mercoledì 30 giugno 2010

Promossi&Bocciati di Spagna-Portogallo: Eduardo è un ottimo numero 1, Xavi il solito professore, flop CR9



Villa: Che maraVilla! Gioca all'ala sinistra, taglia e fa ammattire il diretto marcatore Ricardo Costa pur trovando sempre pronto Eduardo. Fino al 63', quando Xavi s'inventa un colpo di tacco per premiarne l'inserimento, e lui segna dopo la ribattuta dell'estremo difensore avversario. Con questo siamo a quattro gol nelle prime quattro partite: credete che abbia intenzione di fermarsi? Voto 7

Cristiano Ronaldo: Rabona, dribbling e colpi di tacco. Niente gol, però. Basta questo per spiegare la deludente prestazione di colui che avrebbe dovuto trascinare il Portogallo oltre l'apparentemente insormontabile ostacolo spagnolo. Voto 4.5

La Spagna: Piatta e prevedibile nel primo tempo, le «Furie Rosse» soffrono da morire le ripartenze portoghesi, rischiando in più d'una occasione il gol. Serve il gol di Villa per cambiare la partita, sapientemente indirizzata sui binari del tiqui-taca. Voto 6.5

Coentrão: Ancora una volta positivissimo: bene in ambedue le fasi, dimostra di progredire giorno dopo giorno in fase difensiva. Quando si tratta d'attaccare, poi, non si tira mai indietro. Chissà che non ci sia qualcuno disposto ad accontentare il Benfica, versando nelle classe dei campioni di Portogallo i venti milioni richiesti per assicurarsene il cartellino. Voto 6.5

Torres: Il ginocchio duole ancora, ed il gol rimane una chimera. Del Bosque certo non lo aiuta, dislocandolo all'ala destra e rendendo di fatto inoffensivo il proprio centravanti, di cui si ricorda ben poco oltre alla fiammata iniziale neutralizzata da Eduardo. Voto 5.5

Il Portogallo: Belli pratici, i portoghesi - Ronaldo escluso - che nel primo tempo mettono in seria difficoltà la Spagna: buona difesa, discreta verticalità e sapiente uso del contropiede. Peccato che la benzina finisca con troppo largo anticipo, consentendo agli avversari di chiudere la partita a base di possesso palla. Voto 6

Eduardo: Va bene che Pepe fa buona guardia su Iniesta, va bene che Alves e Carvalho cercano di limitare Villa e Torres, ma l'unico gol al passivo del Portogallo è un omaggio di questo ventisettenne in forza al Braga: ci fosse stato qualcun altro al suo posto, lo scarto sarebbe stato decisamente più significativo. Voto 7.5

Xavi: Consueto professore di centrocampo. Le trame spagnole passano necessariamente per i suoi piedi zuccherini, dai quali scaturisce anche l'assist per il gol di Villa. Trova anche il modo di sbalordire il pubblico a risultato acquisito: sbaglia un passaggio per Sergio Ramos, è un evento da annotare sul calendario. Voto 7

Antonio Giusto

domenica 27 giugno 2010

Germania-Inghilterra 4-1: Klose (G) al 20, Podolski (G) al 32', Upson (I) al 37' p.t.; Mueller (G) al 22' e al 25' s.t.


GERMANIA (4-2-3-1): Neuer; Lahm, Mertesacker, Friedrich, Boaeting; Schweinsteiger (dal 38' s.t. Kiessling), Khedira; Mueller (dal 27' s.t. Trochowski), Oezil, Podolski; Klose (dal 27' s.t. Gomez). (Wiese, Butt, Jansen, Aogo, Tasci, Badstuber, Kroos, Marin, Cacau). All: Low.

INGHILTERRA (4-4-2): James; G.Johnson (dal 42' s.t. Wright-Phillips), Terry, Upson, A.Cole; Milner, Lampard, Barry, Gerrard; Defoe (dal 26' s.t. Heskey), Rooney. (Green, Hart, Dawson, Lennon, J.Cole, Warnock, Carragher, King, Carrick, Crouch). All: Capello.

ARBITRO: Larronda (Uruguay)

NOTE - Spettatori 40.510. Ammoniti Johnson e Friedrich per gioco scorretto. Angoli 4-6. Recuperi p.t. 1'; s.t 2'.

Auf Wiedersehen, Inghilterra. La spumeggiante Germania di Löw impartisce una lezione di calcio ai sudditi di Elisabetta II, candidandosi prepotentemente ad un posto nella finale di Johannesburg.
L'andamento dell'incontro è chiaro sin dalle prime battute, sufficienti all'Inghilterra per palesare le proprie lacune: Gerrard e Milner, accentrandosi, vanno a creare un'eccessiva densità in zona centrale finendo con l'otturare gli spazi. I terzini, Johnson ed Ashley Cole, non riescono a proporsi con la costanza «slovena» perché tenuti bassi da Müller e Podolski: il gioco ristagna, privo di sbocchi esterni. La Germania, che difende con ordine, attende di recuperare il pallone (alto, possibilmente) per dedicarsi al gioco che più le piace, quello basato sul fitto fraseggio volto ad aprire varchi per l'imbucata centrale dell'attaccante di turno. Accortezza del giorno, quella di agire prevalentemente sul centrodestra per sfruttare la lentezza di Upson e la scarsa propensione difensiva di Ashley Cole: da lì partono i tagli di Klose (l'1-0 ne è la dimostrazione) ed è proprio in quella zona che agisce - e si inserisce - Özil nel primo tempo.
Gli inglesi, che soffrono la dinamicità degli avversari, evidenziano l'assenza di un «cervello»: l'incursore Lampard ed il mediano Barry non garantiscono la quantità di fosforso necessaria alla fluidità della manovra che, come detto poc'anzi, ristagna in zona centrale e trova nei cambi di gioco di Gerrard le uniche, flebili variazioni ad un copione tremendamente monotono. Rooney ci prova andandosi a prendere il pallone a quaranta metri dalla porta, ma non è in questa maniera che ha segnato 34 gol nell'ultima stagione; con il passare dei minuti, complice la disperazione, piovono illogici lanci lunghi: cosa possono Defoe e Rooney contro due marcantoni come Friedrich e Mertesacker?
Ma l'attacco non è certo il più grande cruccio di Capello, perché i guai veri li passa James (pessimo in occasione del 3-1) a causa di una carente fase difensiva. Maglie troppo larghe, eccessiva distanza tra i reparti - follia pura, quando affronti una squadra che schiera tre uomini sulla trequarti - ed una preoccupante staticità consente a Schweinsteiger di pensare calcio (sia lode a van Gaal, maestro di calcio) mentre Müller, Özil e Podolski sfruttano a meraviglia i movimenti di Klose, perfetto nell'attirare Upson sull'esterno in occasione del 2-0. Veder giocare la Germania, questa Germania che mangia kebab e balla il samba, è una gioia per gli occhi: fraseggio stretto con palla rigorosamente a pelo d'erba, ottima qualità tecnica e rapidità d'esecuzione magistralmente fusi in una manovra offensiva che include almeno quattro uomini, con Khedira sempre pronto ad inserirsi.
La bella favola tedesca rischia però d'interrompersi sul finire del primo tempo, quando un doppio errore difensivo (Neuer esce a vuoto, Friedrich sceglie l'uomo sbagliato) consente ad Upson di riaprire la partita. Complice la verde età ed un'inesperienza latente, la Germania sbanda quel tanto che basta a Frank Lampard per scagliare il bolide del pareggio che oltrepassa nettamente la linea ma non viene convalidato: Geoff Hurst al contrario.
Il primo quarto d'ora di ripresa scivola via placidamente, con l'Inghilterra protesa in avanti alla ricerca del pari e la Germania che approfitta della scarsità di idee degli avversari per attirarli nella trappola del contropiede. Müller è lo spietato esecutore, i mandanti si chiamano Schweinsteiger - ripeto: grazie van Gaal - ed Özil.
Considerazioni finali: un'ala vera come Walcott, capace di andare sul fondo e dotato di gran passo, non avrebbe fatto comodo a questa piattissima Inghilterra? Lo stesso dicasi per un regista puro come Carrick: più facile trovare una cascata nel deserto che un'idea in questo centrocampo.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

sabato 26 giugno 2010

Portogallo-Brasile 0-0: Nessun goal, ma le due Nazionali vanno agli ottavi a braccetto



Gara di sbadigli sugli spalti del Mabhida Stadium. Tra Brasile e Portogallo finisce 0-0.

In campo - Queiroz e Dunga, certi del passaggio del turno, si dedicano al turnover in vista degli ottavi: il derby lusofono risulta quindi privo non solo di Kaká (squalificato), ma perde anche Robinho ed Elano (rimpiazzato da Alves) per quanto riguarda il Brasile; il tecnico portoghese dà invece fiducia a Ricardo Costa e Coentrão sulle corsie esterne, riproponendo Duda all'ala sinistra. Pepe mediano, Cristiano Ronaldo centravanti.

Si gioca - Il Brasile inizia subito a far la voce grosse: primi minuti in proiezione offensiva, anche se occasioni da gol latitano. Sulla fascia destra Maicon ed Alves creano parecchi grattacapi a Queiroz, che prova a risolvere il problema invertendo le posizioni degli esterni - Danny a sinistra e Duda a destra, ma il risultato non cambia. Il centrocampo lusitano è in bambola, mentre le poche folate offensive portano la firma dell'assai propositivo Coentrão. Per vedere l'unica, vera grande occasione dal gol del primo tempo occorre attendere la mezz'ora, quando Nilmar schianta sul palo il sinistro. Poi la partita s'incattivisce, e per evitare che il caratteraccio di Felipe Melo penalizzi la squadra in vista degli ottavi, Dunga sostituisce il mastino bianconero con Josué: mossa plateale, ma intelligente.

Il secondo tempo è un inno alla noia. Con l'ingresso di Simão al posto di Duda il Portogallo ostruisce la maggior fonte di gioco brasiliana: Maicon è bloccato, è bloccata pure la partita. L'unico sprazzo di spettacolo ce lo regala Archundia: cinque minuti di recupero sembrano un atroce prolungamento dell'agonia pallonara, ed invece qualcosina-ina-ina ne vien fuori. Però Eduardo fa buona guardia, e si chiude 0-0.

La chiave - Se c'è una chiave per aprire il catenaccio portoghese, evidentemente Dunga non l'ha trovata.

La chicca - La parata di Eduardo sul destro deviato di Ramires merita, così come merita Julio Cesar: due uscite «toste», necessarie per mantenere inviolata la porta.

Top&Flop - Julio Cesar poco impegnato, ma coraggioso; Maicon spinge, Melo è nervosissimo. Coentrão in grande spolvero, Cristiano Ronaldo solista.

Antonio Giusto

TABELLINO

PORTOGALLO-BRASILE 0-0

PORTOGALLO (4-2-3-1): Eduardo 6.5; R. Costa 6, B. Alves 6, R. Carvalho 6, F.Coentrão 7; Pepe 5.5 (64' P. Mendes 6), R. Meireles 6 (84' M. Veloso s.v.); Danny 5, Tiago 5.5, Duda 5.5 (54' Simão 6.5); C. Ronaldo 6. CT: Queiroz 6.

BRASILE (4-2-3-1): Julio Cesar 7; Maicon 6.5, Lucio 6, Juan 6, Bastos 6.5; Felipe
Melo 4 (43' Josué 6), Gilberto Silva 6; Dani Alves 6, J. Baptista 5 (82' Ramires s.v.), Nilmar 6.5; Luis Fabiano 5.5 (85' Grafite s.v.). CT: Dunga 5.

ARBITRO: Archundia (Messico) 6.5.

AMMONITI: Duda, Tiago, Pepe, Coentrao (P), Luis Fabiano, Juan, Felipe Melo (B).

Fonte: Goal.com

venerdì 25 giugno 2010

Disastro Italia



Lippi ha scelto di puntare tutto, ma proprio tutto, sul gruppo. Gli è andata male. Due anni di gestione mirata unicamente a rendere sempre più saldo il legame tra i suoi uomini, un mix tra reduci del 2006 e juventini, senza intrusioni da parte dei più dotati tecnicamente, guardati quasi con disprezzo dal CT per ragioni - anche - caratteriali. Ci ritroviamo quindi a fare il bilancio di quella che, in cent'anni di storia, è stata la peggiore spedizione italiana ai Mondiali: fuori immediatamente, senza vincere neppure una partita. In questo fallimentare 2010, contrassegnato da un claudicante avvicinamento alla rassegna iridata, non si è registrato alcun successo della Nazionale italiana, né in amichevole né - come appena scritto - in competizioni ufficiali: mai l'Italia era stata sbattuta fuori da un Mondiale senza neanche una vittoria.
Causa principale di questo fallimento, la cieca fiducia riposta dal commissario tecnico nel tanto celebratro gruppo. Quattro anni fa andò bene, ma la situazione era assai diversa: innanzitutto, le esclusioni eccellenti erano state ben poche (in pratica solo Panucci, ma in difesa giganteggiavano Cannavaro, Nesta e Materazzi), ed in quello spogliatoio cementificato da Calciopoli facevano bella mostra di sé Totti e Toni, Cannavaro e Nesta, Pirlo, Gattuso, Zambrotta e tanti altri campioni nel pieno della carriera. Quattro anni dopo, il nostro CT ha scelto di puntare tutto su un blocco juventino, debitamente contaminato dai superstiti del 2006, che poco aveva a che fare con quelli che resero grande Bearzot: attingere a piene mani da quella che unanimamente è stata considerata la peggior squadra italiana dell'ultimo campionato non è certo il modo miglior per bissare un trionfo iridato. Buffon e Chiellini erano scelte logiche, assai più comprensibili delle convocazioni di Cannavaro (già a Dubai, dove potrà godersi la dorata pensione) e Camoranesi; sì a Iaquinta, ma da utilizzare come jolly sulla falsariga di quanto accaduto nel 2006, e Marchisio, per cui il CT si è lanciato in mirabolanti ed infruttuose evoluzioni tattiche pur di garantirgli un posto da titolare, che evidentemente il ragazzo non meritava perché inferiore a De Rossi e Pirlo (poi ottimamente surrogato da Montolivo). Altri reduci del Mondiale tedesco, stavolta abbigliati di rossonero, Pirlo, Gattuso e Zambrotta: il primo è stato fatto fuori da un infortunio (frutto del sin troppo duro terreno di gioco scelto per la preparazione?) che non ha impedito a Lippi di imbarcarlo sull'aereo diretto in Sudafrica; Zambrotta, che proveniva da una stagione trascorsa prevalentemente in panchina ad ammirare le sgroppate di Abate ed Antonini (avessi detto Cafu e Roberto Carlos...) è stato in palla per due partite, salvo crollare contro la Slovacchia per evidenti limiti fisici dovuti ad un'età non più verdissima. Medesimo discorso per Gattuso, apparentemente destinato a presenziare unicamente come uomo spogliatoio, salvo poi ritrovarsi a vagare per il campo nell'incontro decisivo, per lui durato appena 45' grazie al rinsavimento di Lippi. Presenza curiosa, poi, quella della folta colonia udinese: Di Natale (capocannoniere, ma giocando da centravanti) e Pepe che il bianconero lo vestono tutt'ora annaspando nelle zone torbide della classifica, ma anche Iaquinta, De Sanctis e Quagliarella che ad Udine hanno trascorso le stagioni migliori della carriera. Dato curioso, visto che nessun rappresentate del Palermo ha preso parte alla spedizione nonostante una stagione favolosa: niente Sudafrica per Balzaretti, Cassani, Nocerino e Liverani (meglio di Gattuso il primo, attempato ma efficiente rincalzo di Pirlo il secondo), ma soprattutto Fabrizio Miccoli, trascinatore rosanero che anche senza l'infortunio occorsogli nel finale di campionato non avrebbe preso parte alla spedizione azzurra. Un briciolo di fiducia in più alla Sampdoria, rappresentata da Palombo e Pazzini ma non Cassano; siamo poi sicuri che Semioli, Mannini o Marchionni avrebbero fatto tanto peggio di Camoranesi? Parentesi romanista, infine, dedicata a Perrotta: Marchisio era stato cooptato per «fare il Perrotta», ma non sarebbe stato più semplice convocare Perrotta in carne ed ossa, reduce peraltro da una stagione più che positiva? Su Totti e Nesta non resta che glissare: hanno entrambi rinunciato alla Nazionale, così facendo si sono intelligentemente evitati una figuraccia di proporzioni epiche (ultimi, dietro la Nuova Zelanda, nel girone più semplice del Mondiale: non dimentichiamolo).
Proseguendo nella celebrazione degli assenti, è doveroso ritornare su Totò Cassano: tra i pochissimi esemplari di fantasista nel panorama calcistico italiano, è stato lasciato a casa per ragioni puramente sociologiche - inviso a buona parte del gruppo, il suo caratterino non doveva essere particolarmente gradito in ritiro. E Lippi, anziché cercare di renderlo parte della comitiva azzurra, si è limitato ad assecondare il volere dei senatori lasciandolo a casa. Stessa sorte per Balotelli, protagonista di eccessi rossonerazzurri nel corso della stagione ma pur sempre in grado di dire la sua quando il pallone inizia a scottare: anche lui, evidentemente, è andato in vacanza prima del tempo pur di non turbare gli equilibri di un gruppo apparentemente fragile visti gli esiti della campagna sudafricana e le ammissioni dei protagonisti (si vedano, in proposito, le parole di Pirlo: il gruppo, a detta del senatore milanista, era ben lontano dai livelli del 2006). Per quanto concerne Miccoli, chi parla di influenze moggiane forse sbaglia, ma neppure tanto: degli attriti tra il «Romario salentino» e Lucianone sono tutti a conoscenza. Una tale evenienza farebbe tremare i polsi, ma di credere che Miccoli abbia visto il Mondiale in Tv perché scarso tecnicamente o turbolento dal punto di vista caratteriale non ne ho voglia. Altri nomi, meno illustri, si sono poi goduti pienamente le vacanze: Ambrosini ad esempio, infinitamente superiore a Gattuso nel corso dell'ultima stagione. In questo caso le cause degli attriti con Lippi sono sconosciute. Giuseppe Rossi avrebbe potuto garantire la brillantezza necessaria per cambiare l'esito di una partita (USA, do you remember?), mentre Cossu sulla trequarti avrebbe rappresentato la logica alternativa ad un Marchisio eventualmente fallimentare in quella posizione, come si è poi rivelato. Infine, il centravanti: se per il 4-2-3-1 serviva un uomo fisicamente prestante, capace di aprire varchi per i compagni e rendersi utile quando si tratta di far salire la squadra, perché mai Borriello è stato lasciato a casa? Ci si è ritrovati con uno Iaquinta che definire deludente è poco, senza la possibilità di rimpiazzarlo adeguatamente.
L'ultima riflessione mi spalanca le porte della dissertazione tattica. Proprio in riferimento all'attacco, agghiacciante il comportamento del CT nel corso di una seconda gestione in cui la chiarezza è stata una chimera: rombi, tridenti, travestimenti da ali e 3-1. S'è visto di tutto, nessuno ci ha capito nulla, a partire dai giocatori. Di Iaquinta e della sua inadeguatezza al ruolo di centravanti ho già parlato, citando anche l'assenza di Borriello: per creare varchi serviva lui, mica il fantasma di un Gilardino come sempre fallimentare quando il sistema di gioco non è incentrato su di lui. Marchisio sulla trequarti grida ancora vendetta, così come il suo riciclo da esterno sinistro di centrocampo, mentre tornando agli attaccanti non si spiega la fiducia a corrente alterna nutrita nei confronti del maratoneta Pepe. Impiegato in almeno quattro ruoli, oltre alla grande capacità di sacrificio ed una lieve isteria non ha offerto prestazioni di rilievo, condividendo la sorte con il suo ormai ex compagno di squadra Di Natale: 29 gol da punta centrale, in Nazionale ha fatto l'ala (anche a destra: un inedito) e sporadicamente la seconda punta in appoggio al mai convincente Iaquinta. Sui tre quarti d'ora concessi all'assatanato Quagliarella, poi, meglio stendere un velo pietoso: al ragazzo, imbarcato all'ultimo istante a discapito di Borriello e Rossi, andava accreditata maggior fiducia. Capitolo centrocampo: De Rossi, seppur impresentabile contro la Slovacchia, è stato il punto fermo con qualsiasi assetto. Il suo compagno di giochi Montolivo ha reso bene finché è stato impiegato da centrocampista centrale, salvo poi sbiadire con il dirottamento sulla corsia nell'improbabile 4-3-3 opposto agli uomini di Weiss. Gattuso impresentabile, Camoranesi ancor peggio, ed il tourbillon lippiano non ha aiutato di certo: incredibile incertezza anche nella zona nevralgica del campo, in cui i ruoli cambiavano alla frequenza con cui Balotelli cambia acconciatura. La difesa è stato il reparto che ha subito meno scossoni, anche se la protusione discale che da tempo affligge Buffon ha costretto ad un inaspettato avvicendamento tra i pali. Superato l'iniziale timore di un Chiellini terzino, Lippi ha optato per Criscito sulla sinistra e Zambrotta dal lato opposto, con Cannavaro a far la bella statuina al centro dell'area. Di qui alcune domande: perché mai Bonucci non ha mai assaggiato l'atmosfera mondiale? A cosa è dovuta la scarsa fiducia nei confronti di Maggio e della sua spinta dalle retrovie? Discorso a parte per la sciagurata gestione di calci piazzati e rimesse laterali (Kopunek ringrazia): si tratta di situazioni estremamente difficili da gestire, perché mai non gli si è data la giusta importanza nel corso di una competizione basata prevalentemente sull'eliminazione diretta? E se ci si concede il lusso di passare in svantaggio in tre occasioni (su tre: 100%), bisognerebbe almeno avere la personalità per ribaltare il risultato: personalità praticamente assente, così come la fantasia. Cassano, Miccoli o Balotelli sarebbero forse - probabilmente? - stati in grado di scardinare l'arcigna difesa paraguaiana, mentre difficilmente avrebbero lasciato scampo ai mancati rugbisti neozelandesi. Certo è che avrebbero faticato parecchio: senza un'organizzazione tattica degna di tale nome anche il più grande talento si sarebbe trovato ad annaspare tra le spire avversarie.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

Slovacchia-Italia 3-2: Vittek (S) al 25’ p.t.; Vittek (S) al 28’, Di Natale (I) al 36’, Kopunek al 44’ s.t., Quagliarella (I) al 47’ s.t.


SLOVACCHIA (4-2-3-1): Mucha; Pekarik, Skrtel, Durica, Zabavnik; Strba (dal 42’ s.t. Kopunek), Kucka; Stoch, Hamsik, Jendrisek (dal 49’ s.t. Jendrisek); Vittek (dal 47’ s.t. Sestak). (Pernis, Cech, Salata, Weiss, Sapara, Kuciak, Holosko, Jakubko, Kozak). All. Weiss.

ITALIA (4-3-3): Marchetti; Zambrotta, Cannavaro, Chiellini, Criscito (dal 1’ s.t. Maggio); Montolivo (dall’11’ s.t. Pirlo), De Rossi, Gattuso (dal 1’ s.t. Quagliarella); Pepe, Iaquinta, Di Natale. (De Santis, Bonucci, Bocchetti, Palombo, Marchisio, Camoranesi, Gilardino, Pazzini). All. Lippi.

ARBITRO: Webb (Ing).

NOTE: spettatori 53.412. Espulsi. Ammoniti Strba, Cannavaro, Vittek, Pekarik, Chiellini, Pepe, Mucha, Quagliarella. Recupero: 3’ p.t., 4’ s.t.


Disastro Italia. Appena due parole, pienamente sufficienti per spiegare cos'è accaduto all'Ellis Park di Johannesburg: una squadra senz'anima, vestita d'azzurro e con un pacchiano distintivo sul petto a ricordare il titolo mondiale, che soccombe alla frizzante Slovacchia, esordiente in Coppa del Mondo. Siccome ci sarà tempo e spazio per spiegare la disfatta italiana, meglio passare al commento della partita.
I primi minuti sono agghiaccianti: un'Italia impaurita lascia l'iniziativa agli slovacchi, che gestiscono il pallone in attesa del movimento tra le linee di Hamsik, assai mobile in avvio di partita salvo poi spegnersi col passare dei minuti. Lippi, che si scervella per rimettere in sesto i suoi, cambia moduli e posizioni con inaudita frequenza: il 4-3-3 iniziale si tramuta in 4-4-2, Montolivo e Gattuso si scambiano la posizione così come Pepe e Di Natale. Le manovra tattiche avversarie non distolgono la Slovacchia dalla partita, condotta con sapienza e senza timori di sorta perché il De Rossi regista non rende e Montolivo risulta pesantemente limitato dalla posizione esterna ricoperta nel centrocampo a tre. I guai italiani non si limitano esclusivamente alla linea mediana: la spinta di Criscito non arriva, mentre Cannavaro è in affano e Di Natale fatica a trovare la posizione ideale; Iaquinta, di cui Lippi si fida ciecamente, è praticamente nullo. Con dei simili presupposti, il gol slovacco diventa questione di minuti. Perché Vittek batta Marchetti è però necessaria una follia difensiva: De Rossi serve Montolivo nel proprio terzo difensivo, ignaro del fatto che la linea di passaggio sia ostruita; Kucka intercetta la sfera e su di lui si avventa Chiellini, scriteriato nello svuotare la propria zona di competenza in cui si avventa Vittek che, complice il tardivo recupero di Criscito, fredda Marchetti con il destro. L'Italia sbanda paurosamente, senza idee né convinzioni. La gara arranca fino al 45', il duplice fischio dell'arbitro è una manna dal cielo per gli azzurri.
Al rientro in campo delle squadre si notano due novità: Maggio e Quagliarella prendono il posto di Criscito e Gattuso, andando a delineare un 4-2-4 che sa di arrembaggio ma anche di disperazione. I due neoentrati portano brio alla manovra azzurra: più dediti al dialogo (favorito anche dall'ingresso in campo di Pirlo), gli uomini di Lippi creano qualche apprensione alla difesa slovacca per cui i maggiori pericoli arrivano da sinistra, dove Quagliarella punta costantemente l'avversario. A furia di attaccare, l'Italia finisce con lo sbilanciarsi e subire in contropiede: Chiellini salva due volte. Non tre: in ritardo su Vittek, 2-0 per la Slovacchia. Qui saltano gli schemi, e succede davvero di tutto. Di Natale riapre la partita infilando Mucha dopo una bella combinazione tra Iaquinta e Quagliarella, cui viene pure annullato il gol del pareggio. Sul fronte opposto Kopunek prende d'infilata la difesa azzurra ed uccella Marchetti, ma l'invenzione di Quagliarella (assurdo pallonetto, assurdo) concede all'Italia ancora qualche istante di speranza. A questo punto il Weiss allenatore (c'è suo figlio in panchina) si gioca due sostituzioni, ed i suoi si rendono protagonisti di numerosi svenimenti: loro perdono tempo, Pepe perde l'appuntamento con il pallone del 3-3. Italia a casa.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

giovedì 24 giugno 2010

Ghana-Germania 0-1: Ozil 15' st.


GHANA (4-1-4-1): Kingson; Pantsil, J.Mensah, Jonathan, Sarpei; Annan; Tagoe (19' st Muntari), K.Boateng, Asamoah, A.Ayew (47' st Adiyiah); Gyan (37' st Amoah). (Agyei, Inkoom, D.Boateng, Appiah, Ahorlu, I.Ayew, Addy, Owusu Abeyie). All.: Rajevac.

GERMANIA (4-2-3-1): Neuer; Lahm, Friedrich, Mertesacker, Boateng (28' st Jansen); Khedira, Schweinsteiger (36' st Kroos); Muller (22' st Trochowski), Ozil, Podolsk; Cacau. In panchina: Aogo, Tasci, Kiessling, Wiese, Badstuber, Marin, Butt, Gomez. Allenatore: Loew 6. ARBITRO: Simon (Brasile).

NOTE: spettatori 83.391. Ammoniti Ayew e Muller. Serata fredda, cielo sereno. Terreno di gioco in buone condizioni. Angoli 7-4 per la Germania. Recupero: 1'; 3'.

Se vinci ti giochi gli ottavi di finale contro l'Inghilterra, se perdi torni a casa. Ed in caso di pareggio ti attacchi alla radiolina - seeh, come no: via di maxischermo - e aspetti il verdetto di Australia-Serbia (2-1, ma Pantelic...). Ma fare calcoli non è nelle corde di Löw: in campo ci si va per vincere, poche storie.
La Germania si dispone in campo con il consueto 4-2-3-1, ma la novità offensiva rappresentata da Cacau crea qualche incomprensione. Il brasiliano, perché di brasiliano si tratta, non è un centravanti ma una seconda punta e tali sono i movimenti che è in grado di proporre sul campo: viene sempre in incontro al portatore di palla, non dettando praticamente mai il passaggio in profondità e costrigendo il cittì ad invertirlo con Müller mentre Podolski galleggia anonimamente sulla sinistra facendosi notare più per il lavoro di ripiegamento che per le occasioni create. I tedeschi patiscono l'accorta difesa del Ghana, che concede appena un'imbucata centrale, ma Kingson fa buona guardia su Özil. Intanto la Mannschaft si accorge della pericolosità del contropiede ghanese, che punta forte sulla mobilità dell'ex udinese Gyan, mentre Tagoe ed André Ayew si scambiano la posizione creando qualche fastidio alla difesa tedesca in cui spicca Jérôme Boateng: lanciato sulla fascia sinistra da Löw, fa un buon lavoro in copertura e si propone anche in fase d'attacco pur palesando difficoltà legate alla scarsa conoscenza del ruolo.
L'inconveniente difensivo del Ghana è che, tenendo così bassa la difesa per evitare di farsi prendere d'infilata, si lascia troppo spazio tra le linee: il centrocampo non accorcia, ed Özil scarica un portentoso sinistro. Le Black Stars reagiscono, anche se con moderazione perché la sconfitta gli sta benissimo dato il doppio vantaggio australiano, ma oltre ad allungarsi lasciando alla Germania parecchi spazi non combina granché.
Nota negativa, l'infortunio occorso a Schweinsteiger nel finale. Con tutta probabilità sarà Toni Kroos a sostituirlo contro l'Inghilterra, nonostante la regia del talentino attualmente in prestito al Leverkusen appaia più fruttuosa una quindicina di metri più avanti.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

Slovenia-Inghilterra 0-1: Defoe al 23'.



SLOVENIA (4-4-2): S. Handanovic; Brecko, Suler, Cesar, Jokic; Koren, Birsa, Kirm (dal 33' st Matavz), Radosavljevic; Ljubijankic (dal 17' st Dedic), Novakovic (J. Handanovc, Dzinic, Ilic, Krhin, Seliga, Filekovic, Komac, Stevanovic, Mavric). All: Matjaz Kek

INGHILTERRA (4-1-3-2): James; Johnson, Upson, Terry, A. Cole; Barry, Gerrard, Lampard, Milner; Rooney (dal 27' st J.Cole), Defoe (dal 40' st Heskey) (Green, Hart, Dawson, Lennon, Crouch, Warnock, Wright-Phillips, Carrick). All. Fabio Capello.

ARBITRO: Wolfgang Stark (Germania).

NOTE - Spettatori 36.893. Ammoniti: Jokic, Birsa e Dedic per gioco scorretto, Johnson per simulazione. Angoli: 12 a 2 per l'Inghilterra. Recuperi 0 e 3'.

L'Inghilterra non brilla, priva della fluidità necessaria per riscuotere applausi, ma ottiene i tre punti necessari per qualificarsi agli ottavi di finale: decisivo Defoe, finalmente in campo dal primo minuto a discapito del generoso ma poco prolifico Heskey.
Il piano di gioco inglese è chiaro sin dall'inizio: priva di un regista puro a centrocampo, la manovra inglese prende vita con i terzini, Johnson ed Ashley Cole, cui spetta il compito di allargare il gioco. Poco aiutati da Gerrard e Milner, finti esterni che convergono volentieri verso il centro tarpando le ali all'azione, spesso risolta da un cross dalla trequarti indirizzato sul secondo palo e quindi di facile lettura per i difensori. L'apporto di Lampard alla manovra è infimo: timido palla al piede, riluttante agli inserimenti (se ne conta solo uno, sufficiente a creare scompiglio nella difesa slovena), spesso tagliato fuori dai cambi di gioco di Gerrard, resi però vani dalla lentezza di un Milner che consente praticamente sempre alla retroguardia avversaria di riposizionarsi correttamente. Succede anche in occasione del gol, solo che stavolta Defoe è bravo nell'anticipare Suler. Dopo essere passati in vantaggio gli inglesi cercano di chiudere i conti, puntando forte su Gerrard e Rooney, che si scambiano di posizione e creano non pochi problemi alla Slovenia, in evidente appresione difensiva.
Anche nella ripresa Capello sceglie la fascia sinistra per pungere: Ashley Cole spinge e Rooney (oggi in linea con Defoe e non alle spalle del centravanti come accade quando fa coppia con Heskey) si allarga per consentire il taglio a Gerrard. Nonostante la buona prova offerta è proprio Rooney a lasciare il campo, al suo posto entra Joe Cole che si posiziona alle spalle di Defoe per comporre il 4-2-3-1 spesso visto in azione nel corso delle qualificazioni. La Slovenia, a causa della mediocre caratura tecnica, si limita a sporadici lanci lunghi destinati alla testa di Novakovic, cui si accompagnano le estemporanee iniziative del mancino Birsa: a parte un doppio brivido per James (salvato da Johnson), null'altro, ma sembra bastare per una qualificazione che premia gli uomini di Kek fino al fischio finale. Poi segna Donovan, e regala successo e qualificazione agli USA: la Slovenia è fuori, si preannuncia un Germania-Inghilterra da leccarsi le orecchie.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

mercoledì 23 giugno 2010

Messico-Uruguay 0-1: Suarez si sblocca! E per la qualificazione doppia niente biscotto



Una sconfitta che fa gioire: nonostante il ko rimediato contro l'Uruguay, il Messico festeggia il passaggio del turno a braccetto proprio con gli odierni avversari.

In campo - Blanco dal primo minuto è la principale novità proposta dal Messico. Guardado rimpiazza lo squalificato Juarez, mentre Franco viene riconfermato al centro dell'attacco da Aguirre. Tabarez ripropone il 4-3-3 vincente contro il Sudafrica: Fucile terzino a sinistra, Cavani in appoggio a Forlan e Suarez.

Si gioca - Che di biscotto non si tratta lo si capisce sin dalle prime battute dell'incontro: 30", e Marquez ci prova da fuori area. Le due squadre si affrontano a viso aperto, interpretando la partita in maniera diversa: più corale la manovra messicana, contraddistinta da un Guardado a tutto campo(una traversa per lui) ed ansiosa di esaltarsi grazie alle invenzioni di Blanco, che appare però sottoritmo; l'Uruguay, che ben difende, vive di folate. Luis Suarez è il finalizzatore, che prima si pappa un gol a tu-per-tu con Perez, poi marca l'1-0 in chiusura di primo tempo (sfruttando una disattenzione difensiva del Messico) su cross di Cavani, imbeccato da Forlan.

Con il Sudafrica in vantaggio per 2-0 ed in superiorità numerica (espulso Gourcuff), il Messico si dà da fare in avanti, senza però concretizzare. Con il passare dei minuti, gli uomini di Aguirre paiono giungere alla seguente conclusione: perché sbilanciarsi in avanti e rischiare di subire il 2-0? Facciamo possesso palla, ché tanto abbiamo due gol di vantaggio sui «Bafana Bafana» in differenza reti, e male che vada ci riversiamo in avanti nel finale. Dell'arrembaggio non c'è bisogno, perché Malouda fa 1-2 e chiude di fatto il discorso qualificazione: l'Uruguay si arrocca in difesa, concedendo alla «Tri» di congelare il possesso palla fino al triplice fischio dell'ungherese Kassai.

La chiave - Il gol di Malouda, pur segnato a svariati chilometri di distanza, decide la partita: il Messico culla il pallone, assecondato dalla «Celeste», in attesa di festeggiare la qualificazione agli ottavi.

La chicca - Diego Perez si spacca il sopracciglio in un fortuito contrasto aereo con Guardado, gronda sangue ma per poco non mette le mani addosso al quarto uomo pur di rientrare in campo. Pura «garra charrúa».

Top&Flop - Blanco va alla moviola, Marquez spento. Rodriguez disastroso in entrambe le fase, Franco troppo statico. Lugano salta come un canguro, Forlan ispira e Suarez la mette dentro. Complimenti a Muslera: 270' senza subire gol.

Antonio Giusto

TABELLINO

MESSICO-URUGUAY 0-1

MARCATORI: 43' Suarez (U).

MESSICO (4-3-2-1): Perez 5.5; Osorio 6, Rodriguez 4.5, Moreno 5.5 (57' Castro 6), Salcido 5.5; Torrado 6, Marquez 5, Guardado 7 (46' Barrera 5); Dos Santos 5.5, Blanco 5 (63' Hernandez 5.5); Franco 4.5. All.: Aguirre 5.

URUGUAY (4-3-3): Muslera 6.5; M. Pereira 6, Victorino 6, Lugano 6.5, Fucile 6; Arevalo 6, Perez 6, A. Pereira 6 (77' Scotti s.v.); Suarez 6.5 (85' A. Fernandez s.v.), Forlan 6.5, Cavani 6.5. All.: Tabarez 6.5.

ARBITRO: Kassai (Ungheria) 6.

AMMONITI: Fucile (U), Hernandez, Castro (M).

Fonte: Goal.com

lunedì 21 giugno 2010

Promossi&Bocciati di Brasile-Costa d'Avorio: Kaká è tornato a illuminare, Drogba predica nel deserto

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Luís Fabiano:
Favoloso. Anzi, «Fabuloso». Prima fredda Barry su imbeccata di Kaká, poi raddoppia nella ripresa dopo un doppio sombrero. C'è un tocco di mano, anzi ce ne sono due: l'arbitro non vede, lui non confessa. Decisivo. Voto 8,5


Drogba: Praticamente solo - Kalou non pervenuto - contro il muro difensivo brasiliano composto da Lucio, Juan e Julio Cesar, il bomber del Chelsea trova un gol che potrebbe risultare decisivo ai fini della differenza reti: parte da dietro, elude la marcatura e di testa infila il pallone in rete. Elefante indomabile. Voto 6

Brasile: Quando le cose girano lì davanti, sono guai per chiunque. Kaká si sente ispirato, ed ispira: Luís Fabiano ed Elano i beneficiari degli assist dell'ex milanista. Dietro, Bastos comincia a comprendere i meccanismi difensivi, mentre Juan è il solito imperatore della difesa. Voto 7,5

Kaká: Non segna, ma inventa: Fabiano ed Elano cortesemente ringraziano. Non è ancora al top della condizione, ma si è finalmente messo in moto. La sceneggiata di Keïta gli costa l'espulsione: peccato, non potremo gustarcelo contro il Portogallo. Voto 7,5

Costa d'Avorio: L'ordine e la compattezza difensiva visti contro il Portogallo sono andati a farsi friggere. Troppi spazi lasciati ad un Brasile che non può che approfittarne, siglando tre gol ed amministrando la partita a suon di tacchi e carezze al pallone. Nel finale, c'è chi perde la testa: a farne le spese Elano e Bastos. Voto 5

Elano: Secondo gol in due partite: Daniel Alves rimanga in panchina. Ennesima prova di livello per il centrocampista del Galatasaray: corre, imposta e, come già detto, segna ancora. Esce al 67', azzoppato da Tioté. Voto 7

Keïta: Entra, e Michel Bastos se ne accorge subito: interventaccio in ritardo, l'arbitro lo grazia. Non combina nulla col pallone tra i piedi, in compenso dà prova di grandi abilità artistiche: in lizza con Busquets per il prossimo oscar della simulazione. Ma poi, gliel'avran detto che ha fatto un favore al Portogallo facendo espellere Kaká? Voto 5,5

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

domenica 20 giugno 2010

Italia-Nuova Zelanda 1-1: 7' Smeltz (NZ); 29' Iaquinta (I).


ITALIA (4-4-2): Marchetti; Zambrotta, Cannavaro, Chiellini, Criscito; Pepe (dal 1’ s.t. Camoranesi), De Rossi, Montolivo, Marchisio (dal 16’ s.t. Pazzini); Gilardino (dal 1’ s.t. Di Natale), Iaquinta. (De Santis, Bonucci, Bocchetti, Maggio, Gattuso, Palombo, Quagliarella). All. Lippi.

NUOVA ZELANDA (3-4-3): Paston; Reid, Nelsen, Smith; Bertos, Elliott, Vicelich (dal 35’ s.t. Christie), Lochhead; Smeltz, Killen (dal 47’ s.t. Barron), Fallon (dal 18’ s.t. Wood). (Moss, Sigmund, Boyens, Brown, McGlinchey, Clapham, Mulligan, Brockie). All. Herbert.

ARBITRO: Batres (Gua).

NOTE: spettatori 38.229. Ammoniti, Fallon, Smith, Nelsen. Recupero: 1’ p.t., 4’ s.t.

Ieri Cassano ha sposato la sua Carolina, ballato sulle note di Gigi D'Alessio e gustato ogni prelibatezza capitatagli a tiro. Auguri, Totò. Una domanda mi sorge spontanea: perché, mentre l'Italia pareggia contro la Nuova Zelanda, il nostro più grande talento dai tempi di Robibaggio pronuncia il suo fatidico «sì»? Meglio non approfondire la questione: l'1-1 brucia abbastanza.
Lasciando Cassano alla luna di miele - Figi e Polinesia: tu mi lascia a casa? Bene, io vado a spassarmela col nemico -, veniamo all'incontro, tanto simile all'esordio contro il Paraguay. Per tanti motivi, primo fra tutti lo svantaggio: stesso calcio di punizione, stesso errore, con la difesa che si schiaccia troppo presto e consente a Smeltz d'infilare un incolpevole ed inoperoso Marchetti. La Nuova Zelanda, che poco propone dal punto di vista tattico, si limita ad occasionali lanci lunghi pensati per sfruttare al meglio la testa - ed i gomiti - delle torri offensive, ma il pallino del gioco ce l'ha per forza di cose un'Italia costretta alla rimonta. La palla viene fatta girare da Montolivo, in crescita dopo il comunque positivo debutto mondiale, ma il regista viola patisce la densità di maglie bianche: spazi intasati, poco tempo per ragionare e poca collaborazione da parte di un De Rossi che spesso si ritrova a fare il terzo centrale difensivo anche in fase d'impostazione. L'Italia appare libera di fare il proprio gioco sino a metà campo, poco oltre se va bene, e così viene naturale ricorrere alla battuta lunga per Pepe (perché fuori all'intervallo?) o Zambrotta, positivi sulla destra a differenza degli impacciati omologhi Marchisio e Criscito. Per agguantare il gol del pareggio è necessario un calcio di rigore, peraltro abbastanza generosamente concesso dall'arbitro guatemalteco Batres, guadagnato da De Rossi (marcatura di Alcaraz a parte, fin qui il migliore della spedizione azzurra) e messo in rete da Iaquinta, deludente tanto ma non quanto l'ectoplasmico Gilardino. Al riposo si va sull'1-1, e mentre Lippi si scervella, chi come me giustificava la sterilità offensiva con l'ordinata difesa paraguaiana inizia a capire che il problema è tinto d'azzurro: manca un uomo di fantasia, capace di saltare l'uomo ed inventarsi il gol che ti risolve la partita, ed il tanto celebrato gruppo non è in grado di sopperire a questa grave mancanza.
Con il doppio cambio le cose non migliorano di certo: Di Natale soffre sull'out sinistro (29 gol da centravanti, mica da ala), Camoranesi avrebbe bisogno di una bombola d'ossigeno. La palla inizia a scottare, perché i minuti passano ed il risultato non si sblocca: si fa confusione, il 4-2-3-1 non risolve un bel nulla ed anzi sbilancia una squadra il cui miglior attaccante finisce per rivelarsi Zambrotta (però, chi se l'aspettava dopo una stagione tanto travagliata). Di costruire azioni non se ne parla, né da una parte né dall'altra, e così ci si ritrova a provare da fuori una volta constatata l'invalicabilità del muro bianco - avessi detto la Germania Ovest di Beckenbauer, in questo caso di fronte c'era un'ordinata ma non certo insuperabile Nuova Zelanda -, che regge fino alla fine grazie alla giornata di gran vena del portiere Paston, stilisticamente imperfetto ma efficace, ed è questo che più conta.
Dopo due pareggi in fotocopia, paiono chiari i principali problemi di quest'Italia: l'incapacità di gestire i calci piazzati, costata fino ad ora due gol, ed un'inconsistenza offensiva inspiegabile per una squadra che volendo potrebbe sfoggiare Cassano e Miccoli, Totti e Balotelli. Invece, in nome del gruppo, ci si ritrova a soffrire assieme a Gilardino e Iaquinta: spalle alla porta, senza rifornimenti né rimorchi. Note liete, fin qui, ben poche: Montolivo cresce a vista d'occhio, e la squadra pare aver fiducia in lui e nelle sue capacità di regia; De Rossi è sempre il solito gladiatore, protagonista in occasione di entrambe la marcature azzurre e sempre pronto a guardar le spalle al compagno di reparto; Zambrotta, infine, è l'unico tra i «vecchi» sin qui in grado di ripagare la fiducia di Lippi.
Contro la Slovacchia ultima chiamata.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

Germania-Serbia 0-1: 38' Jovanovic

GERMANIA(4-2-3-1): Neuer; Lahm, Mertesacker, Friedrich, Badstuber (dal 32' s.t. Gomez); Khedira, Schweinsteiger; Müller (dal 25' s.t. Marin), Özil (dal 25' s.t. Cacau), Podolski; Klose. (Wiese, Butt, Jansen, Aogo, Tasci, J. Boateng, Kroos, Kiessling, Trochowski) All.: Löw.

SERBIA (4-5-1): Stojkovic; Ivanovic, Vidic, Subotic, Kolarov; Krasic, Kuzmanovic (dal 30' s.t. Petrovic), Stankovic, Ninkovic (dal 25' s.t. Kacar), Jovanovic (dal 34' s.t. Lazovic); Zigic. (Isailovic, Djuricic, Rukavina, Milijas, Tosic, Obradovic, Pantelic, Mrdja). All.: Antic.

ARBITRO: Undiano Mallenco(Spagna).

NOTE: spettatori 38.294. Espulso Klose al 37' p.t. doppia ammonizione. Ammoniti Ivanovic, Kolarov, Subotic, Khedira, Lahm, Schweinsteiger per gioco scorretto, Vidic per c.n.r. Angoli 7-1. Tiri in porta 4 (1 traversa)-3 (1 palo, 1 traversa). Tiri fuori 9-7. In fuorigioco 3-3. Recuperi 1' p. t., 3' s.t.

Qualcuno spieghi ai serbi che a calcio si gioca usando i piedi, non le mani. Bisogna dirlo a Kuzmanovic, a Vidic, a tutti... tutti tranne uno: Vladimir Stojkovic In una partita strana, pesantemente condizionata dalla severa espulsione di Klose, a decidere ancor più del gol di Jovanovic è la parata di Stojkovic sul rigore di Podolski.
Prima che Undiano Mallenco diventi un fattore, la Germania ripropone quanto di buono fatto vedere contro l'Australia: palla sempre a terra, che mai si butta via e circola finché non si apre il varco giusto per servire l'uomo che va in profondità. La Serbia, che si aspetta qualcosa del genere, riesce a limitare i tedeschi mantenendo inviolata la propria porta. Poi la partita cambia faccia nel giro di sessanta secondi, tanto intercorre tra l'espulsione di Klose (intervento da dietro su Stankovic, opinabile il rosso) ed il gol del vantaggio serbo, frutto dell'affondo di Krasic sulla destra (Badstuber troppo lento, di Krasic doveva occuparsi qualcun altro) che causa scompiglio tra le marcature tedesche e consente a Jovanovic di metter dentro l'1-0 dopo una torre di Zigic, su cui nell'occasione era inspiegabilmente venuto a trovarsi il «lillipuziano» Lahm. Una doccia gelata per la Germania, sin lì in controllo dell'incontro, ma la caparbietà dei tedeschi si materializza sotto forma di un bolide di Khedira cui solo la traversa nega il gol.
Nel secondo tempo la Germania continua ad attaccare, sfruttando i varchi che si aprono nella difesa serba: gli uomini di Antic paiono poco abituati ad amministrare il vantaggio, e la clamorosa ingenuità di Vidic concede addirittura un'occasione dagli undici metri a Podolski. Lì Stojkovic fa il miracolo, non replicato sull'altro fronte da Zigic e Jovanovic: un palo a testa, e la partita rimane aperta fino al fischio finale del fiscalissimo Undiano Mallenco.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

venerdì 18 giugno 2010

Argentina-Corea del Sud 4-1: 17' Park Chu-Young (ag), 33', 76', 80' Higuain; 46' Lee Chung-Yong



ARGENTINA (4-3-3): Romero; Gutierrez, Demichelis, Samuel (23'pt Burdisso), Heinze; Maxi Rodriguez, Mascherano, Di Maria; Messi, Tevez (25'st Aguero), Higuain (36'st Bolatti). (Pozo, C.Rodriguez, Veron, Garce, Otamendi, Palermo, Milito, Andujar, Pastore). All.: Maradona.

COREA DEL SUD (4-2-3-1): Jung Sung-ryong; Oh Beom-seok, Lee Jung-soo, Cho Yong-Hyung, Young-Pyo Lee; Kim Jung-woo, Ki Sung-Yueng (1'st Kim Nam-il); Lee Chung-Yong, Park Ji-sung, Yeom Ki-Hun; Park Chu-young (36'st Lee Dong-gook); . (Lee Woon-jae, Kim Young-kwang, Kim Hyung-il, Kim Dong-jin, Kang Min-soo, Kim Bo-kyung, Ahn Jung-hwan). All.: Huh Jung-moo .

ARBITRO: De Bleeckere (Belgio)

NOTE: pomeriggio soleggiato, terreno in buone condizioni. Spettatori 40mila circa. Ammoniti Ki-Hun, Chu Young Park, Gutierrez, Mascherano, Heinze. Angoli 6-2. Recuperi: 1'; 2'.


Io Argentina-Grecia non la guarderò, so già cosa mi aspetta. L'Albiceleste partirà forte, la metterà dentro su calcio piazzato e quindi addormenterà la partita fino ad addormentarsi lei stessa, concedendo agli avversari occasioni su occasioni per riportarsi in partita. Poi Messi s'incazzerà: se in porta c'è Enyeama saranno cavoli amari, se in porta c'è qualcun altro Messi segnerà o farà segnare.
Da cosa ho dedotto tutto ciò? Da Argentina-Corea del Sud, replay di Argentina-Nigeria con Higuain in forma e Jung Sung-Ryong tra i pali. Lasciato fuori Veron, Maradona ha estratto dal cilindro - prossimamente indosserà anche quello in panchina - un 4-1-4-1 con Mascherano a protezione della difesa, Maxi Rodriguez e Di Maria sugli esterni ad accompagnare il triangolo d'attacco composto da Messi, Tevez ed Higuain. Affidandosi all'estro ed alla garra - vero, Carlitos? - dei singoli, l'Argentina s'è procurata i calci piazzati da cui è scaturito il doppio vantaggio, poi sapientemente amministrato fino all'erroraccio di Demichelis, magnanimo nel regalare a Lee Chung-Yong il gol della speranza.
Nella ripresa, come già contro i nigeriani, l'Argentina ha rischiato di farsi riagguantare: a Yeom Ki-Hoon ed alla sua pessima mira i ringraziamenti di Maradona e del suo abito da sposo, magistralmente abbinato agli zirconi incastonati nei lobi. Poi Messi s'è incazzato, ha dribblato mezza Corea del Sud, incassato la parata di Jung Sung-Ryong e consentito ad Higuain di segnare dopo aver baciato il palo sulla respinta del portiere. Sempre «el Pipita» ha chiuso i conti siglando il gol del 4-1 su invito di Agüero, ispirato ovviamente da Messi.
L'Albiceleste vista fino ad ora, nonostante il doppio successo, non mi convince del tutto: Messi, Tevez, Higuain e compagnia bella possono risolvere da soli una partita finché si gioca contro Corea del Sud e Nigeria, ma le amnesie difensive e l'idiosincrasia per il gioco di squadra potrebbero tarpare le ali a quest'Argentina.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

giovedì 17 giugno 2010

Brasile-Corea del Nord 2-1: Maicon 10' s.t. (B); Elano 27' s.t. (B); Ji Yun-nam 44' s.t. (C)



BRASILE (4-2-3-1): Julio Cesar; Maicon, Lucio, Juan, Bastos; Gilberto Silva, Felipe Melo (39'st Ramires); Elano (27'st Dani Alves), Kakà (33'st Nilmar), Robinho; Luis Fabiano. (Doni, Luisao, Thiago Silva, Josuè, Baptista, Kleberson, Grafite). All. Dunga.

COREA DEL NORD (5-3-1-1): Ri Myong Guk; Cha Jong Hyok, Nam Song Chol, Pak Chol Jin, Ri Kwang Chon, Ji Yun Nam; Mun In Guk (35'st Kum Il sv), An Yong Hak, Pak Nam Chol; Hong Yong Jo; Jong Tae Se. (Kum Chol, Nam Chol II, Song Chol, Myong Gil, Chol Myong, Kwang Hyok, Yong Jun, Chol Hyok, Myong Wong, Kyong Il, Sung Hyok). All. Kim Jong Hun

ARBITRO: Kassai (Hun).

NOTE: serata fredda, terreno in buone condizioni, spettatori 65.000. Ammonito Ramires (B). Angoli: 7-3 per il Brasile. Recupero: 0'pt, 2'st.

Qualche anno fa, dopo la clamorosa - ed immeritata - eliminazione dell'Italia contro i sudcoreani al mondiale asiatico, iniziò a girare una barzelletta in cui Totti motivava così la suddetta eliminazione: «Abbiamo perso perché loro... coréano troppo». Che la battuta vi faccia ridere o meno, poco importa: ciò che conta, è che siamo di fronte alla verità. Questi coreani, del Sud o del Nord, corono davvero tanto, troppo anche per il Brasile «europeo» di Dunga.
Nonostante una partenza frizzante, pensata per chiudere l'incontro il prima possibile e limitarsi poi alla gestione di risultato ed energie, la Seleção si trova a dover fare i conti con l'arcigna difesa predisposta dal commissario tecnico nordcoreano Kim Jong-Hun: cinque difensori in linea, poi centrocampo a rombo compatto e posto a pochissimi metri di distanza dalla terza linea per non concedere spazio tra le linee ai blasonatissimi avversari. La banda di Dunga soffre parecchio, ritrovandosi costretta ad una pittoresca ma poco utile serie di tocchi di prima sulla trequarti campo: oltre non si passa, ed a poco valgono gli avanzamenti di Maicon e Bastos, in costante proiezione offensiva. Che i trequartisti si scambino la posizione poco importa, visto il pronto raddoppio sul portatore di palla effettuato dagli indiavolati avversari, spesso in grado di portare anche tre uomini sul Kaká di turno.
Per sbloccare il risultato occorrono al Brasile qualcosa come 55', un'enormità vista la differenza che intercorre tra le due squadre sulla carta, ma non sul campo. A sbrogliare l'intricatissima matassa difensiva nordcoreana ci pensa Maicon, che prende d'infilata la retroguardia (come in occasione del raddoppio di Elano, contrassegnato da un gran pallone di Robinho) e buca Ri Myong-Guk sul primo palo. Dunga, intanto, si toglie il capriccio di testare una sfiziosa catena di destra composta da Maicon e Daniel Alves (più avanti il terzino del Barça). Nel finale c'è gloria per Ji Yun-Nam e la Corea del Nord tutta, perché il «nonno» del gruppo con i suoi 33 anni suonati s'infila nell'area brasiliana e supera Julio Cesar: applausi.
Di indicazioni da questa partita non mi pare se ne possano ricavare molte: la Corea del Nord è una squadra ben disposta tatticamente cui sei mesi di preparazione dedicata esclusivamente al Mondiale hanno fatto bene, e che magari riuscirà anche a togliersi qualche altra soddisfazione contro Portogallo e Costa d'Avorio, ma di un eventuale passaggio del turno non mi pare si possa parlare nemmeno in tono ironico. Nulla di nuovo sotto il sole verdeoro, con il consueto pragmatismo (sì, ma solo da quando in panchina siede Dunga) in bella mostra, anche se l'ostacolo non era certo dei più adatti per verificare l'effettiva competitività della Seleção meno brasiliana della storia.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

mercoledì 16 giugno 2010

Costa d'Avorio-Portogallo 0-0: Altro che big-match, a vincere sono gli sbadigli e le vuvuzelas



Al Nelson Mandela Bay Stadium di Port Elizabeth vince la noia. Lo 0-0, a conti fatti, accontenta entrambe le squadre, non certo noi spettatori: quest'avvio di Mondiale è da mani nei capelli.

In campo - Queiroz affida le chiavi della squadra a Deco e dà fiducia a Fábio Coentrão: è lui il terzino sinistro. Ronaldo e Danny a supporto di Liedson, Meireles-Mendes davanti alla difesa. Risponde la Costa d'Avorio con Dindane al posto di Drogba in attacco, assieme a lui in prima linea Kalou e Gervinho. Yaya Touré a dirigere le operazioni a centrocampo, suo fratello Kolo (fascia al braccio per lui) a guidare la difesa.

Si gioca - Che la Costa d'Avorio sia la miglior squadra africana lo si evince innanzitutto dalla comprensione tattica del gioco: pur senza la propria punta di diamante Drogba, confinato in panchina dal gomito fratturato, gli Elefanti interpretano correttamente la gara. Il pallino del gioco rimane saldamente nelle mani di un Portogallo assai poco vispo, come da tradizione, dai cui blandi ritmi si astrae il solo Ronaldo: un saetta che lascia di stucco Barry ma s'infrange sul palo, qualche spunto individuale ed un rischioso battibecco con Demel. Nient'altro da aggiungere sulla prima frazione, terminata sullo 0-0 con discreta soddisfazione da ambo le parti.

In avvio di ripresa, Gervinho illude con un paio di spunti individuali. Si tratta di un fuoco di paglia: i ritmi rimangono i medesimi, Cristiano Ronaldo ci ricorda di essere in campo solo su punizione, l'acido lattico induce agli errori da ambo le parti. Neppure l'ingresso di Drogba riesce a scuotere il match: finisce 0-0, tra gli sbadigli.

La chicca - In un primo tempo avaro di emozioni, la ola degli spettatori regala un po' di vitalità alla partita. Per fortuna.

La chiave - La noia non ha chiavi. E poi, diciamola tutta: il pareggio andava bene ad entrambe le squadre.

Top&Flop - Gervinho ci prova, unico tra i suoi. Ronaldo risponde timidamente, Liedson non incide affatto.

Antonio Giusto

TABELLINO

COSTA D'AVORIO-PORTOGALLO 0-0

COSTA D'AVORIO (4-3-3): Barry 6; Demel 6, K. Touré 6, Zokora 6, Tiéné 6.5; Eboué 5.5 (89' Romaric), Y. Touré 6, Tioté 5.5; Dindane 5.5, Kalou 5.5 (66' Drogba 5.5), Gervinho 6 (82' Keïta s.v.). All.: Eriksson 6.5.

PORTOGALLO (4-2-3-1): Eduardo 6; P. Ferreira 5, B. Alves 5.5, R. Carvalho 6, F. Coentrão 6.5; P. Mendes 5.5, R. Meireles 6 (85' R. Amorim s.v.); C. Ronaldo 6.5, Deco 5 (62' Tiago 5.5), Danny 5 (55' Simão 5.5); Liedson 5. All.: Queiroz 5.5.

ARBITRO: Larrionda (Uruguay) 5.

AMMONITI: Zokora (CA), C. Ronaldo (P), Demel (CA).

Fonte: Goal.com

martedì 15 giugno 2010

Italia-Paraguay 1-1: 39' Alcaraz; 63' De Rossi.


ITALIA (4-2-3-1): Buffon (dal 1’ s.t. Marchetti); Zambrotta, Cannavaro, Chiellini, Criscito; De Rossi, Montolivo; Pepe, Marchisio (dal 14’ s.t. Camoranesi), Iaquinta; Gilardino (dal 28’ s.t. Di Natale). (De Sanctis, Maggio, Bonucci, Bocchetti, Pirlo, Palombo, Gattuso, Di Natale, Quagliarella, Pazzini). All. Lippi.

PARAGUAY (4-4-2): Villar; Veron, Da Silva, Alcaraz, Morel; Vera, Riveros, Caceres, Torres (dal 15’ s.t. Santana); Barrios (dal 31’ s.t. Cardozo), Valdez (dal 23’ s.t. Santa Cruz). (Barreto, Bobadilla, Caniza, Caceres, Bonet, Ortigoza, Barreto, Benitez, Gamarra). All. Martino.

ARBITRO: Archundia (Mes).

NOTE: spettatori 62.869. Ammoniti Caceres, Camoranesi. Recupero: 1’ p.t.; 3' s.t.

L'Italia? Tutto Pepe. Battuta facile, ma non certo scontata: alzi la mano chi, alla vigilia, si aspettava un prestazione del genere da parte del primo rinforzo juventino. Novanta minuti trascorsi a correre per il campo, avanti e dietro, a destra e a sinistra, sempre alla ricerca della sfera, che sarà anche brutta, cattiva, leggerissima e quant'altro, ma è pur sempre la palla dei Mondiali: quando mai, Simone, ti ricapiterà di accarezzarla? Forse mai più, quindi ascolta Orazio e carpe diem.
Di Pepe e dei suoi quattro polmoni si parlerà più avanti, perché è giusto raccontare la partita dal principio. Che per gli incontri tra Nazionali è l'inno: quello italiano, poi quello paraguagio. Camoranesi, «El Tata» Martino, Barrios e Santana vorrebbero ascoltare «¡Oíd, mortales!», ma fa nulla: Archundia fischia, inizia il Mondiale italiano. Gli Azzurri prendono subito in mano le redini della partita, distribuendo il gioco sulle fasce: Pepe a destra e Iaquinta a sinistra, nel 4-2-3-1 iniziale, godono del supporto dei terzini (più Criscito di Zambrotta, con il genoano bene anche in fase di ripiegamento) e producono alcuni interessanti traversoni su cui Gilardino non viene però pervenuto. Con il passare dei minuti emergono le lacune della coppia centrale, in seria difficoltà quando costretta ad impostare perché impossibilitata a servire De Rossi e Montolivo, ma l'Italia continua a fare la partita e propone alcune variazioni tattiche per ovviare all'arcigna difesa dell'Albirroja: Marchisio si defila a sinistra, consentendo a Iaquinta di stringere al centro per far coppia con Gilardino. Con il primo 4-4-2 l'Italia pare andar meglio: Iaquinta porta chili e centimetri in area, lasciando a Marchisio ogni compito di copertura. Insomma, quando mancano ormai pochi minuti al termine della prima frazione l'andazzo dell'incontro è chiaro a tutti, con l'Italia che schiaccia il Paraguay nella propria metà campo ed i biancorossi capaci in fase difensiva ma a disagio quando si tratta di ripartire. Perché la partita si sblocchi, come spesso accade, è sufficiente un episodio: in questo caso un calcio di punizione in cui la retroguardia azzurra va a chiudersi nell'area piccola, consentendo ad Alcaraz (un firma con la Fiorentina nel 2002, poi cancellata dal fallimento della Viola) l'inzuccata del vantaggio. Intervallo amaro, con Lippi costretto ad utilizzare il primo cambio - Buffon e il nervo sciatico, accidenti! - ma determinato a rimettere in piedi l'incontro passando al 4-3-3.
Il secondo tempo inizia con Pepe a sinistra, Iaquinta a destra e Marchisio nuovamente a centrocampo, anche se solo per pochi minuti: l'esperimento-trequartista proprio non va, e così l'ingresso di Camoranesi al posto di Marchisio riporta l'Italia al tanto amato 4-4-2, con Iaquinta finalmente libero di appoggiarsi ad un centravanti, nonostante quella di Gilardino sia una serataccia. Non che alla punta juventina vada meglio: in difficoltà sull'esterno, sempre alla ricerca di un dribbling che non arriva, combina davvero pochissimo riuscendo comunque ad ottenere fiducia da Lippi, che gli regalerà 90'. Dicevamo del 4-4-2, che permette all'Italia di proseguire l'opera sugli esterni, ora diretta dal più idoneo Camoranesi. Nonostante tutto il buon lavoro degli Azzurri, perché il pareggio arrivi è necessaria un'uscita a farfalle di Villar, che consente a De Rossi d'insaccare il pallone in rete. E qui bisogna riaprire la parentesi su Pepe: l'angolo nasce grazie ad un filtrante di Iaquinta a lui indirizzato ma chiuso in corner dal difensore paraguaiano, e proprio quando la palla esce Pepe si avventa sulla sfera e la posiziona sulla lunetta del calcio d'angolo, rapido e affamato, perché il pareggio è prima di tutto un dovere, e poi anche un piacere da condividere con gli umidi - diluvio su Città del Capo, e c'era anche il rischio di un esordio imbiancato dalla neve - abbracci dei compagni.
Tutto questo avviene al 63', con mezz'ora (recupero compreso) di gioco davanti, ma le gambe si fanno più pesanti ed i maratoneti perdono lucidità. Rimane un Cannavaro in grande spolvero, con Zambrotta che volentieri affonda a destra per rievocare i trascorsi juventini comuni al compagno d'azzurro Camoranesi, mentre «El Tata» Martinez butta nella mischia gli acciaccati Santa Cruz e Cardozo alla ricerca di un clamoroso gol della beffa. Per sua sfortuna, Marchetti rimane inoperoso: è 1-1.
Focalizzando l'attenzione sull'Italia, inutile sottolineare l'inadeguatezza del 4-2-3-1: Marchisio è un pesce fuor d'acqua in quella posizione, mentre Iaquinta non garantisce un sufficiente contributo in fase di non possesso. Meglio, molto meglio con il classico 4-4-2: Pepe a sinistra ha dimostrato di saperci stare, mentre Camoranesi ingranerà man mano o perderà il posto in favore di Maggio. Nota positivissima, la spinta dei terzini: Criscito prima, Zambrotta poi, si sovrappongono in continuazione, creando situazioni interessanti sulle corsie esterne da cui potrebbe trarre enorme vantaggio Pazzini, colpitore di testa superiore a Gilardino. Conclusione dedicata a Montolivo, perché il ragazzo ha doti indiscutibili, ma anche stavolta gli è mancata la personalità necessaria a questi livelli: il ritorno di Pirlo dovrebbe risolvere il problema, visto e considerato il roccioso De Rossi con cui avrà la fortuna di far coppia.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

Promossi&Bocciati di Italia-Paraguay: Pepe ha una fame da lupi, Iaquinta non è... Eto'o



L'Italia: La condizione, come previsto, è arrivata proprio in concomitanza con l'esordio. Contro il Paraguay l'Italia sfodera una gran prestazione, contraddistinta da una fame che c'è ancora e dall'orgoglio dei campioni del mondo: il vantaggio dell'«Albirroja» è una casualità, il dominio azzurro un dato di fatto. Peccato solo per il pareggio: con tre punti in tasca, il prima nel girone sarebbe stato ipotecato. Voto 7

Pepe: Sa di non avere la delicatezza di tocco di Maradona, ma neppure di Pirlo, però ha una fame da lupi: corre come un pazzo, si sbraccia, urla ed ha anche il merito di battere il calcio d'angolo da cui scaturisce il gol di De Rossi. Voto 6,5

De Rossi: Ormai ci ha preso gusto: reduce dalla più prolifica stagione della propria carriera, continua ad infilare palloni in rete. Stavolta, complice l'uscita a farfalle di Villar, il gol vale un meritatissimo pareggio, che anzi va stretto ad un'Italia davvero convincente. Il tutto, ovviamente, corredato dal solito lavoro in fase d'interdizione e pure da qualche gustoso dribbling. Voto 7

Iaquinta: Parte largo a sinistra, ma non è certo Eto'o. Niente fase difensiva, quindi. Al cross ci va poco e male, sempre alla ricerca di un dribbling che non arriva: a volte s'incaponisce, finendo per nuocere alla squadra. Vogliamo trovargli un merito? L'aver messo lo zampino nel gol del pari: il calcio d'angolo poi trasformato in gol da De Rossi è frutto di un suo filtrante per Pepe intercettato da un difensore paraguaiano. Voto 5,5

Criscito: Non tradisce l'emozione dell'esordio mondiale, rendendosi protagonista di un primo tempo davvero positivo: attento in chiusura, non disdegna la sovrapposizione finalizzata al cross. Nella ripresa cala, ma per lui si tratta di un gran giorno. Voto 6

Marchisio: Non è un trequartista, e stavolta dovrebbe averlo capito anche Lippi. In difficoltà sin dall'inizio, si cerca la posizione a sinistra, contrariamente alle indicazioni del c.t. Non combina praticamente nulla: Lippi lo sostituisce, lui esce mestamente dopo aver fatto comunque tutto il possibile per la squadra. Voto 5,5

Cannavaro: Di triplicare la «a» non è ancora giunto il momento, ma il difensore ammirato contro il Paraguay è solo un lontano parente dell'attempato centrale juventino. Rispolvera l'anticipo dei tempi d'oro, legge bene le azioni avversarie e sfodera un'esperienza accumulata in anni ed anni di grandissimo calcio. Voto 6

Il Paraguay: Ringraziare Alcaraz è imperativo: senza il suo gol, adesso staremmo parlando di un logico e meritato ko paraguagio. Troppa grinta, poca testa: poche azioni, per giunta confuse, ed un quantitativo di interventi tanto duri quanto evitabili inadatto ad una festa di calcio quale è il mondiale. Voto 5

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

lunedì 14 giugno 2010

Olanda-Danimarca 2-0: 46' Agger (autogol), 85' Kuyt.



OLANDA (4-2-3-1): Stekelenburg; Van der Wiel, Heitinga, Mathijsen, Van Bronckhorst; Van Bommel, De Jong (dal 43' s.t. De Zeeuw); Kuyt, Sneijder, Van der Vaart (dal 23' s.t. Elia); Van Persie (dal 32' s.t. Afellay). (Vorm, Boschker, Boulahrouz, Ooijer, Braafheid, Schaars, Babel, Robben, Huntelaar). All.: Van Marwijk.

DANIMARCA (4-4-1-1): Sorensen; Jacobsen, Kjaer, Agger, S. Poulsen; Rommedhal, Jorgensen, C. Poulsen, Enevoldsen (dall'11' s.t. Gronkjaer); Kahlenberg (dal 28' s.t. Eriksen); Bendtner (dal 17' s.t. Beckmann). (Andersen, Christiansen, Kvist, Kroldrup, Mtiliga, J. Poulsen, Jensen, Tomasson, Larsen). All.: Olsen.

ARBITRO: Lannoy (Fra).

NOTE: spettatori 65 mila circa. Ammoniti De Jong, Van Persie e Kjaer per gioco falloso. Angoli: 6-2. Recupero: 0' e 3'.

E se... Lo so, lo so, con i «se» e con i «ma» non si fa la storia, neppure quella calcistica, ma se la maldestra capocciata di Simon Busk Poulsen non avesse trovato la schiena del tatuatissimo Agger sulla sua traiettoria, adesso staremmo probabilmente parlando dell'ennesimo, sonnacchioso 0-0 di un Mondiale che stenta a decollare. In questo caso, però, ci sarebbe stato qualcuno cui fare i complimenti: Morten Olsen, capace d'imbrigliare gli attaccanti olandesi, anche se solo per un tempo. Gabbia su Sneijder, cervello oranje spesso e malvolentieri obbligato a far ritorno nella propria metà campo per ricevere il pallone, ed annullamento del terzetto posto alle spalle di un van Persie ben contenuto da Kjær ed Agger: difesa e centrocampo stretti e compatti, gioco tra le linee azzerato e prima frazione conclusa sullo 0-0 senza alcun brivido per Sørensen. Certo, se ci fosse stato Robben...
Poi il gioco riprende, e S. B. Poulsen, nessuna parentela con lo juventino Christian (eccellente in fase di non possesso: nulla a che fare con la sprovveduta mezzala bianconera), combina la frittata: van Persie danza sull'esterno, crossa, lui incoccia il pallone che rimbalza sulla schiena di Agger, bacia il palo e s'insacca in rete. Panico danese. Il piano di difesa ad oltranza è andato a farsi friggere - abbiamo parlato di frittata poche righe fa, no? -, e d'imbastire un'azione d'attacco gli uomini di Olsen non paiono capaci: la vena di Rommedahl, qualche cross interessante nel primo tempo, si estingue, e con Bendtner fuori per problemi muscolari si spengono le ultime, flebili speranze di rimonta. Anziché approfittare dei dilemmi offensivi di Olsen (che si giocherà anche la carta Eriksen, '92 in forza all'Ajax), l'Olanda si limita ad amministrare il vantaggio senza neppure troppa convinzione, lasciando alle memorie degli spettatori il compito di ricordare il bel gioco espresso nel cammino premondiale. Qualche spunto di Elia, che proprizia il gol di Kuyt, poi poco altro: bisogna cambiare registro per ripresentarsi al Soccer City di Johannesburg l'11 luglio.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Mondiali di Calcio 2010

Germania-Australia 4-0


GERMANIA (4-2-3-1): Neuer; Lahm, Mertesacker, Friedrich, Badstuber; Khedira, Schwinsteiger; Müller, Özil (dal 28' s.t. Gomez), Podolski (dal 35' s.t. Marin); Klose (dal 26' s.t. Cacau). (Wiese, Butt, Jansen, Aogo, Tasci, J. Boateng, Kroos, Kiessling, Trochowski). All.: Löw.

AUSTRALIA (4-4-2): Schwarzer; Wilkshire, Neill, Moore, Chipperfield; Emerton (dal 28' s.t. Jedinak), Valeri, Grella (dal 1' s.t. Holman), Culina; R. Garcia (dal 19' s.t. Rukavytsya), Cahill. (Federici, Galekovic, Beauchamp, Milligan, Carney, Kewell, Vidosic, Bresciano, Kennedy). All.: Verbeek.

ARBITRO: Rodriguez (Messico).

NOTE: spettatori 62.660. Espulso Cahill (A) all'11' s.t. per gioco scorretto. Ammoniti Özil e Cacau per comp. non reg., Moore per proteste, Neill e Valeri per gioco scorretto. Angoli 4-7. Tiri in porta 10-2. Tiri fuori 6-8. In fuorigioco 7-1. Recuperi 1' p.t., 3' s.t.

Toh, guarda chi è arrivato in Sudafrica con qualche giorno di ritardo: il gioco del calcio, sì, proprio lui. Evidentemente non c'era spazio sugli aerei dell'Algeria e della Slovenia, magari la crisi greca gli ha impedito di salpare alla volta del continente nero, oppure Domenech ha ritenuto inopportuno portarselo appresso a causa della sfavorevoli previsioni astrologiche. Fatto sta che, in un modo o nell'altro, è riuscito a scroccare un passaggio alla Fußballnationalmannschaft: Löw, evidentemente, non ha avuto il buon cuore di lasciarlo a casa, ed i tanti giocherelloni che compongono la selezione tedesca hanno accolto con gioia l'inaspettato compagno di viaggio.
Contro l'Australia, disposta in campo secondo gli antichi dettami di Hiddink ma opinabilmente diretta da Verbeek, i teutonici hanno avuto vita facile. Dopo la fortuita occasione capitata a Garcia in avvio, propriziata dalla marcatura a uomo tedesca in occasione del primo corner dell'incontro, la Germania ha iniziato a fare il proprio gioco: nulla di eccezionale, non c'era mica l'Olanda del '74 in campo, ma almeno si trattava di calcio. Fraseggio, esterni che allargano il campo e pallone in profondità ogniqualvolta si apre un varco nell'incerta difesa australiana, mai in grado nell'arco dell'incontro di salire a tempo e mettere in fuorigioco i tedeschi, che dopo soli 8' sono già in vantaggio con Podolski: filtrante di Özil per Müller, che vede il compagno libero sul secondo palo e lo serve senza esitazioni. Forte del vantaggio, la Germania continua ad amministrare il possesso della sfera, sempre pronta ad infilare la sonnacchiosa difesa dei Socceroos: basta una fiammata per mandare in tilt Neill e Moore. Segna Klose, che si divora almeno altri due gol, ma l'Australia sembra accontentarsi del risultato, rinunciando al pressing e limitandosi a ribadire il proprio 4-4-2 attendista che nonostante tutto lascia parecchi spazi agli avversari, imperterriti nell'attaccare lo spazio alle spalle della difesa.
Nel secondo tempo, complice l'ingiusta espulsione di Cahill, la fatiscente baracca australiana crolla. Le gambe non ci sono più, la testa pare non esserci mai stata (come spiegare, altrimenti, le numerose incomprensioni al momento di far scattare la trappola del fuorigioco?), ed i tedeschi ne approfittano per allietare la platea: il fraseggio si fa più stretto, e gli inserimenti di Özil e soci mandano nel pallone la retroguardia australiana, che concede il tris a Müller. Chiude i conti Cacau, servito dal solito Özil - a Gelsenkirchen ancora si mangiano le mani - a tu per tu con Schwarzer.
Detto dell'andamento della partita, si può porre l'attenzione sulla Germania. Fresca, giovane e vivacissima: il melting pot (undici «stranieri» su ventitré convocati) pare aver spazzato via decenni di pragmatismo teutonico, ridisegnando una squadra vogliosa di raggiungere il successo con un occhio di riguardo allo spettacolo. Mesut Özil, classe 1988, è probabilmente il giocatore che meglio rappresenta la nuova filosofia di gioco tedesca, frutto di un meticoloso lavoro sui settori giovanili: figlio di turchi, nato in Germania, un bagaglio tecnico di prim'ordine da mettere a disposizione dei compagni festanti. Forse - diciamo probabilmente - l'11 luglio non saranno loro ad alzare la coppa, ma questo è comunque un giorno pieno di significato per il calcio tedesco: la prima rappresentazione a livello di Nazionale maggiore della scuola calcistica attualmente campione d'Europa a livello Under 17, 19 e 21.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Mondiali di calcio 2010

domenica 13 giugno 2010

Argentina-Nigeria 1-0: Heinze manda subito in delirio Maradona! La Nigeria ci prova, l'Albicelestre regge



Tre punti per l'Argentina, ottenuti grazie ad un errore difensivo avversario e poco più. Alla
squadra manca l'amalgama, e Maradona se n'è accorto: forse le amichevoli servivano, ma ormai è già tempo di Mondiale. La Nigeria, dal canto suo, può dividersi tra coloro che ringrazieranno Enyeama e chi, invece, se la prenderà col nullo altruismo di Odemwingie e la scarsa mira di Uche.

In campo - Dopo i capricci a forma di 3-4-3 senz'ali né terzini, Diego Maradona vira su un più accorto e soprattutto logico 4-2-3-1: per spiegare il calcio i numeri non servono granché, ma in questo caso è opportuno farvi riferimento. L'atomico attacco composto da Messi, Higuain, Tevez e Di Maria (ma non Milito) si troverà a godere delle invenzioni di Veron, spalle coperte da Mascherano e libero di orchestrare la manovra. Gutierrez terzino a destra, Heinze sulla corsia opposta e Romero in porta, questa l'Argentina anti-Nigeria. Le «Super Aquile» rispondono con un coraggioso 4-3-3: Obinna, Yakubu e Obasi a comporre il tridente, Etuhu davanti alla difesa, mentre i terzini saranno Odiah e Taiwo. In porta Enyeama, 27enne in forza agli israeliani dell'Hapoel Tel Aviv.

Si gioca - Il tempo di disporsi in campo e provare qualche iniziativa individuale (vero, Leo?) che l'Argentina sblocca il risultato: 6' sul cronometro, Heinze colpisce di testa indisturbato all'altezza del dischetto e fa 1-0. La partita, che offre pochi spunti tattici - Messi centrale, Higuain largo a destra e 4-2-fantasia ben rappresentato dagli uomini di Maradona - e si limita alle fiammate inidivudali: Obasi, che in fase di non possesso scala a centrocampo per rinfoltire la linea mediana, ci prova in un paio di occasioni, senza successo. Dall'altra parte Messi, in barba al mese di giugno, si diletta nello slalom: al suo cospetto una marea di paletti verdi, immobili, quasi timorosi di nuocere ad un tale prodigio. L'unico nigeriano che prova ad ostacolare l'Argentina è il portiere Enyeama, bravo nel negare a Messi la gioia del gol in un paio d'occasioni, per il resto la Nigeria non oppone quasi resistenza agli avversari vestiti di biancoceleste, che si limitano ad amministrare il - meritato, sia ben chiaro - vantaggio.

Dopo un avvio di ripresa tanto simile alla conclusione del primo tempo, Lagerbäck sceglie di cambiare volto al suo poco prolifico attacco: fuori Obinna (52') ed Obasi (60'), dentro Martins e Odemwingie. Complice l'appisolamento degli argentini che si palesa nell'incomprensibile rinuncia alla gestione della sfera, la Nigeria si riversa in attacco alla disordinata ricerca del pareggio: ci provano Taiwo e Martins, ma gli stonati assoli di Odemwingie spesso vanificano le già claudicanti trame offensive delle «Super Aquile», a serio rischio ko in contropiede e non, data l'incostistenza difensiva. Nonostante tutto, la Selección riesce ad assicurarsi i tre punti, per la gioia di Maradona, oggi in versione raccattapalle.

La chicca - Il duello tra Messi ed Enyeama è uno dei pochi spunti interessanti del match: l'estremo - unico? - difensore della Nigeria nega ripetutamente il gol alla «Pulce», sfoderando interventi di livello.

La chiave - L'errore difensivo nigeriano in occasione del gol di Heinze. Senza di esso, l'inconcludenza delle due contendenti ci avrebbe «regalato» uno pareggio con gli occhiali.

Top&Flop - Enyeama è una saracinesca, ma la difesa sa di tonno: si taglia con un grissino. Martins prova a dare la scossa, mentre Odemwingie soffre di amnesie temporanee: a tratti, dimenticati che a calcio si gioca in undici. Argentina: Messi dribblomane; Higuain, Tevez e Di Maria mai in partita. Heinze decisivo. Maradona: perché Milito così tardi?

Antonio Giusto

TABELLINO

ARGENTINA-NIGERIA 1-0

MARCATORI: 6' Heinze

ARGENTINA (4-2-3-1): Romero 6; Gutierrez 6, Demichelis 6, Samuel 6, Heinze 6.5; Mascherano 6, Veron 6.5 (dal 75' Maxi Rodriguez 6); Di Maria 5 (dall'85' Burdisso s.v.), Messi 6.5, Tevez 5.5; Higuain 5 (dal 79' Milito 6). All.: Maradona 5

NIGERIA (4-3-3): Enyeama 7.5; Odiah 5, Yobo 5,5, Shittu 5, Taiwo 6 (dal 75' Uche 5,5); Haruna 5, Etuhu 5.5, Kaita 5; Obinna 5 (dal 52' Martins 6), Yakubu 5, Obasi 6 (dal 60' Odemwingie 5.5). All.: Lagerbäck 5

ARBITRO: Stark (Germania) 6.5

AMMONITI: Gutierrez (A), Haruna (N)

Fonte: Goal.com

sabato 12 giugno 2010

Uruguay-Francia 0-0



URUGUAY (3-4-1-2) Muslera; Victorino, Lugano, Godin; M.Pereira, D.Perez (dal 43' s.t. Eguren), Arevalo, A.Pereira; N.Gonzalez (dal 18' s.t. Lodeiro); Suarez (dal 29' s.t. Abreu), Forlan. (Castillo, Silva, Fucile, Gargano, Cavani, Scotti, A.Fernandez, S.Fernandez, Caceres). All. Tabarez.

FRANCIA (4-2-3-1) Lloris; Sagna, Gallas, Abidal, Evra; Toulalan, Diaby; Govou (dal 40' s. t. Gignac), Gourcuff (dal 30' s.t. Malouda), Ribery; Anelka (dal 27' s. t. Henry). (Mandanda, Carrasso, Reveillere, Planus, D.Cissè, Squillaci, A. Diarra, Valbuena, Clichy). All. Domenech.

ARBITRO Nishimura (Giappone).

NOTE espulso Lodeiro al 36' s.t. per doppia ammonizione (c.n.r e gioco scorretto). Ammoniti: Victorino per gioco scorretto, Lugano per proteste, Evra, Ribery e Toulalan per gioco scorretto. Spettatori 64.100. Angoli 0-4. Tiri in porta 4-2. Tiri fuori 3-7. In fuorigioco 3-2. Recuperi 1' p.t.; s.t 3'.

Domenech, pourquoi? Convocazioni astrologiche, hotel extralusso e spogliatoio compatto: contro di lui, però. Nella «prima» della Francia al Mondiale sudafricano, i mille dissidi interni finiscono col ripercuotersi sul terreno di gioco del Green Point Stadium di Città del Capo. Complici - involontari, a dirla tutta - della magra figura transalpina, gli uruguagi di Forlan e poco altro: le lacune della Celeste sono parse evidenti, e non basta certo la garra charrúa ad arginarle, anzi - vedasi, in proposito, l'espulsione di Lodeiro, maturata in venti minuti scarsi di gioco.
Venendo al racconto della partita, balza immediatamente agli occhi la bislacca scelta fatta da Domenech per scavalcare la muraglia umana di centrocampisti eretta da Tabarez: lancio lungo per Anelka, di cui si prende cura l'armadio - e capitano uruguagio - Lugano, uno che di testa ha pochi rivali, ed Anelka non fa certo parte di questo ristretto club. Con il passare dei minuti alla Francia si apre qualche spiraglio, ma l'assenza di idee riduce i transalpini ad una serie di iniziative individuali cui Eupalla nega la grazia: Ribery e Gourcuff ci provano vanamente, Govou neppure quello, ed i polmoni dell'inedita ma efficace coppia composta da Toulalan e Diaby non ringraziano di certo. Tra gli uruguagi si mette in mostra Victorino, abile nello sbrogliare qualche situazione dai possibili risvolti negativi, mentre Forlan deve giocare per due: Luis Suarez è un ectoplasma, sembra il gemello bidone del capocannoniere dell'Eredivisie. Il pareggio «con gli occhiali» che sigilla il primo tempo ci sta tutto.
Perché il risultato si sblocchi è necessario l'ingresso di una punta: ci sarebbe Benzema, peccato sia stato lasciato a casa. Quindi Domenech vira su Henry, che subentra al poco partecipe Anelka (tutto, ma non centravanti nel 4-2-3-1) senza però lasciare il segno. Segue qualche incomprensione tattica con l'ingresso di Malouda al posto di uno spento - e troppo poco carismatico? A Milanello non lo rimpiange nessuno - Gourcuff: Ribery va al centro, in un ruolo a lui poco gradito per sua stessa ammissione ed in cui, difatti, non combina granché. Nel frattempo l'Uruguay ha sì sfiorato il gol con una volée di Forlan, ma è anche rimasto in inferiorità numerica: Lodeiro, ventun'anni certificati da una sciocchezza inammisibile per chi prende parte ad un campionato del mondo, è fuori. L'asso nella manica di Domenech, sfoderato quando ormai al termine manca pochissimo, si chiama Gignac: ci sarebbe da discutere sulla tardiva sostituzione di un impalpabile Govou, del dislocamento di Malouda a destra e di qualcos'altro, ma il recupero si esaurisce attorno ad una punizione dai 25 metri calciata da Henry sulla testa tutta matta del «Loco» Abreu, subentrato a Suarez. A proposito di Suarez: chi ne auspicava una staffetta con Cavani è rimasto deluso, così come gli altri «italiani» facenti parte della selezione uruguagia, tutti lasciati in panchina da Tabarez.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Mondiali di Calcio 2010