in Europa League, e lo schiera come esterno destro di centrocampo. Dal lato opposto Guberti, Volta al centro della difesa, Cassano & Pazzini in attacco.

PARTITA - La pioggia bagna un primo tempo conclusosi a reti bianche. La partita - come preventivabile - viene fatta dall'Inter, in costante proiezione offensiva con almeno cinque uomini (il quartetto offensivo più Maicon) ed un incursore, Lucio o Cambiasso, sempre pronto ad infilarsi tra le maglie blucerchiate. Le poche occasioni capitate alla Sampdoria sono figlie di contropiedi ben gestiti, o più spesso di autentiche invenzioni di un Cassano alla ricerca del centesimo gol italiano. Come detto in precedenza, i primi quarantacinque minuti portano in dote uno 0-0 tutto sommato godibile.
Insoddisfatto da quanto accaduto nella prima frazione, Di Carlo riorganizza i suoi: baricentro più alto sin dall'inizio della ripresa, e l'Inter abbassa la cresta. Il tempo che Guberti infili Júlio César su imbeccata di Cassano, ed i nerazzurri la rialzano alla ricerca del pareggio. Coutinho dribbla tutto ciò che si trova sulla sua strada, mentre Cambiasso veste gli insoliti panni di centravanti aggiunto: è un assedio, coronato dalla zampata di un famelico Eto'o su cross dalla sinistra del frizzante Coutinho. Il pareggio, che all'Inter sta stretto, è il risultato finale, nonostante il forcing nerazzurro degli ultimi minuti.

CHIAVE - L'Inter sciupa parecchio, la Sampdoria no. Finisce 1-1.

CHICCA - Angelo Esmael da Costa Júnior, sostituendo l'infortunato Curci al 78', diventa il primo portiere straniero a difendere i pali della Sampdoria.

MOVIOLA - In occasione del vantaggio doriano c'è un contatto tra Chivu e Cassano: Orsato tace, la Sampdoria segna.

TATTICA - La fluidità della manovra offensiva nerazzurra si infrange sul muro eretto dalla Sampdoria, sempre pronta a pungere in contropiede.

PROMOSSI&BOCCIATI - Coutinho è un prestigiatore dal grande avvenire, Eto'o il solito uomo d'area. Cassano inventa, Palombo fa legna. Pazzini ancora a secco, grazie anche ad un pressoché perfetto Lucio.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

giovedì 21 ottobre 2010

Il miracolo Cagliari



RACCONTO SCUDETTO
Anno 1970, la Sardegna entra in Italia. E lo fa prendendo a pedate una palla di cuoio. Non più pecorari, ma campioni di calcio. Il giorno della festa è il 12 aprile, quando, mentre la Juventus cade a Roma contro la Lazio dicendo addio ai propri sogni di gloria, Riva e Gori sconfiggono il Bari all'Amsicora (antenato del Sant'Elia, deve il nome al militare che guidò la rivolta delle città costiere della Sardegna contro i Romani del 215 a.C.). Le festa è grande, sa di riscatto, ed i festeggiamenti si protraggono per diversi giorni: celebrazioni pirotecniche, fiaccolate e clacson strombazzanti l'inno «Forza Cagliari». Persino i quattro mori sono in festa, Cagliari è la capitale del calcio.
Dietro il vittorioso epilogo si celano gli artefici dell'impresa. Gigi Riva, figlio adottivo della Sardegna, è la punta di un iceberg tenuto integro dalle parate di Albertosi e le diagonali di Martiradonna, parzialmente scalfito dagli inopinati autogol del prode Niccolai ma subito rimodellato da libero a sopresa Cera, inventato da Scopigno quale rimpiazzo dell'infortunato Tomasini. Il progetto, però, è tutto di Arrica: cede Boninsegna all'Inter, perché a forza di pestarsi i piedi con Riva ce li ha pieni di calli, e veste di rossoblu Domenghini e Gori e Poli. Nené, brasiliano di Sardegna, si riscopre centrocampista di qualità dopo il fiasco juventino; a fargli compagnia in mediana c'è Ricciotti Greatti. Zignoli fluidica, assieme a Mancin, mentre Brugnera sta in panchina perché, come dice Scopigno, «ha il culo stretto, e così stiamo più comodi» e fa compagnia al secondo portiere Reginato ed a Nastasio, protagonisti marginali sul campo ma rilevanti in spogliatoio: quello del Cagliari è un gruppo di cemento, forgiatosi tra poker, sigarette e cene al ristorante Corallo.
La cavalcata verso lo scudetto inizia alla quinta giornata, con il successo esterno sulla Fiorentina. I viola sono campioni d'Italia, l'anno prima si sono imposti con quattro punti di vantaggio proprio sul Cagliari, ma Lo Bello accorda prima un dubbio rigore che Riva trasforma e poi annulla un gol ai padroni di casa: l'arbitro sgattaiola via dal campo scortato dalla polizia, il Cagliari fugge in cima alla classifica inseguito da Fiorentina ed Inter. I rossoblu guidano agevolmente il campionato, in vetta al quale avevano concluso anche il girone d'andata l'anno precedente, ma in dicembre sbandano a Palermo: sconfitti 1-0 con rete di Troja, l'arbitro Monti annulla un gol su punizione a Riva per un ininfluente fuorigioco di Martiradonna; Scopigno dà di matto e ne dice di tutti i colori al guardalinee, rimedia cinque mesi di squalifica - poi ridotti - ma profetizza ai suoi: «Se non perdiamo a Bari domenica prossima, vinceremo lo scudetto». Va così, ma le peripezie del Cagliari non sono certo finite. La prima in ordine cronologico è l'infortunio del libero Tomasini, cui salta il ginocchio contro la Sampdoria nella prima di ritorno: Scopigno, saggiamente, arretra Cera in difesa al fianco dello stopper Niccolai, inserisce Brugnera a centrocampo, e la squadra riparte più forte di prima. Bonimba, nella sua nuova casa di San Siro, trova il modo di punire la sua ex squadra: 15 febbraio, Inter-Cagliari termina 1-0 e la Juventus si ritrova ad un punto. Si decide tutto un mese dopo, quando Lo Bello dà prova della propria autorità ulteriormente corroborata dalla convocazione agli imminenti mondiali messicani (cui prenderanno parte sei cagliaritani: Riva, Cera, Albertosi, Niccolai, Domenghini e Gori) fischiando a piacimento tutto e il contrario di tutto. Alla fine, è 2-2: un'assicurazione sullo scudetto. L'anno dopo c'è la Coppa dei Campioni e un titolo da bissare, ma un macellaio austriaco di nome Hof spezza tibia e perone a «Rombo di tuono» Gigi Riva ed i sogni di gloria del Cagliari vanno in frantumi come le ossa del proprio simbolo.



LA STELLA
Gigi Riva. Anzi, Giggirriva. Lombardo di Leggiuno, venuto alla luce in via San Primo 10 il 7 novembre 1944, sardo per caso e per sempre. Il padre Ugo muore quando Luigi ha 9 anni, e lui finisce in collegio: Varese, Viggù, persino Milano. Ma scappa, sempre, per indossare la maglia numero undici e scagliare bolidi mancini sul campo da calcio. A sedici anni ha messo dentro 66 gol in due anni con la squadra di Laveno, ai tempi settemila e rotti abitanti domicialiati cinque chilometri a nord di Leggiuno. Poi finisce a Legnano: una stagione appena, giusto il tempo di farsi notare. Succede che gioca all'Olimpico, con la Nazionale Juniores, e sugli spalti ci sono Silvestri, Tognon ed Arrica ad osservarlo per conto del Cagliari: nell'intervallo la firma, per 37 milioni. Perde anche la madre, Edis, e parte per l'isola. Orfano incazzato, preso a cazzotti da una vita perfida e chiuso in se stesso, in Sardegna trova un paradiso colorato di rossoblu.



IL MISTER
Filosofo, sul campo e nella vita. Manlio Scopigno, friulano di nascita ma reatino d'adozione, Platone e Socrate, Hegel e Kant li studia per davvero. Onesto terzino destro, raggiunge la Serie A. Ma, nella partita in cui segna il primo gol con la maglia del Napoli, si rompe i legamenti del ginocchio. Dice addio al calcio giocato, e pure allo studio: preferisce lo stadio. Inizia a Rieti, poi segue Lerici sulla panchina del Vicenza. Quindi il Bologna, per un solo anno, e l'approdo a Cagliari nel '66. Amante della pittura e del whisky, dei buoni libri e delle sigarette, Scopigno abolisce i ritiri e posticipa gli allenamenti al pomeriggio. Asseconda i suoi, li responsabilizza. E non lesina battute pungenti. Inventa Cera libero d'impostazione, si becca undici giornate di squalifica per aver consigliato ad un guardalinee un luogo alternativo in cui mettere la bandierina, lascia Cagliari nel 1972. Un anno sabbatico, poi Roma e Vicenza. Gli va male, perché sta male. Un infarto se lo porta via nell'autunno del '93.



IL PERSONAGGIO
Comunardo Niccolai, il difensore col vizio dell'autogol. Nato a Uzzano, in Valdinievole, i primi calci li tira nel Montecatini. È un fuscello, i compagni lo soprannominano «agonia». Lui se ne frega, fa i bagagli e parte per la Sardegna. Un anno a Sassari, nella Torres, poi la chiamata del Cagliari: debutta in A, è il 1964. Discreto stopper, 37' a Messico 1970 prima che la caviglia lo tradisca in un contrasto con lo svedese Kindvall; Scopigno, esterrefatto per la sua presenza in campo, ha modo di esclamare: «Tutto mi sarei aspettato nella vita, fuorchè vedere Niccolai via satellite». Di lui fanno storia il nome, omaggio del padre alla Comune di Parigi, e le autoreti. Ne segna sei in carriera, cinque in campionato ed una in Coppa dei Campioni. La più bella, però, gliela nega il compagno Brugnera che parando una micidiale conclusione dello stopper salva Albertosi. Già, Albertosi: vittima preferita di Niccolai, che spenderà uno dei quattro gol segnati in carriera come «avvertimento» per Ricky, ai tempi tra i pali della Fiorentina. Nulla da fare, perché Albertosi si presenterà a Cagliari qualche tempo dopo: per subire autogol, e vincere uno scudetto.



CURIOSITÀ
Finanche in galera, pur di assistere alla partita dello scudetto. Nel giorno di Cagliari-Bari sugli spalti dell'Amsicora, ribollente catino omologato per 26mila uomini, siedono persino due latitanti. Disposti a tutto pur di essere presenti nel giorno in cui la matematica cucirà idealmente il tricolore sul petto dei rossoblu, la coppia di banditi concluderà la giornata in prigione, non prima di aver reso grazie ai propri beniamini. Poi, una volta scovati e debitamente incatenati dalla polizia, i due malviventi vennero allontanati dallo stadio tra lo sbigottimento generale dei calciatori cagliaritani, a dir poco sorpresi da quest'inatteso avvenimento.



DOMENGHINI, IL RISCATTO
Angelo Domenghini, al Cagliari assieme a Gori e Poli in cambio di Boninsegna: cosa pensò appena atterrato in Sardegna?
«Ero un professionista, il mio primo pensiero fu quello di gettarmi a capofitto in questa nuova avventura con l'obiettivo di far bene e prendermi una rivincita sull'Inter, che non aveva creduto in me. Sbagliando».

Come si ambientò nello spogliatoio del Cagliari?
«Bene, molto bene. Quello era un grande gruppo, ed io contribuii con la mia esperienza e la mia voglia di rivalsa: avevo ancora fame di vittorie dopo i successi con l'Inter (due scudetti, una Coppa dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, ndr) e la Nazionale (in gol nella vittoriosa finale dell'Europeo '68, ndr). Mi misi a disposizione dell'allenatore, ed i risultati mi diedero ragione».

L'allenatore: Manlio Scopigno. Che uomo era?
«Una brava persona, senza dubbio. Grande conoscitore di calcio, ci metteva poco a capire come farci rendere al meglio in campo».

Scopigno è noto soprattutto per l'appellativo di allenatore filoso e le battute dissacranti, ma era un gran tecnico. Ci dica, come giocava il Cagliari campione d'Italia?
«Nessun tatticismo esasperato, a quei tempi il gioco era più semplice: si marcava a uomo, e chi vinceva il duello individuale vinceva la partita. Io agivo sulla destra, mentre Gori era il perno centrale dell'attacco e Riva, leggermente decentrato sulla sinistra, con i suoi micidiali tagli metteva in crisi le difese avversarie. Poi le tre mezze ali Nené, Greatti e Cera, i due stopper Niccolai e Martiradonna, Zignoli o Mancin e Tomasini libero. Quando si fece male lui, Scopigno arretrò Cera in difesa ed inserì a centrocampo Brugnera, che era un grandissimo fantasista. Un giocatore fantastico, la cui qualità giovò sensibilmente alla manovra della squadra, che era finalizzata a mettere Riva nelle condizioni migliori per far gol: ne mise dentro 21, e vincemmo lo scudetto».

Lei invece ne segnò 10. Il più importante?
«Mi lasci innanzitutto dire che quasi tutti i gol che segnai quell'anno arrivarono sullo 0-0: a quell'epoca sbloccare il risultato era davvero difficile, e per me segnare per primo era motivo d'orgoglio. Il più importante, oltre che il più bello, per me resta quello segnato contro il Brescia alla terza giornata: eravamo in dieci a causa dell'espulsione di Nené, ma in apertura di secondo tempo segnai con un bolide da trenta metri che non lasciò scampo al portiere. Poi Riva arrotondò il risultato: finì 2-0».

Quando capiste che lo scudetto lo avreste vinto voi?
«Il 15 marzo, dopo aver pareggiato a Torino contro la Juventus. Fu una partita durissima, giocata con la consapevolezza che un'eventuale pareggio avrebbe consentito ai bianconeri di raggiungerci in testa alla classifica. Pareggiammo, e quel giorno capimmo che saremmo certamente stati noi i campioni d'Italia».

Ed infatti il 12 aprile vi diede ragione anche la matematica. Cosa ricorda di quel giorno?
«Ricordo l'entusiasmo dell'Amsicora, uno stadio stupendo: piccolo, sì, ma caldissimo. Venire a giocare lì era un incubo per chiunque. La gente, vicinissima al campo, ci dava una carica incredibile: poi le partite le giocavamo noi, ovviamente, ma i tifosi diedero un contributo sensibile alla vittoria del campionato».

Il vostro ciclo, però, si chiuse lì. Quali furono le cause?
«Avremmo potuto vincere di più, questo è certo. Si trattava di un'ottima squadra, ma alcuni eventi fecero sì che quella fosse la nostra unica vittoria. Il più importante, secondo me, fu il trasferimento della squadra al Sant'Elia: troppo grande, troppo dispersivo, non sentivamo il calore della gente come nei bei momenti vissuti all'Amsicora. E poi Gigi (Riva, ndr) s'infortunò in Nazionale».



JUVE FERMATA, RIVA PROTAGONISTA
15 marzo 1970, la Juventus attende il Cagliari al Comunale. Lo stadio è gremito, sugli spalti ci sono settantamila persone in delirio per la partita che si appresta a decidere le sorti del campionato. Quando Concetto Lo Bello mette bocca al fischietto per decretare l'inizio dell'incontro piove a dirotto, ma in campo nessuno sembra rendersene conto: la posta in palio è troppo alta per preoccuparsi delle condizioni atmosferiche. Nervi tesi, e il primo gol lo segna Niccolai... nella sua porta però, anticipando Albertosi su un innocuo cross dalla destra di Furino; «Bel gol», sentenzia un per nulla scosso Scopigno. Ora appaiate in vetta alla classifica, Juventus e Cagliari continuano a darsi battaglia per il primato: Gigi Riva, in chiusura di prima frazione, s'inventa il pareggio e riporta i suoi a più due in classifica. Nel secondo tempo Lo Bello prende in mano la partita, decretando un rigore più che dubbio in favore dei bianconeri. Sul dischetto si presenta Haller, Albertosi para. Il Comunale si ammutolisce, ma ci pensa il direttore di gara a ridar fiato alla frangia bianconera del tifo: il rigore si ripete, sentenzia, e Albertosi scoppia in lacrime. Anastasi, affatto impietosito, stavolta gonfia la rete e riporta avanti i suoi. Sembra fatta per la Juventus, ma un calcio di punizione dalla destra di Domenghini trova il fischietto di Lo Bello: è rigore, fallo su Martiradonna. Gigi Riva, che pochi istanti prima avrebbe strangolato l'arbitro, adesso si presenta sul dischetto. E segna, mettendo il pallone alle spalle di Anzolin.

TABELLINO

JUVENTUS-CAGLIARI 2-2

MARCATORI: 29' Niccolai (aut.) 45' Riva, 66' Anastasi (rig.), 82' Riva (rig.).

JUVENTUS: Anzolin; Salvadore Furino; Roveta, Leoncini, Cuccureddu; Haller, Vieri, Anastasi, Del Sol, Zigoni (55' Leonardi). All.: Rabitti.

CAGLIARI: Albertosi; Martiradonna, Mancin (74' Poli); Cera, Niccolai, Nenè; Domenghini, Brugnera, Gori, Greatti, Riva. All.: Scopigno.

ARBITRO: Lo Bello (Siracusa).

Antonio Giusto

Fonte: Calcio 2000

martedì 19 ottobre 2010

Real Madrid-Milan 2-0: Mourinho dà un altro dispiacere agli ex-cugini rossoneri...



Real Madrid-Milan, classicissima europea, vede trionfare i padroni di casa. Un secco 2-0 è la punizione inflitta da José Mourinho a chi aveva «osato» paragonarlo al collega milanista Allegri, due a zero proprio come il bilancio delle Champions League vinte dai due allenatori.

FORMAZIONI - Adduttore destro e caviglia sinistra fermano rispettivamente Abbiati e Thiago Silva: in campo Amelia, all'esordio milanista, e Bonera. Allegri opta per il tridente offensivo composto da Ibrahimović, Pato e Ronaldinho con Robinho pronto a subentrare. Il Real Madrid risponde calando un poker d'assi: Cristiano Ronaldo, Özil, Di María e Higuaín, con Khedira a spalleggiare il regista Xabi Alonso. Mourinho accantona le gomme da masticare e l'arbitro Pedro Proença fischia l'inizio.

PARTITA - Il Real Madrid apre e chiude il primo tempo, concedendo al Milan un breve interludio nella parte centrale. Un Cristiano Ronaldo a cinque stelle segue i consigli di Muhammad Ali: punge come un'ape in occasione dell'1-0 (13') e vola come una farfalla sull'esterno, eccedendo forse nel dribbling, a tratti pleonastico esercizio di stile privato di responsabilità dal raddoppio di Özil, giunto un minuto dopo con l'involontaria ma evidente collaborazione di Bonera. La reazione del Milan si fa attendere, e per vedere i rossoneri dar noia a Casillas bisogna attendere che suoni la personalissima sveglia di Pirlo. Qualche invenzione dello staticissimo Ronaldinho non impensierisce Mourinho, mentre Ibrahimović persevera nella propria latitanza europea acuita forse dall'incontro con colui che fu suo pigmalione nell'ultimo anno interista. L'ingordigia di un egoistico Di María grazia il Milan sul finire della prima frazione, quando una disgraziata transizione difensiva genera un due contro cinque inspiegabilmente sciupato da mancino di Rosario.

I secondi quarantacinque minuti sono avari di gol e di emozioni. Un Milan pigro, di cui Ronaldinho è l'alfiere, se ne infischia dei fischi e dei pensieri di Mano Menezes, sostituto di Dunga sulla panchina della Seleção. Cristiano Ronaldo dà modo all'arbitro di metter mano al cartellino ed ai propri di tifosi di citare Homer Simpson: «Ronal... d'oh!», esclama qualcuno al 70', quando il brillantinato portoghese manda alto il pallone del 3-0. Poco male, il Madrid vince lo stesso, ma almeno Mourinho prende paura: Allegri butta nella mischia Inzaghi, ma è troppo tardi.

CHIAVE - Al 13° minuto la barriera del Milan si apre: sembra il Mar Rosso, anzi rossonero. Il conseguente vantaggio madrileno spiana agli uomini di Mourinho la strada verso una vittoria messa in ghiaccio sessanta secondi più tardi da un Mesut Özil in versione congelatore.

CHICCA - Si potrebbe fare il nome di Mario Ferri, invasore di campo di professione apparso sul terreno di gioco dopo circa sessanta secondi. Più interessante riflettere sulla presenza di nove campioni del mondo in campo dal primo minuto o sulle sedici Coppe dei Campioni presenti complessivamente nelle bacheche dei due club.

MOVIOLA - Il prossimamente quarantenne (3 novembre) direttore finanziaro - e di gara - Pedro Proença fa il proprio dovere, senza sbavature.

TATTICA - Forte del doppio vantaggio maturato nel primo quarto d'ora, il Real Madrid gestisce il possesso del pallone con disarmante facilità. Perché la sfera trascorra qualche istante tra i piedi di un rossonero sarebbe necessaria l'attuazione di un pressing al momento improponibile, viste le precarie condizioni atletiche della banda di Allegri.

PROMOSSI&BOCCIATI - Il marmoreo Ronaldinho è una statua inopinatamente posizionata sulla trequarti, Cristiano Ronaldo sembra invece un Bronzo di Riace con ai piedi gli scarpini griffati. Ibrahimović assente ingiustificato ed ingiustificabile, Pato non pervenuto. Özil e Di María incarnano la vivacia della gioventù, cui Amelia si oppone coraggiosamente. Con lui si salvano parzialmente Zambrotta e Pirlo, mentre spicca la prestazione del lusofono duo difensivo madrileno composto da Carvalho e Pepe.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

lunedì 18 ottobre 2010

Il Punto sulla Lega Pro, Prima Divisione Gir. B - Il Viareggio blocca l'Atletico Roma, Gela e Nocerina volano a braccetto al secondo posto



COS’È SUCCESSO - Primo pareggio stagionale per l'Atletico Roma: a Ciofani risponde Marolda, che regala un prezioso punto al Viareggio. Impattano sull'1-1 anche Foligno e Siracusa, in gol De Angelis e Cavagna. 0-0 tra Lanciano e Ternana, ma i Frentani hanno concluso l'incontro in nove a causa delle espusioni rimediate da Chiodini e Di Cecco.

IL TOP - Una coppia di ripescate scatena il panico nel Girone B: Gela e Nocerina, un anno fa assestatesi nel mezzo della classifica di Seconda Divisione, inseguono ora l'Atletico Roma capolista. I siciliani espugnano il «Menti» di Castellammare di Stabia con un gol di Docente, mentre i Molossi regolano il Cosenza grazie alla doppietta di Catania, inframezzato dal pareggio del silano De Rose.

IL FLOP - Non si tratta di un flop, ma l'occasione sciupata dal Benevento era davvero ghiottissima. Per 45 minuti in superiorità numerica per via dell'espulsione del terzino ionico Antonazzo, i giallorossi non riescono a sbloccare un incontro terminato 0-0. Peccato: con tre punti gli Stregoni avrebbero agganciato l'Atletico Roma in vetta alla classifica.

LA SORPRESA - A destare stupore non è tanto il risultato finale, ma la maturazione del 2-1 registrato in Foggia-Andria. Gli uomini di Zeman, in svantaggio sino all'88° minuto, ribaltano il risultato negli ultimi, concitati istanti di gioco. In gol Sau e Iozzia, per la gioia dei 7000 presenti sugli spalti dello «Zaccheria».

TOH, CHI SI RIVEDE - Luca Tabbiani torna al gol dopo quasi due anni (l'ultimo l'aveva segnato il 31/01/2009 contro l'Avellino) siglando il pareggio tra Lucchese e Pisa a tempo ormai scaduto in un accesissimo derby del Foro.

LA CHICCA - Cinque gol negli ultimi 20' al «Puttilli» di Barletta: all'iniziale vantaggio casalingo firmato da Guerri nel primo tempo risponde Schetter al 71', quindi Ciano raddoppia dieci minuti dopo. Lucioni, con una doppietta, ribalta nuovamente il risultato, ma immediatamente dopo il gol del 3-2 uno slalom di Schetter premia la caparbietà di Ciano, che sigla il gol del pareggio.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

mercoledì 13 ottobre 2010

Il Punto sulla Lega Pro, Girone B - L'Atletico Roma si inceppa... flop Foggia



Benevento sfavillante, Lucchese in crisi. Prima sconfitta per l'Altetico Roma, e la Lega Pro si scopre internazionale.

COS’È SUCCESSO - La sconfitta casalinga nel derby umbro con il Foligno (0-2, costa la panchina a Gobbo, rimpiazzato da Orsi. Tarantino decide Juve Stabia-Viareggio, Mosciaro Pisa-Cavese. In coda, il Siracusa vince all'ultimo minuto e scavalca il Barletta.

IL TOP - Il Benevento infila il quarto successo consecutivo espugnando il sin qui inviolato San Vito di Cosenza. Il primo gol è opera di D'Anna, al terzo gol nelle ultime due partite, mentre la rete della sicurezza porta la firma dell'argentino Landaida. L'autogol di Zito regala flebili speranze ai padroni di casa, nuovamente sconfitti dopo il ko incassato la scorsa settimana in quel di Barletta.

IL FLOP - La Lucchese fa poker di sconfitte: dopo un promettente avvio, i rossoneri sono letteralmente crollati. E la beffarda sconfitta rimediata contro il Taranto, capace di ribaltare il risultato negli ultimi istanti di gioco, non viene certo resa meno amara dal ritorno al gol: Bertoli, infatti, ha spezzato un digiuno che durava dalla quarta giornata.

LA SORPRESA - L'apparentemente perfetto ingranaggio dell'Atletico Roma s'inceppa, incassando tre gol da una scatenata Nocerina. Ad aprire le danze è il gol di Catania, che approfitta di un inopinato retropassaggio di Doudou; segue il pari di Franchini su punizione, quindi la doppietta di Negro. Prima del triplice fischio del direttore di gara c'è ancora tempo per la sesta marcatura stagionale di Ciofani, che da dischetto agguanta Sau in vetta alla classifica cannonieri.

TOH, CHI SI RIVEDE - Approffitando della trasferta del suo Foggia a Gela (2-1: Bigazzi e Stamilla per i padroni di casa, Regini per i Satanelli) Zdenek Zeman si è regalato una sosta a Licata, dove fumò le prime sigarette in panchina vincendo tra l'altro il campionato di Serie C2 nel 1985. Il sindaco della città ha colto l'occasione per insignirlo della cittadinanza onoraria.

LA CHICCA - Tra Andria e Lanciano termina 0-0, tra i fischi dei tifosi. Ma scorrendo il tabellino dell'incontro saltano all'occhio le variopinte carte d'identità dei calciatori presenti in campo: c'è l'uzbeko Zeytulaev, l'inglese Thackray, il ceco Nulicek, l'ungherese Tamási, l'ivoriano Doumbia ed un quartetto di brasiliani composto da Carminati, Sacilotto, Chiaretti e Dall'Agnol.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

sabato 9 ottobre 2010

Il Punto sull'Italia - La Nazionale di Belfast era un esperimento, si salva solo qualche individualità...

Borriello salta di testa in area avversaria durante Irlanda del Nord-Italia (Getty Images)

Un esperimento, ecco cos'è stata la trasferta nordirlandese. Il Windsor Park ha accolto una Nazionale in via di definizione, al quarto centravanti in altrettante partite sin qui disputate con Prandelli seduto in panchina. L'occhialuto risultato finale, uno 0-0 figlio di una noia sporadicamente interrotta da qualche gol inspiegabilmente sbagliato, soddisfa il commissario tecnico: «Su un campo difficile, abbiamo provato a vincere. La squadra ha manovrato bene lottando fino alla fine».

COSA VA - Le uniche note positive della notte di Belfast sono - a mio parere - rappresentate da qualche individualità. Il fosforo di Pirlo e la genialità di Cassano, seppur a sprazzi, illuminano appena una partita di cui Mauri è protagonista inaspettato: il digiuno d'azzurro l'ha reso assai tonico, a differenza di molti suoi compagni.

COSA NON VA - Che i calciatori debbano ancora far conoscenza lo si evince dai numerosi impacci, evidenti sin dai primi minuti di gioco. La circolazione della sfera è poco fluida: si finisce così per ricercare ossessivamente Pirlo, ben presto arginato dai mastini vestiti in maglietta verde. La staticità offensiva obbliga poi il regista del Milan ad un lancio lungo che finisce col diventare sistematico: i compagni, immobili, assistono così agli infruttuosi corpo a corpo tra Borriello ed Hughes, con il secondo pressoché sempre vittorioso. Il contributo offerto dalla fasce, poi, è minimo, con Criscito ancorato alla propria metà campo e quasi mai propositivo sulla corsia di Cassano, mentre Pepe annaspa sulla destra facendo più danni che altro (vedasi in proposito l'abominevole colpo di tacco eseguito nella ripresa).

TOP&FLOP - Borriello, che pure lotta, non la vede mai o quasi. E quando ciò accade, c'è Taylor a negargli - e negarci - la gioia del gol. Cassano dispensa giocate di classe, ma se chi dovrebbe concretizzarle è Pepe (dirottato sulla fascia perché quando faceva il centravanti non segnava mai) allora possiamo sin d'ora dare addio alle speranze di vincere. Di Mauri ho già detto, mentre De Rossi soffre parecchio il ruolo d'interno destro.

CONSIGLI PER IL MISTER - Cassano non va «ronaldinhizzato». Il cristallino talento del fantasista barese non può autoconfinarsi sull'esterno. Gigi Delneri ha sudato sette camicie perché Totò stazionasse pià vicino alla porta, ed i fatti gli hanno dato ragione: sta a Prandelli mantenerlo sulla retta via. Il reparto difensivo, poi, necessita di amalgama: Bonucci e Chiellini condividono lo spogliatoio juventino - oltre ad essere la coppia centrale della difesa più battuta della Serie A - ma con Viviano s'intendono poco. E Zambrotta mi auguro sia lì solo per raggiunge l'agognata quota cento in azzurro, perché se proprio si vuol puntare su qualcuno che fa panchina a Milano, allora c'è Santon che scalpita. Pepe, infine, può avere un briciolo di senso quando c'è da coprirsi, però l'Italia era giunta a Belfast con l'obiettivo di vincere, ed il terzino avversario era Jonny Evans (in realtà difensore centrale) mica Roberto Carlos.

IL FUTURO - Il futuro è già passato, almeno per quanto concerne la formazione: la squadra vista in campo negli ultimi cinque minuti, con Rossi, Pazzini e Marchisio in campo sarà certamente più simile a quella che si opporrà alla Serbia martedì prossimo a Genova. I nostri avversari, tra le cui fila spiccano i nomi di Stanković e Krasić, scenderanno in campo con il coltello fra i denti per riscattare l'inaspettata sconfitta interna patita contro l'Estonia.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

lunedì 4 ottobre 2010

Il Punto sulla Lega Pro, Girone B - Zeman torna a casa... l'Atletico Roma non si ferma più!



Continua, inarrestabile, la marcia dell'Atletico Roma: ancora una vittoria. Primo successo del Pisa, mentre il Lanciano allunga la propria striscia casalinga. Un redivivo Barletta sconfigge il Cosenza, ma l'evento di giornata è il ritorno di Zeman in uno Zaccheria gremito.

COS’E’ SUCCESSO - Uno sfavillante Carparelli regala al pubblico dell'Arena Garibaldi la prima gioia stagionale, castigando il Taranto con una doppietta: inutile il gol di Innocenti. Tris del Benevento contro la Ternana: due volte D'Anna e poi Vacca piegano gli ospiti, in gol con Noviello. Castaldo approfitta di un'incompresione difensiva per punire l'Andria: finisce 1-0 per la Nocerina. La Cavese s'impone sul Siracusa: Schetter porta in vantaggio i Metelliani, poi Mancino illude gli ospiti, quindi Di Napoli e Ciano fissano il risultato sul 3-1.

IL TOP - Quarta vittoria in altrettante partite casalinghe per un Lanciano sin qui inarrestabile tra le mura amiche del Biondi. Il gol decisivo, messo a segno da Turchi al 14', è sufficiente per aver ragione della Juve Stabia. Ora i Frentani possono godersi questo secondo posto, agguantato giocando una partita in meno delle dirette avversarie.

IL FLOP - Il Foligno, che pure era partito in maniera discreta, infila la terza sconfitta consecutiva. A far bottino pieno contro i Falchetti stavolta è il Gela, che s'impone 4-1 al Blasone nonostante l'illusorio vantaggio dei padroni di casa, siglato da Severini dopo neppure un minuto di gioco. Al 4' pareggia Stamilla, poi fa doppietta Franciel e Docente dilaga a tempo ormai scaduto.

LA SORPRESA - Il Barletta pone fine all'imbattibilità del Cosenza: sugli scudi Bellomo, autore della decisiva doppietta. Fondamentale il doppio innesto operato in settimana tra le fila biancorosse: contro i Silani hanno infatti esordito Frezza e Galeoto, la cui presenza in campo ha contribuito sensibilmente alla tenuta difensiva dei padroni di casa.

TOH, CHI SI RIVEDE - Mauro Esposito ritorna al gol dopo quattro mesi (l'ultimo lo aveva segnato contro l'Empoli lo scorso 30 maggio) e regala l'ennesima gioia stagionale a quel rullo compressore travestito da squadra di calcio che è l'Atletico Roma. Raddoppia Ciofani, ed al fischio finale c'è gloria anche per il neoacquisto dei capitolini, Alex Calderoni: messo sotto contratto per sostituire Ambrosi (pneumotorace spontaneo iperteso), mantiene viva un'imbattibilità che dura ormai dallo scorso campionato.

LA CHICCA - Sedici anni dopo, Zdenek Zeman ritorno allo Zaccheria. E lo fa - ovviamente - regalando spettacolo: non in prima persona, sia chiaro, ma tramite lo spumeggiante gioco della compagine rossonera, da lui plasmata a propria immagine e somiglianza. Sotto a causa di una maldestra esecuzione del fuorigioco, i Satanelli ribaltano il punteggio con Agodirin e Laribi, prima di venir definitivamente raggiunti da Longobardi su calcio di rigore. Poco male, Foggia è in festa.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com