venerdì 29 febbraio 2008

Questo Siviglia è Fabuloso

Nuova collaborazione con l’amico Valentino Tola, curatore dell’ottimo Calcio Spagnolo. Stavolta il tema trattato è il Siviglia (perfettamente analizzato da Valentino), con l’aggiunta di una breve figura di Luís Fabiano, questa ad opera mia.


ANALISI SIVIGLIA
Gli sviluppi accidentati della stagione in corso hanno rappresentato la sfida più ardua possibile per la dirigenza del Sevilla Futbol Club, negli ultimi anni dedita a pianificare con grande minuzia le tappe della progressiva ascesa di questo club nell’ èlite del calcio spagnolo ed europeo. Il primo imprevisto, a fine Agosto, quello più tragico e inaccettabile, la morte di Antonio Puerta, trascende inevitabilmente ogni considerazione legata al gioco, essendo un fatto che segnerà per sempre la memoria di tutti; a fine Ottobre, la fuga, veramente sconcertante nei tempi e nei modi, di Juande Ramos; infine, come filo conduttore di tutta una stagione, una serie impressionante di infortuni che ha scientificamente debilitato il reparto difensivo, specie con l’ assenza del capitano Javi Navarro, uomo-chiave nella guida della linea arretrata.
Ma, seppure tra tante difficoltà, un’ altalena di risultati e un’ evidente involuzione di gioco, il Sevilla non ha ceduto, poiché mantiene un nucleo, un progetto, un’ identità che prescindono dalle contingenze. Sembra infatti evidente la ripresa della squadra, lanciata verso la zona-Champions dopo lo strepitoso 5-0 casalingo al Zaragoza, anche se ancora attesa dal delicatissimo ritorno col Fenerbahçe, incrocio-chiave nella stagione: non pochi pensano che, passata questa, il Sevilla potrebbe davvero diventare la mina vagante della situazione, considerata l’ abilità degli andalusi nelle eliminatorie in due partite, testimoniata dalle due vittorie consecutive in Uefa.

Improvvisamente incaricato dell’ eredità di Juande Ramos, al timone si è trovato Manolo Jiménez: 44enne bandiera del club (recordman di presenze in Primera da giocatore), sette anni eccellenti alla guida della squadra B (dalla quale questo Sevilla ha tratto una delle basi fondamentali del suo progetto, i giovani), catapultato in prima squadra ha già avuto le sue buone critiche, critiche comunque mitigate dal suo provato e indiscutibile attaccamento ai colori del club.
Lo si è accusato di scarsa personalità, di una certa rigidità e di difensivismo… da parte mia possono essere discutibili la sua gestione della rosa (Juande era famoso per il suo turnover, Manolo praticamente non esce da quegli 11-14 giocatori: questo ha motivato un giocatore come Luis Fabiano , che non aveva mai sentito tanta fiducia attorno a sé, ma ne ha depresso altri che finiscono col sentirsi inutili alla causa e magari cambiano pure aria, vedi Kerzhakov. Bisogna inoltre vedere come questa politica inciderà sulle condizioni atletiche della squadra a fine stagione) e qualche ritardo o imprecisione nella lettura degli sviluppi del match (tipo l’ 1-1 casalingo nella Liga col Barça), ma non si può certo ricostruire una sua volontà di stravolgere la filosofia di gioco della squadra, essendo la sua gestione improntata, come logico, alla continuità.
Oltrettutto è ben difficile stabilire quanta parte degli alti e bassi del Sevilla in questa stagione sia da attribuire a sue precise responsabilità e quanto invece abbia fatto parte di una tendenza fisiologica intrinseca all’ organico e già peraltro intravista nell’ ultima fase della gestione-Juande.

Facendo un raffronto con la passata stagione, oltre al dato più evidente, e cioè che il Sevilla alla venticinquesima giornata della scorsa Liga si trovava primo in classifica mentre ora è quinto, si nota che la vera differenza risiede nel numero di gol subiti, da 23 a 33. Proprio dalla difesa, anzi dalla fase difensiva nel suo complesso, bisogna partire per analizzare i problemi attraversati dagli andalusi in questa stagione.
Il Sevilla ha accusato non di rado problemi di distanza fra i reparti: in particolare la difesa, spesso rimaneggiata e mai definita stabilmente nei suoi componenti a causa degli infortuni, priva dell’ importante leader di reparto Javi Navarro, non ha mostrato un sincronismo ideale coi movimenti del centrocampo, non accorciando e accompagnando quando questo alzava il pressing e quindi creando spazi invitanti fra le linee per gli avversari, che hanno potuto approfittare in più di un’ occasione di questa situazione andando a segno con incursioni dalla seconda linea o comunque trovando il tempo e lo spazio per dare l’ ultimo passaggio sulla trequarti.
Altro problema inatteso ma notevolissimo nelle sue dimensioni quello delle cosiddette palle inattive: incredibile la quantità di gol subiti quest’ anno su azioni da calcio piazzato, azioni che rappresentavano il fiore all’ occhiello della fase difensiva di Juande Ramos e che si sono convertite invece in una vera spina nel fianco per Manolo Jiménez, che sta cercando ad esso una soluzione cambiando il sistema di marcatura sui calci piazzati, che è passato dalla zona mista consolidatasi con Juande alla difesa a uomo e infine nelle ultime partite alla zona pura, sistema applicato piuttosto male nella sfida di Champions del Sukru Saraçoglu, vedi il gol di Diego Lugano.
L’ imperfetta distanza fra i reparti ha creato evidenti problemi anche nella fase di impostazione della manovra, che ha accusato una consistente involuzione specie a Gennaio ed inizio Febbraio. Con la difesa incaricata di avviare l’ azione, la distanza e gli appoggi insufficienti del centrocampo hanno tolto opzioni di passaggio praticabili e fluidità alla manovra, costringendo spesso i difensori (già di loro poco dotati nell’ impostazione, vedi soprattutto Mosquera) a rilanci approssimativi o nella peggiore delle ipotesi a cadere nella trappola del pressing alto avversario (vedi la sconfitta da pivelli di Bilbao), con Daniel Alves, unico difensore capace di portare palla nella metacampo avversaria, bersaglio sin troppo facile del pressing, spesso indotto a forzare la perdita del pallone e ad avviare così le pericolosissime ripartenze avversarie.
Problemi che comunque sembrano aver passato la loro fase di maggior acutezza (con l’ immeritata vittoria casalinga con l’ Osasuna come apice), e anzi il partitone col Zaragoza è un segnale più che mai incoraggiante sulla via del recupero dell’ eccellenza, quella che ha caratterizzato il Sevilla 2006-2007 e che in questa stagione si è potuta apprezzare oltre che nella citata goleada di sabato scorso (in assoluto la partita meglio giocata di tutta la Liga) soltanto in quei big match che hanno chiamato la squadra a dare il suo meglio, come le vittorie casalinghe con Real Madrid e Valencia o la vittoria in Champions contro l’ Arsenal.

L’ eccellenza del Sevilla si basa su tre parole d’ ordine essenziali: intensità, velocità e verticalità. Poche squadre in Europa come il Sevilla sono in grado di imprimere un tale ritmo al gioco e di ribaltare l’ azione con uguale velocità e profondità. Squadra dall’ anima sostanzialmente offensiva (anche se una delle sue forze è la capacità di sapersi adattare alle diverse esigenze di una partita, sapendo pure difendere più basso e ripartire in contropiede se del caso), soprattutto in casa, portata ad aggredire in pressing e ad attaccare con molti uomini, si distacca tuttavia dallo stereotipo classico della squadra spagnola, basando il suo gioco più che sulla ricerca del possesso-palla sulla straordinaria rapidità delle proprie transizioni.
Il modulo è un 4-4-2 classico, con la possibile variante del 4-4-1-1 con un centrocampista avanzato (generalmente Renato) a supporto di un’ unica punta, alternativa tattica comunque molto meno praticata da Jiménez rispetto a quanto non facesse Juande Ramos. Due esterni larghi a centrocampo, un terzino sempre proiettato all’ attacco (Dani Alves) a destra e uno più bloccato a sinistra, un centrocampista centrale portato ad aggredire alto in pressing e a inserirsi a rimorchio delle punte (Keita) ed un altro che rimane più basso a protezione della difesa (Poulsen), due attaccanti perfettamente integrati, Kanouté che viene incontro e tiene su palla sulla trequarti e Luis Fabiano che attacca maggiormente la profondità (pur essendo anch’ egli abile nel gioco spalle alla porta e capace di scambiarsi le mansioni con Kanouté).
Mentre le altre squadre tendono prevalentemente a dirottare sulle fasce mezzepunte o seconde punte portate ad accentrarsi, il Sevilla mantiene vivo il gusto per il gioco sulle fasce e le ali vecchio stampo, cercando insistentemente la massima ampiezza e profondità possibile coi suoi esterni di centrocampo. Ma l’ aspetto più originale del 4-4-2 sevillista è sicuramente l’ incidenza assolutamente non comune che ha la fascia destra sulla manovra di tutta la squadra. E’ da essa, non tanto dal cuore del centrocampo, che nascono le azioni più elaborate, non solo sovrapposizioni e cross ma anche triangolazioni e scambi stretti nelle zone interne.
Daniel Alves è l’ elemento che in fase di possesso rende anticonvenzionale questo 4-4-2, quasi il regista occulto della squadra, straordinariamente atipico nel trascinare la squadra dal ruolo di terzino destro. Il brasiliano ha un dialogo sempre fitto su quella fascia con Jesus Navas, e cerca le zone interne della trequarti ancor più spesso della sovrapposizione lungo la linea del fallo laterale. Da qui nasce mediamente la stragrande maggioranza delle azioni pericolose che il Sevilla costruisce, è la principale fonte di gioco.
Alternativa al dialogo palla a terra dalla destra, quando l’ avversario intasa la sua metacampo praticando un gioco meramente ostruzionistico (spesso al Sanchez Pizjuan si vedono le squadre ospiti schierare quasi un doppio terzino sulla sinistra in funzione anti-Alves&Navas), è il lancio a saltare il centrocampo alla ricerca diretta di Kanouté, che con la sua stazza è bravissimo a mettere giù palla spalle alla porta e a mantenerne il possesso a favore dei compagni.
Il Sevilla sa assicurare una discreta varietà di soluzioni alla sua manovra, alternando gli scambi corti alle palle lunghe: un classico la giocata che prevede il lancio immediato di Alves (sempre lui) alla ricerca dello scatto di Luis Fabiano o Kanouté nella zona alle spalle dei due centrali difensivi avversari, schema col tempo talmente ben affinato che rende abbastanza sconsigliabile per gli avversari del Sevilla l’ utilizzo di una difesa alta.

------------------------------------------Palop---------------------------------------------
Daniel Alves--------------Mosquera--------Dragutinovic-----------------------Adriano
Jesus Navas------------------Poulsen----------Keita----------------------Diego Capel
------------------------------------Kanouté--------Luis Fabiano------------------------------

Altri giocatori. Portieri: De Sanctis. Difensori: Javi Navarro, Escudé, Fazio, José Crespo, Boulahrouz, Casado, Lolo. Centrocampisti: Maresca, Renato, De Mul, Duda, Alejandro Alfaro. Attaccanti: Chevanton, Arouna Koné, Juanjo.

DIFESA Come detto, problemi di stabilità. A parte Alves, sia Juande che Jiménez non hanno potuto quest’ anno consolidare una linea difensiva titolare (quella indicata nello schema sopra è puramente indicativa), e infatti ne sono scaturiti i noti problemi difensivi, originati più che dalle carenze dei singoli proprio dalla mancanza di affiatamento come blocco.
Molti infortuni, a cominciare da quello del capitano Javi Navarro (problema serio al ginocchio che perdura dall’ estate scorsa e ancora non si sa quando potrà trovare una soluzione), non un fenomeno sul piano qualitativo ma assai importante per la sua capacità di guidare i movimenti della linea difensiva e affidabile nella difesa delle “palle inattive”.
Molestato dagli infortuni anche Escudè (13 presenze), principale partner di Javi Navarro al centro della difesa nella scorsa stagione, out quasi per l’ intera prima parte della stagione. Centrale mancino ma anche terzino sinistro, il francese è elegante e abbastanza veloce, il più bravo dei centrali ad impostare l’ azione, ma gli manca un po’ di aggressività e di risolutezza negli interventi, è più portato alla copertura dell’ altro centrale che all’ anticipo.
Decisamente più aggressivo è Ivica Dragutinovic (19 presenze, 1 gol), terzino-centrale sinistro esattamente come Escudè ma con un’ interpretazione più fisica del ruolo. Venuto fuori alla distanza come giocatore di rendimento e di carisma, il serbo è personalmente preferibile al centro della difesa: sulla sinistra può essere molto utile in gare più difensive quando servono centimetri sulle palle alte e occorre blindare la fascia, ma quando gli si richiede di spingere le rilevanti doti di corsa non nascondono le carenze nel tocco. Grintoso e tenace, in alcuni casi un po’ brutale, “Drago” è aggressivo sull’ uomo, cerca l’ anticipo con molta frequenza, e a dispetto di ciò che la sua stazza (1,86x84) potrebbe suggerire, è rapido sul breve e piuttosto veloce nei recuperi.
Ha finito col ritagliarsi uno spazio significativo il colombiano Aquivaldo Mosquera (13 presenze): arrivato nelle ultime fasi del mercato estivo, “pecora nera” della gestione Juande (che le rarissime volte che lo metteva in campo, lo toglieva dopo il primo tempo), criticatissimo nelle sue prime partite (vedi il pasticciaccio combinato al Madrigal, dove regalò un rigore decisivo al Villarreal), a una prima impressione trasmette una forte sensazione di goffaggine, ma alla lunga sa sbrigarsela senza essere un fuoriclasse. Gli manca un po’ di agilità e reattività sul breve, ma è meno lento di quello che sembra. Forte e vigoroso nel contrasto, anche lui tende a rimanere in copertura più che ad aggredire alto, chiudendo gli spazi alle spalle di Alves. Estremamente impacciato nell’ impostazione del gioco dalle retrovie.
Dani Alves (21 presenze, 1 gol), lo abbiamo già anticipato, è il motore offensivo della squadra: terzino destro sui generis, esonda spesso e volentieri dalla sua zona spinto da un’ energia inesauribile, che lo porta a giocare 90 minuti a tutto campo da un’ area all’ altra mantenendo pure la lucidità per tentare giocate difficili, una cosa raramente vista sui campi di calcio. Uno dei grandi meriti di Juande Ramos è stato proprio quello di aver incanalato questa sua anarchia in un meccanismo tattico equilibrato, rendendola anzi un punto di forza e un elemento di imprevedibilità per gli avversari. Da buon terzino brasiliano, Alves ama molto meno difendere: reattivo e grintoso nell’ uno contro uno, tende tuttavia a entrare precipitosamente provocando falli ingenui, e mostra ricorrenti lacune nel gioco di posizione, specie quando si tratta di stringere sui cross provenienti dalla fascia opposta.
La cessione invernale di Hinkel ha lasciato senza sostituto di ruolo il brasiliano, tanto che nella recente partita con l’ Espanyol in sua assenza è stato adattato a terzino destro Adriano, che ha dalla sua il fatto di essere ambidestro. Adriano (19 presenze, 1 gol) che anche lui ha faticato a trovare continuità in questa stagione, essendo afflitto spesso da problemi muscolari che gli impediscono di mantenere la forma migliore. Velocissimo, capace di scappare all’ avversario sui due lati grazie al suo gioco ambidestro, dotato palla al piede ma capace anche di attaccare lo spazio, l’ ex Coritiba, solitamente esterno alto a sinistra, di questi tempi si sta adattando al ruolo di terzino con apprezzabile spirito di sacrificio e diligenza tattica.
Prima di due successivi infortuni si era guadagnato la titolarità sulla sinistra della difesa José Crespo (7 presenze), tornato disponibile solo di recente. Unico apporto “originale” della gestione-Jiménez, che lo ha meritatamente promosso in prima squadra, Crespo è un jolly in grado di coprire tutti i ruoli della difesa, al centro come sulle fasce. Ha ottime doti di difensore puro: destro naturale, specialista dell’ anticipo, molto aggressivo sull’ uomo, rapido, reattivo, buon allungo in velocità, ha ridotte attitudini offensive.
Scivolato un po’ in secondo piano rispetto a inizio stagione l’ argentino Fazio (15 presenze), che ancora deve completare la sua maturazione. Ha qualità indiscutibili: è concentrato, attento in marcatura, tempista, fortissimo nel gioco aereo (dall’ alto del suo 1,95x85 chili), calmo, ben piazzato e pulito negli interventi. L’ ampia falcata gli permette di tenere discretamente sulla lunga distanza, ma sul breve soffre parecchio giocatori più agili e rapidi. Ha inoltre la tendenza a rimanere un po’ troppo basso quando occorre accorciare e accompagnare il pressing del centrocampo.
Praticamente fuori dai giochi “il Cannibale” Boulahrouz (marcatore puro, centrale o terzino destro, spesso rozzo e scomposto), che in Liga ha giocato la miseria di 6 partite, l’ ultima delle quali per giunta risalente al lontano 31 Ottobre 2007, sconfitta 4- 3 in casa dell’ Atlético. Improbabile che possa venire acquistato definitivamente il suo cartellino dal Chelsea la prossima estate.
In porta, dopo l’ affidabile interregno di De Sanctis (7 presenze), è tornato dall’ infortunio Palop, a dire il vero tutt’ altro che impeccabile nella prima parte di questa stagione, specie se rapportato col Palop 2006-2007. Comunque, l’ ex Valencia ha mostrato buone cose nelle ultime sfide, specie in Champions col Fenerbahçe, e si prepara allo sprint finale col blaugrana Valdés per il posto di terzo portiere della Spagna al prossimo europeo.

CENTROCAMPO Meno determinante rispetto all’ anno scorso ma sempre di grande importanza l’ apporto di Poulsen (19 presenze, 3 reti), l’ equilibratore della squadra, incaricato di coprire gli spazi davanti alla difesa e se necessario disimpegnarsi come stopper aggiunto. E’ la sua presenza che permette ad Alves di godere della massima libertà di azione, assicurando il danese con le sue coperture sul centro-destra (in aiuto col centrale difensivo destro) una sorta di “effetto correttore” rispetto alle scorribande a briglia sciolta del vulcanico terzino brasiliano. Senso tattico e sostanza, ottimo gioco aereo, prestante e tosto nei contrasti (altro aspetto è la sua tendenza alla provocazione e al gioco sporco, ben noto anche se sottolineato oltremisura qua in Italia).
Se Poulsen è il centrocampista più tattico e di posizione, Seydou Keita (19 presenze, 2 gol) rappresenta il dinamismo e l’ intensità, con Alves è l’ altro polmone della squadra. Su livelli altissimi di rendimento sin dalle prime partite, ha sorpreso la sua facilità ad inserirsi nel contesto di una squadra che d’ altra parte ne esalta le impressionanti capacità atletiche. Sbalorditiva resistenza, lo trovi in tutte le zone del campo dalla sua area a quella avversaria, ha facilità di corsa, è poderoso nei contrasti, potente ma anche agile, formidabile nel portare il pressing sulla trequarti avversaria. Ma è un giocatore completo, valido anche quando non si tratta solo di distruggere il gioco altrui, si disimpegna con tranquillità palla al piede, ha visione di gioco e sa evitare i tocchi superflui. Notevole incursore, temibile per potenza e coordinazione la sua botta mancina, eccellente lo stacco aereo nell’ area avversaria. E’ una perla di centrocampista, sorprende che sia venuto fuori relativamente tardi per il grande calcio.
Dopo l’ opaca stagione scorsa, sta tornando un’ opzione valida il nostro Maresca (13 presenze, 1 gol) che ha dato buone risposte, specie nell’ ultima col Zaragoza, quando Jiménez gli ha chiesto di dare più respiro a una manovra involuta. I limiti di Maresca risiedono in una certa tendenza a creare disordini tattici in mezzo al campo (cosa che probabilmente rende consigliabile un suo utilizzo con due centrocampisti più difensivi a protezione) e nella scarsa attenzione alla fase difensiva.
Più “quadrato” tatticamente è il brasiliano Renato (19 presenze), giocatore geometrico e dal buon tocco, pericoloso coi suoi inserimenti in zona-gol quando viene schierato in appoggio a un’ unica punta, ma mai pienamente convincente in questi suoi anni al Sevilla. Deludente nell’ ultimo anno di Caparros e nel primo di Juande Ramos, ottimo nella prima parte del 2006-2007 ma poi calato nettamente, fino a recitare copioni modesti nelle ultime partite, avulso dalla manovra e quasi perso in una terra di nessuno in mezzo al campo, inutile ad entrambe le fasi.
A sinistra, la grande novità della stagione, l’ ultima perla della cantera locale, Diego Capel Trinidad (19 presenze, 2 gol), 20 anni e già molta attenzione da parte del C.T. Aragonés. Qui bisogna approfondire il discorso, per non fermarsi alla pur abbagliante apparenza.
Capel ha delle accelerazioni palla al piede devastanti, uno spunto diifficile da contenere nell’ uno contro uno e un sinistro molto calibrato nei cross. Però gioca ancora un calcio troppo legato all’ istinto, sembrano quasi mancargli le cognizioni basilari del gioco di squadra, e certo è che deve maturare ancora tantissimo prima di affermarsi come giocatore vero. Svanito l’ effetto-sorpresa i suoi movimenti rischiano di diventare ripetitivi: gli avversari cercano di non farlo girare e lo portano verso l’ interno, lui si perde sempre in qualche tocco di troppo, rallentando l’ azione e aiutando le difese avversarie a piazzarsi (anche se rimane sempre complicato da marcare per l’ esplosività, i cambi di direzione e l’ ottimo controllo di palla, prova ne siano i numerosi falli e cartellini che riesce a procurare ad ogni partita), quando invece chiedere un dai e vai al compagno e attaccare lo spazio senza palla aumenterebbe enormemente l’ efficacia delle sue azioni. In fase di possesso è poi sin troppo svagato, normalmente il terzino destro avversario trova un’ autostrada per sovrapporsi quando gioca lui.
Alternativa a Capel (e ad Adriano, non dimentichiamolo, il “boss” del ruolo sarebbe lui) il portoghese Duda (12 presenze), probabilmente non all’ altezza del contesto, raramente convincente. Il suo punto di forza è sicuramente il mancino, uno dei più calibrati di tutta la Liga, spettacolari i cross tagliati e insidiosissime le punizioni, ma a parte questo la limitata velocità e l’ assenza di spunto nell’ uno contro uno lo rendono poco funzionale in una squadra che basa tanto proprio sulla velocità delle transizioni offensive e sulla profondità degli esterni.
Qualità queste sublimate in Jesus Navas (23 presenze, 3 gol), colonna affermata della squadra nonostante i suoi 22 anni. Esterno destro leggero (1,70x60 kg), rapidissimo e sgusciante nell’ uno contro uno, micidiale quando ribalta l’ azione palla al piede in campo aperto, è un giocatore maturo e completo anche al di là della grande brillantezza dei suoi spunti, capace di coprire la sua fascia con grande continuità e applicazione per tutti i 90 minuti, anche in ripiegamento, dove dà una mano importantissima al terzino. Il suo neo sono i cross, sfornati in quantità industriali (è il giocatore che ne mette di più nella Liga) ma spesso di qualità rivedibile, e le conclusioni a rete, 9 volte su 10 davanti al portiere strozza il tiro indegnamente. L’ elevato dispendio atletico durante la stagione lo porta poi ad avere dei fisiologici periodi di appannamento, in cui perde lo slancio e la freschezza necessari per andare via all’ uomo.
Chiuso e trascurato, quasi un oggetto misterioso finora, il 21enne belga Tom De Mul (5 presenze, 3 sole dall’ inizio). Ala pura, forse non adattissimo al modulo del Sevilla lui che si è forgiato nel classico 4-3-3 dell’ Ajax, De Mul ha grande velocità e capacità di giocare in verticale senza troppi fronzoli, anche se ha poca fantasia e abilità nell’ uno contro uno, il suo gioco è piuttosto lineare, scatta e crossa (peraltro bene) senza grande varietà di soluzioni.

ATTACCO Kanouté (18 presenze, 8 gol) e Luis Fabiano (18 presenze, 19 gol!) sono forse la coppia d’ attacco al momento più affiatata del calcio europeo, dalle caratteristiche complementari e dai movimenti ormai perfettamente coordinati. Kanouté non sta confermando il ruolino realizzativo dell’ anno scorso (ma nel complesso della sua carriera non è mai stato uno sfondareti, anzi è proprio questo l’ aspetto che gli è mancato per consacrarsi fuoriclasse), ma mantiene più che mai intatta la sua importanza fondamentale nei meccanismi di gioco della squadra. Punto di riferimento offensivo, eccellente il suo lavoro fra le linee, viene incontro sulla trequarti e tiene palla con rara maestria, non è comune vedere giocatori della sua stazza (1,92x82) muoversi con tanta coordinazione ed eleganza. Complicatissimo da marcare spalle alla porta.
Luis Fabiano è in stato di grazia: giocatore umorale, ha bisogno di fiducia per esprimere al meglio il suo gioco, quest’ anno nessuno lo discute e infatti i risultati si vedono. Non è più il giocatore di indiscusso talento ma un po’ ombroso e scostante degli anni scorsi, al di là del tocco magico sottorete lo si nota più vivo e partecipe, più brillante dal punto di vista atletico (anche se non è e non sarà mai un velocista), si propone, si smarca e crea spazi. Finalizzatore micidiale, splendido nel colpo di testa in torsione, freddo davanti al portiere, che mette fuori causa scartandolo oppure facendo sfoggio del suo variegato repertorio tecnico, che va dalla rasoiata decisa al tocco sotto di gran classe. Raffinate doti di palleggio, molto abile negli scambi di prima.
Quasi inesistente finora l’ apporto di Arouna Koné (10 presenze, 1 gol), il grande colpo dell’ estate, sollecitato proprio di recente dal presidente Del Nido ad un rendimento più all’ altezza. Un patrimonio che non va dilapidato, può essere una carta importante in questo rush finale di stagione. Il 24enne ivoriano è un diamante grezzo: spettacolare agilità ed esplosività muscolare, gran cambio di marcia, discrete doti tecniche, non riesce tuttavia a mettere a frutto queste sue qualità con la concretezza e la continuità dovute. Generoso, mobile, ma un po’ individualista e sciupone, è una seconda punta che potrebbe fare cose interessanti anche come esterno di centrocampo, ha la predisposizione e le doti atletiche per svolgere il ruolo, il suo forte non è tanto il gol quanto piuttosto la creazione di occasioni per i compagni.
Chevanton (8 presenze, 1 gol, ma solo una gara da titolare) è stato recuperato da Jiménez dopo che con Juande i rapporti si erano deteriorati al punto tale che l’ uruguaiano era stato messo sul mercato la scorsa estate. Attaccante rapido e che cerca la profondità (un po’ come quel Kerzhakov inspiegabilmente ceduto), ancora non ha ripagato nemmeno una minima parte dell’ importante investimento effettuato su di lui.

P.S.: mi sono stati utilissimi nella preparazione di questo articolo gli spunti, soprattutto sui temi tattici, forniti dall’ eccellente blog “Sevillismo y mas futbol” (http://sevillismofutbol.blogspot.com) , che consiglio a tutti coloro che desiderano approfondimenti sul Sevilla (e non solo).
Valentino Tola


LUÍS FABIANO: STAGIONE FABULOSA
Se ti chiamano “O Fabuloso” un motivo deve pur esserci, e Luís Fabiano lo sta scoprendo in questa stagione, quella della sua definitiva – e tarda: 27 anni sono troppi per esplodere – consacrazione.
Esplosione tarda, sì, ma comunque avvenuta, visto che, con tutto ciò che ha passato, è già tanto che l’ex giocatore del San Paolo abbia avuto la forza di emergere. Sì, perché la vita di Luís Fabiano non è stata esattamente tutta rose e fiori, come dimostra anche l’episodio extracalcistico più recente legato al suo nome: venerdì scorso, mentre lui era all’allenamento, dei ladri si sono introdotti nella sua villa e, dopo aver minacciato sua moglie, che sfortunatamente si trovata in casa, con gli attrezzi del mestiere (in questo caso una pistola) si sono portati a casa soldi, orologi e gioielli. Luís, che a combattere con la sfortuna è però ormai abituato, ha tranquillizzato il suo allenatore, Manolo Jimenéz, ed è regolarmente sceso in campo sabato sera con il Saragozza. Contro i “Maños” ha sfogato la sua rabbia, ma in maniera utile, a differenza di quanto accadde un anno fa, quando la sua frustrazione si tramutò in una rissa – anche abbastanza comica, vista la totale incapacità di menar le mani sua e del suo avversario – con Carlos Diogo. Venerdì sera infatti il prodotto del vivaio del Guaranti, la squadra della sua città natale, Campinas, ha contribuito con due gol alla «miglior partita della stagione», parola di Andrés Palop, un altro a cui i ladri sono recentemente passati a far visita.
Dicevamo dei gol: il primo è la fotografia del suo opportunismo: è il più lesto (e l’unico, visto che Pavon ha fatto lo spettatore non pagante nei suoi 70 minuti in campo) ad avventarsi sul cross dalla trequarti destra di Daniel Alves. Cinque minuti dopo arriva anche un’altra fotografia, questa parecchio più bella: dopo uno doppio scambio con il solito Daniel Alves, l’ex giocatore del Porto finalizza con un magnifico tocco sotto a scavalcare César, migliore in campo dei suoi nonostante le cinque reti incassate, e ciò è tutto un dire. La gioia più grande però Luís Fabiano la prova forse nei quattro minuti che vanno dal 49’ al 53’, quando Diogo prima infila la propria porta per errore, poi si fa espellere.
Tornando a parlare delle tante difficoltà passate da Luís, prima non ho accennato a quella più grave: nel 2005, pochi mesi dopo la firma del suo contratto da $14m con il Porto, sua madre Sandra è stata rapita. I due si sono ritrovati sessantuno – tremendi – giorni dopo, fortunatamente senza conseguenze né per la mamma né per il portafogli del figlio, che ha però sofferto venerdì scorso.
Adesso però i suoi problemi sono finiti, e può concentrarsi solo sul Siviglia e sulla Scarpa d’oro, alla sua portata, vista i 19 gol in 18 partite messi a segno fino ad ora nella Liga.
Antonio Giusto

Fonte: SportBeat

giovedì 28 febbraio 2008

Javier Zanetti Compilation


Dopo il gol di ieri alla Roma, il capitano dell’Inter se la stramerita.

sabato 23 febbraio 2008

Eduardo guarsici presto


Come potete vedere, mi sono limitato ad un link per evitare di urtare la sensibilità dei lettori più sensibili del blog.
Nulla di eccessivamente originale da scrivere: auguro una pronta guarigione al brasiliano-croato e almeno otto giornate di squalifica - quante ne furono comminate a Roy Keane dopo l’intervento assassino ai danni di Alf-Inge Håland nel 2002 - a Taylor.

giovedì 21 febbraio 2008

Champions League: l’andata degli ottavi di finale


Nessuna sorpresa clamorosa nell’andata degli ottavi di finale di Champions League. Certo, la sconfitta dell’Inter ad Anfield fa rumore, ma non per il risultato in sé, bensì per come è maturato: l’espulsione di Materazzi da parte dell’arbitro belga De Bleeckere per doppia ammonizione - anche se molti arbitri, probabilmente, non avrebbero sventolato in faccia all’ex difensore dell’Everton neppure il giallo in nessuno dei due episodi incriminati - alla mezz’ora del primo tempo ha contribuito a diminuire in maniera esponenziale le possibilità di vittoria di un’Inter che fin lì non aveva comunque dimostrato ancora nulla. Il gol dei Reds è però arrivato molto tardi, considerando l’incredibile mole di tempo trascorso nella metà campo nerazzurra, ma all’85’ il destro di Kuyt ha battuto uno Júlio César fino a quel momento impeccabile. Cinque minuti dopo è arrivato anche il raddoppio, firmato Steven Gerrard, che costringerà l’Inter ad affrontare il Liverpool a San Siro con l’obbligo di segnare almeno tre gol (senza subirne) per passare ai quarti, da cui l’Inter è assente dal 2005. L’impresa è possibile, e la storia lo dimostra, ora bisognerà aspettare l’11 marzo (il 4 a San Siro sarà di scena il Milan) per vedere cosa accadrà.
A proposito di Milan: i rossoneri sono riusciti ad agguantare un buon pareggio in casa di un Arsenal sfortunatissimo nel finale, quando il colpo di testa da due passi di Adebayor s’è andato a schiantare sulla traversa. A San Siro il Milan avrà però un solo risultato su tre, visto che, in caso di pareggio con gol, a passare sarebbero i Gunners. E chissà che per una volta la voglia e la freschezza del baby Arsenal non possano avere la meglio sull’esperienza (e, va detto, la vecchiaia, soprattutto in difesa) del Milan.
La terza italiana, la Roma, è riuscita in quella che, a detta di molti, è un’impresa. Non proprio, visto che il Real all’Olimpico aveva già pareggiato con la Lazio (o con Goran Pandev, se preferite) e non sta vivendo un buon momento di forma in campionato, dove conta due sconfitte nelle ultime due trasferte giocate contro il modesto Betis - anche se il Manuel Ruiz de Lopera è un campo su cui i madrileni negli ultimi anni faticano fin troppo, vista l’evidente inferiorità dei Verdiblancos - e la sopresa Almería. Aggiungiamoci poi che la Roma all’Olimpico la scorsa stagione mise sotto anche il Manchester United e il fatto che con questo risultato al Real basterà un 1-0 al Bernabéu per superare il turno, e di impresa è impossibile parlare. Nota negativa: per l’ennesima volta a Roma si è ricorsi ad una lama per rendere noto al tifoso avversario che la squadra per cui tifa non è esattamente la benvenuta in città. E, a quanto pare, neppure stavolta ci saranno provvedimenti.
Detto delle italiane, le “big” straniere che non erano impegnate contro di esse non hanno esattamente rispettato le attese. Lo United non è andato oltre l’1-1, agguantato per giunta a cinque minuti dal termine, contro il Lione che schiera in attacco Benzema (quarta marcatura in Champions League per lui contro i Red Devils), ma non sta vivendo un gran momento di forma, come testimonia la sconfitta per 1-0 rimediata al Léon-Bollée di Le Mans nell’ultimo turno della Ligue 1.
Male anche il Chelsea, che non va oltre uno scialbo 0- 0 in casa dell’Olympiacos, anch’esso incapace di creare occasioni da gol nei 90’ - noiosissimi - minuti disputati martedì sera al Karaiskákis. Al ritorno la squadra di Grant (recentemente minacciato di morte dai soliti cretini antisemiti) dovrà per forza battere gli
Erithrolefki (biancorossi) del Pireo che, dopo una serie di 31 trasferte consecutive senza vincere in Europa, in questa stagione hanno decisamente invertito il trend, andando a vincere al Weserstadion prima e all’Olpimpico poi, con in mezzo un’immeritata sconfitta al Bernabéu.
Colpo, perché di colpo si tratta quando si riesce a trionfare in casa di una scozzese, del Barça, che espugna il Celtic Park dopo essere finita per due volte in svantaggio a causa dei go, biancoverdi di Vennegoor of Hesselink e Robson. Per i blaugrana ci pensa Messi, autore della doppietta decisiva inframezzata dal gran destro a giro di Henry. E il passaggio del Barça ai quarti è ormai in attesa solo dell’ufficialità.
Al Saraçoglu di Istanbul Semih Şentürk beffa il Siviglia all’87° minuto, ma per rimontare il 3-2 rimediato nell’inferno gialloblu al Siviglia sarà sufficiente vincere, anche con un semplice 1-0, al ritorno, che si giocherà al Sánchez Pizjuán, cioè in trasferta, per i turchi, che fuori dalle mura amiche non hanno mai visto in quest’edizione della Champions. Infine due righe sulla partita probabilmente meno importante (anche se tra le più incerte) del turno, Schalke-Porto. I tedeschi vincono 1-0 con gol di Kevin Kuranyi, e, se riusciranno ad uscire imbattuti dall’Estádio do Dragão, apporderanno per la prima volta della loro storia ai quarti di finale di Champions League.
Antonio Giusto

Fonte: SportBeat

mercoledì 20 febbraio 2008

mercoledì 13 febbraio 2008

Serie B nostrana? Meglio quella brasiliana

Le seconde divisioni di cui va in onda almeno una partita a settimana in Italia sono la Zweite Liga (Germania), la Coca-Cola Championship (Inghilterra) e… la seconda divisione brasiliana! Nulla da dire sulle prime due, ma fa riflettere il fatto che in TV trasmettano la serie B brasiliana e non quella italiana.
Io l’ho scoperto ieri, mentre mi apprestavo a seguire lo Speciale Serie B in onda su SportItalia. Ebbene, poco prima della trasmissione andava in onda Noroeste-Bragantino, iniziato alle 20:30, orario in cui iniziavano anche le partite di Serie B. Solo al termine della partita ho scoperto che si trattava di due squadre dell’equivalente brasiliano della nostra Serie B, che però in TV non ci và.
Il bello è che, anche in questa situazione, la B continua a giocare al sabato pomeriggio “per motivi televisivi”.

Solo critiche? No, anche qualche complimento. A chi? Allo spettacolo della 25ma giornata di Serie B, di cui trovate gli highlights qui.

lunedì 11 febbraio 2008

Il Werder ferma il Bayern all’Allianz Arena



In un’Allianz Arena gremita in ogni ordine di posti va in scena la sfida-schale della Bundesliga: prima contro seconda, Bayern contro Werder. All’andata, disputata al Weserstadion, finì 4-0 per gli uomini di Hitzfeld, era un altro Bayern, però, e dall’altra parte c’era un altro Werder.
Gli uomini di Schaaf si presentano a Monaco ben consci del fatto che hanno le carte in regola per vincere, anche se dopo la sconfitta interna subita contro il Bochum la scorsa settimana non si direbbe. Il Bayern sa che una vittoria significherebbe portarsi a +6 sugli inseguitori, ma va bene anche un pareggio, che lascerebbe invariato il distacco dal Werder.
Con questi presupposti ci si aspetta una partita spumeggiante, e così è. Il Werder si porta in vantaggio subito, con Diego, che dopo appena 6 minuti di gioco riceve il pallone da Rosenberg e, dopo aver superato due avversari sullo slancio, batte un incolpevole Oliver Kahn. Il Bayern prova allora a risvegliarsi, ed affida la sua reazione rabbiosa a Luca Toni. Il bomber di Pavullo nel Frignano prima frana su Wiese, convincendo Thorsten Kinhöfer, scelto a sorpresa per arbitrare il big match, a fischiare il rigore ed ammonire Wiese (seguiranno poi altri 8 cartellini gialli). Dal dischetto Toni dimostra di non essere propriamente un cecchino dagli 11 metri facendosi parare la conclusione da Wise, che due minuti dopo non può nulla quando è lo stesso Toni a servire Zé Roberto, che batte Wiese per il gol del pari. Le due squadre terminano alla grande il primo tempo, ma nella ripresa si ammansiscono, complici anche gli errori degli assistenti di Kinhöfer, che per due volte sbandierano a vuoto in occasioni da gol per i bavaresi. Il Werder, comunque, ha i suoi meriti, o meglio li ha Wiese, che respinge gli assalti della truppa biancorossa consentendo ai suoi di portarsi a casa un punto tutto sommato meritati che permette al Werder di restare in scia ai bavaresi e sognare l’aggancio.

venerdì 8 febbraio 2008

La Premier League si americanizza, la Serie A no



Dalla stagione 2010/11 anche la Premier League farà un tour all’estero, preferibilmente nel secondo weekend di gennaio. Per ora si parla di far giocare le partite di questo 39° in luoghi con fusi orari diversi, in modo da poter trasmettere le partite una dopo l’altra. L’unico paletto: niente big match.
Ecco, se la Premier prende esempio dagli americani – l’NBA, con l’Europe Tour, che quest’anno ha visto i Raptors di Bargnani sfidare prima i Boston Celtics di Kevin Garnett (match al quale ho assistito dal vivo) e poi la Lottomatica Rom, e la NFL, che ha fatto giocare Miami Dolphins e New York Giants nel nuovo Wembley ad ottobre – l’Italia resta per fatti suoi. A noi, che il campionato italiano possiamo gustarcelo dal vivo, non importerà più di tanto, ma per riempire le tasche delle società, questi tour andrebbero benissimo. Nessuno però ci penso, come avviene anche con l’All Star Game, che potrebbe essere giocato anche nel calcio, visto che nel volley e nel basket è all’ordine del giorno. Domenica 17 febbraio a New Orleans si sfideranno i migliori giocatori (scelti da pubblico) della NBA, in Italia, non essendoci questa distinzione tra nord e sud, si sfidano la selezione composta dai migliori italiani e quella dei migliori stranieri. Ecco, ora non resta che immaginare Kaká alle spalle di Ibrahimovic e Trezeguet a cercare di perforare una difesa composta da Buffon, Materazzi e Nesta. Avete immaginato? Vi è piaciuto? Non vedete l’ora di andare a comprare i biglietti? Mi dispiace per voi ma, sempre che questo accada, per assistere a questo spettacolo bisognerà aspettare ancora molto, molto tempo.

giovedì 7 febbraio 2008

Cristiano Ronaldo: «Il più forte sono io»



Cristiano Ronaldo: «Non ho bisogno di dimostrare che sono il numero uno al mondo perché durante la stagione è chiaro per tutti chi è davvero il più forte e se alla fine sarò eletto il migliore non sarà affatto una sorpresa per me». Adesso capisco perché non lo ha dimostrato ieri sera contro l’Italia.
Parlando seriamente, queste uscite, soprattutto dopo la già citata sconfitta di ieri con gli azzurri, andrebbero quantomeno evitate.

SuperMario Balotelli: magie di un futuro campione



Il sottoscritto è interista, quindi un video del genere dopo l'ennesima prodezza di Balotelli - ancora in gol Viareggio, stavolta contro il Cesena su punizione dopo la doppietta alla Cisco Roma - dovevate aspettarvelo.

martedì 5 febbraio 2008

Inter: favorita da tutti, anche dal giudice sportivo



Totti rifila quattro cazzotti a Manninger (a proposito, complimenti! L’austriaco è il primo giocatore che vedo non fare scena dopo un contatto fisico con l'avversario) e resta impunito. Vieira manda a cagare (scusate il linguaggio, ma è l’unico che rende l'idea) l’arbitro, come poi fatto anche da Saudati, anch’egli rimasto impunito, e prende due giornate di squalifica. Eh sì, l’Inter è proprio favorita, come dimostra la “classifica virtuale al netto delle moviole domenicali” stilata oggi dalla Gazzetta dello Sport: Juventus 48 punti; Inter e Roma 45; Milan 41; Fiorentina 36; Atalanta 33; Palermo, Sampdoria e Udinese 28; Napoli 27; Genoa 26; Reggina 25; Lazio 24; Livorno 23; Catania e Siena 21; Parma 19; Torino 18; Cagliari 16; Empoli 15. Non so se ridere o piangere.

lunedì 4 febbraio 2008

Kangaroo dance

Essien festeggia con la danza del canguro il gol alla Nigeria. Reuters

Michael Essien festeggia il gol dell’1-1 alla Nigeria con la kangaroo dance, balletto inventato dal centrocampista del Chelsea, ormai imitato in tutto il Ghana.

Binocular Soccer



Ridere fa bene, no? Quindi ecco a voi questo divertentissimo filmato di una partita di binocular soccer, paseudo-sport che definire divertente è dir poco.

Convocati per Italia-Portogallo



Portieri: Amelia (Livorno), De Sanctis (Siviglia)
Difensori: Barzagli (Palermo), Cannavaro (Real Madrid), Cassetti (Roma), Grosso (Lione), Materazzi (Inter), Oddo (Milan), Zambrotta (Barcellona)
Centrocampisti: Ambrosini (Milan), Aquilani (Roma), De Rossi (Roma), Perrotta (Roma), Pirlo (Milan), Semioli (Fiorentina)
Attaccanti: Borriello (Genoa), Di Natale (Udinese), Palladino (Juventus), Quagliarella (Udinese), Toni (Bayern Monaco)

Novità: una sola, Marco Borriello, che questa qualificazione se l’è strameritata. Per il resto, sempre il solito gruppo, stavolta però senza Buffon, ancora alle prese con il mal di schiena, che verrà sostituito da uno tra Amelia e De Sanctis. Sì, Morgan De Sanctis, che gioca in Spagna con il Siviglia, c’è. Un altro italiano impegnato in Spagna è Giuseppe Rossi, 10 gol in questa prima parte di stagione, in cui è stato assente per due mesi per un problema al ginocchio. Lui non c’è, come non c’è Emiliano Moretti, che ha scelto di andare all’estero da giovane e di restarvi, dicendo addio ad ogni singola possibilità di giocare in nazionale, e Rossi rischia di fare la stessa fine.
Sorvolando sull’assenza di Sereni, che la nazionale se la merita, colpiscono le mancate convocazioni di Cassano e Del Piero, al cui posto è stato convocato Palladino, che alla Juve gli fa da riserva. Speriamo che Cristiano Ronaldo & C. abbiano pietà, altrimenti si prospetta una figuraccia in terra svizzera.

domenica 3 febbraio 2008

Omaggio a Mané Garrincha

Vi avevo promesso più video in Calcio d'angolo, no? Ecco il primo, un omaggio a Garrincha.




LA SCHEDA (da Tuttosport del 3/2/2008)
Due Mondiali col Brasile Oltre 200 gol nel Botafogo
LA VITA Manoel Francisco dos Santos, detto Garrincha, nasce il 28 ottobre 1933 a Pau Grande, nello stato di Rio (Brasile). Sposato con Elsa Soares nel 1952, si separa nel 1965, dopo aver avuto 8 figli. Nel 1966 sposa la cantante Elsa Soares, da cui si separa nel 1977. Muore il 20 gennaio 1983 di cirrosi epatica.
NEI CLUB Alto 1 metro e 69, debutta da professionista con il Botafogo nel 1953. Vince il titolo carioca nel 1957, ’61 e ’62, quello di Rio-San Paolo nel ’62 e ’64. Segna 232 gol in 581 partite. Nel 1966 passa al Corinthians, con cui vince il titolo di Rio-San Paolo. Nel 1967 va alla Portuguesa Santista, nel 1968 all’Atletico Junior in Colombia e poi al Flamengo. Tra il 1969 e il 1971 gira l’Europa, giocando alcune partite con la Red Star Prigi. Nel 1972 torna in Brasile, all’Olaria, e nel 1973 lascia il calcio.
IN NAZIONALE Esordisce nel Brasile il 18 settembre del 1955 e gioca 41 partite. Segna 12 gol e vince il Campionato del Mondo nel 1958 e nel 1962. In quest’ultima edizione­ capocannoniere con 4 gol (con altri cinque giocatori) e miglior giocatore del torneo. Gioca l’ultima partita con la Seleçao il 15 luglio 1966.

Briatore: «Col calcio si guadagna solo in Inghilterra»



Flavio Bratore: «Il motivo è semplice. Se pos­siedi una grande fortuna e de­sideri che diventi una piccola fortuna, allora metti soldi nel calcio italiano. Se invece vuoi guadagnare, metti i soldi nel calcio inglese. È un principio basilare»
La mia traduzione: «Del calcio non me ne frega niente, l'importante è gudagnare»

Serve la moviola in campo


Paolo Tagliavento, protagonista in negativo di Inter-Empoli

L’Inter batte l’Empoli e, complice lo scivolone della Roma a Siena, si porta a +8 sui giallorossi. Vittoria che però Paolo Tagliavento (sopra) ha cercato di vanificare in più d’una occasione.

Il fischietto ternano al 33’ vede un fallo di mano di Vannucchi in area totalmente inesistente, ed accorda il rigore all’Inter. Ibrahimović trasforma, 1-0. Dopo il rigore però, a mio modesto parere, Tagliavento è stato informato da qualcuno (il quarto uomo?) che in quell’occasione poteva assegnare tutto fuorché la massima punizione, e lì cambia il modo di dirigere la partita. Il primo tra i calciatori - io, che sono tuttora convinto che se l’Inter avesse perso col Parma adesso avrebbe vinto (giocando in 11 contro 11 e senza annullamenti di gol regolarissimi) con l’Udinese, l’avevo immaginato nel momento in cui avevo visto il replay del fischio che aveva generato il rigore - a capirlo è Nicola Pozzi, che 5 minuti dopo il rosso per proteste a Vieira si tuffa in area pretendendo anche il rigore. Nella ripresa Tagliavento dà nuovamente prova di voler agevolare l’Empoli, non vedendo una nettissima deviazione su un tiro da fuori di Ibra che solo chi era in bagno durante l’azione non avrebbe visto. Nel finale però il fischietto di Terni si scatena: prima il rigore per l’Empoli, che, al massimo, poteva essere gioco pericoloso. Il rigore però Julio Cesar lo para, e Tagliavento è costretto a fare gli straordinari: mani di Pozzi in area. Sarebbe giallo, ma Tagliavento, tanto per cambiare, lo grazia. Semplice punizione per l’Inter, quindi, ma sul rinvio lungo si avventa Suazo, che, steso al limite dell’area, sente solo il «Non è successo nulla!» del solito Tagliavento. Al 46’, dopo aver assegnato 5 minuti di recupero, arriva il capolavoro: palla al centro dalla destra, nessun empolese la colpisce ed arriva un fischio dell’arbitro. Stizzito, Saudati allontana il pallone. Tagliavento gli mostra il giallo, lui risponde con un «Va’ a cagare!». Per la stessa frase Vieira aveva visto sventolarsi in faccia il rosso, Saudati invece resta in campo per tentare di rimediare all’errore dal dischetto. Non ce la fa, visto che finisce 1-0.
Serve la moviola in campo, che c’è già nel basket (lo scudetto del 2005 fu assegnato proprio grazie alla moviola), nel rugby e nel tennis (mi pare anche nella pallavolo, anche se non ne sono sicuro), ma servono soprattutto arbitri migliori.