giovedì 25 giugno 2009

Marcus Berg, il vichingo che sogna la Lazio



Torsby, contea di Värmland, Svezia centro-occidentale. Da questo cittadina sconosciuta ai più hanno spiccato il volo Sven-Göran Eriksson prima e Marcus Berg (sopra, con la maglia del Groningen) poi. Il primo verso una straordinaria carriera da allenatore che gli ha visto cogliere i maggiori successi con Lazio di fine anni ’90, alla cui guida vinse praticamente tutto (Scudetto, Coppa delle Coppe, Supercoppa Uefa, Coppa Italia e Supercoppa Italiana) e che nell’estate del 2000 ebbe la felice idea di portare in ritiro in Svezia, invitando tutti i giovani di Torsby («città di Thor», il dio del tuono per i vichinghi), tra cui un giovanissimo Marcus Berg, ad assistere agli allenamenti. Lì scatta la scintilla: il ragazzo s’innamora dei colori biancocelesti, senza più dimenticarli, dato che tutt’oggi dichiara candidamente di sognare di indossare, un giorno, la maglia della Lazio.
Ambizioni legittime, visto quanto fatto nell’ultimo triennio dal centravanti svedese, autore di 52 gol complessivi tra Göteborg e Groningen. Ma partiamo da più lontano, da quando Marcus e suo fratello Jonatan (classe 1985, centrocampista in forza al Gefle) militavano nell’IFK Velen prima e nel Torsby IF poi, club da cui passano entrambi al prestigioso IFK Göteborg, Jonatan nel 2002, Marcus l’anno dopo. Dopo la consueta trafila compiuta nelle selezioni giovanili, ad entrambi si spalancano le porte della prima squadra, e mentre Jonatan girovaga per Svezia in prestito (GAIS e Trelleborgs prima del Gefle), Marcus conquista un posto da titolare a suon di gol: 8 nella prima stagione, quattro dei quali in Intertoto. Nel 2006 va in doppia cifra (8 marcature in campionato), e l’anno successivo esplode definitivamente: 14 reti nell’Allsvenskan, che conclude da capocannoniere, alla pari con Razak Omotoyossi, e campione: i Blåvitt («biancoblu») tornano al titolo dopo 11 anni d’astinenza. Per Berg è ora di fare le valigie.
A scucire i 2,5 milioni di pounds richiesti dal Göteborg ci pensa il Groningen, alla ricerca di un sostituto di Luis Suarez, appena ceduto all’Ajax. In Olanda Berg si ambienta immediatamente, e lo dimostra sul campo da gioco, chiudendo la stagione a quota 16. Nell’Eredivisie appena conclusasi Berg aumenta ancora il proprio bottino, mettendo a segno 17 reti che permettono al Groningen di concludere il campionato al sesto posto ed a lui di finire terzo in classifica cannonieri alle spalle dei soli Suarez ed El Hamdaoui.
E siamo ai giorni nostri, con il ragazzo assoluto protagonista degli Europei Under 21 (dopo essersi tolto la soddisfazione di segnare il primo gol con la Nazionale A nel 4-0 contro Malta del 10 giugno), che si stanno svolgendo proprio nella sua terra natìa, in cui ha già messo a segno la bellezza di 5 gol (tripletta alla Bielorussia e doppietta alla Serbia).
Destro naturale, longilineo (183 cm x 75 kg) asciutto, Marcus Berg è un centravanti implacabile negli ultimi 16 metri, dove fa valere un fiuto del gol con pochi eguali tra i suoi coetanei: glaciale opportunista sotto porta, segna con entrambi i piedi, anche in acrobazia, e quando attacca lo spazio è inarrestabile. Bravo nello stretto, è un gran colpitore di testa (su azione come su palla inattiva), soprattutto sul primo palo, calcia anche i rigori: a mezz’altezza alla sinistra del portiere nella maggior parte dei casi. Un po’ sgraziato, ma comunque dotato di buona tecnica, non disdegna il colpo sotto per uccellare l’estremo difensore avversario.
Il ragazzo è già pronto a coronare il suo sogno, quello di giocare nella Lazio, anche se ci sono parecchie squadre (AZ Alkmaar, l’unico club davvero interessato a detta del diggì del Groningen Hans Nijland, ma anche Everton, Tottenham, Amburgo, Villarreal e Fiorentina) che preferirebbero che il sogno di Marcus rimanesse nel cassetto.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

lunedì 22 giugno 2009

Italia, risollevati!



Le «mummie» azzurre non solo non si sono tolte le bende, come auspicato dal cittì Lippi, ma si sono anche fatte chiudere nel sarcofago. Ed il rischio è che ne escano, magari in condizioni peggiori, tra dodici mesi, per rimediare un’altra figura barbina in salsa sudafricana. Stavolta mondiale, mica «confederationsiana».

Dopo l’eliminazione – impronosticabile, ma meritatissima – è tempo di riflettere. Su tutto. A partire dalla rosa, perché il gruppo sarà anche importante (se la FIGC ha dovuto cambiare logo per inserire la quarta stella il merito è proprio del gruppo del 2006), ma qualcosa bisogna pur cambiarla. Toni, Cannavaro, Zambrotta, Gattuso (che ha dalla sua l’attenuante dell’infortunio, che si trasforma in aggravante per Lippi: perché non testare qualcun altro anziché puntare sul rientrante Ringhio?) e molti altri sarebbero tranquillamente potuti rimanere a casa, e potrebbero fare lo stesso tra un anno.

Occhio anche al modulo: il 4-3-3 è davvero necessario? Riproporre il 4-4-2 sarebbe davvero così grave? Nella ripresa contro il Brasile i fatti hanno dato ragione a chi vorrebbe utilizzare il più classico dei moduli calcistici, con Dossena più di Grosso a presidiare la fascia sinistra a centrocampo, posizione in cui all’Italia manca un vero interprete del ruolo. A centrocampo, con l’utilizzo di quattro uomini in linea, Pirlo potrebbe finalmente tornare al centro, abbandonando il ruolo di mezzo sinistro, in cui non riesce ad esprimersi al meglio. Un modulo del genere, poi, permetterebbe finalmente di dare spazio al grande escluso di questa manifestazione: Totò Cassano. Il genio barese, chiaramente in difficoltà nel 4-3-3, modulo che richiede troppo in fase di ripiegamento, in attacco potrebbe far coppia con Gilardino, o magari con il gemello Pazzini: a coprire ci penserebbe la seconda linea, a quattro.

Ecco, Cassano e Pazzini sono due tra le – tante – novità di cui necessiterebbe la squadra azzurra. Se in porta Buffon, non più il migliore nel ruolo ma pur sempre su un ipotetico podio, va benissimo in attesa dei Consigli e dei Fiorillo, la difesa va ampiamente restaurata, a partire dalle fasce.
Motta e Santon l’azzurro vero lo conoscono già, mentre Crìscito, più avvezzo ad indossare l’azzurrino, potrebbe ben presto essere una validissima alternativa a Grosso per un posto sulla terza linea, o addirittura per Dossena a centrocampo, anche se la sua adattabilità come esterno sinistro di centrocampo in una squadra che difende a tre è tutta da verificare. Al centro Cannavaro pare destinato a durare fino al Mondiale (e anche oltre, chissà…) semplicemente a causa della scarsità di alternative: Barzagli, reduce da una gran campionato in Germania, è sgradito a Lippi, e Santacroce e Bocchetti mancano ancora della caratura internazionale necessaria per affrontare un campionato del mondo da protagonisti.
Per la linea mediana, D’Agostino e Cigarini potrebbero essere delle valide alternative a Pirlo, anche se Donadoni prima e Lippi poi hanno pensato di consegnare le chiavi della manovra a De Rossi per il futuro, facendo le prove generali nel presente, a discapito di Pirlo. Altre possibili opzioni, poi, Aquilani (che però rende meglio come interno sinistro nei moduli con centrocampo a tre) e Marchisio.
In avanti, Cassano è sinonimo e garanzia di fantasia, ma Lippi difficilmente cederà decidendo di concedergli una chance. Così come nel caso di Balotelli, forte quanto e probabilmente più di Santon ma reo di avere una carattere ancora bisognoso di qualche (ok, più di «qualche») smussatura agli spigoli.
Come centravanti pare avere qualche opportunità in più Pazzini, che magari sarebbe stato protagonista già di questa infausta Confederations Cup se non avesse rimediato tre giornate di squalifica (poi ridotte ad una) in seguito al «rosso» sventolatogli in faccia da Stark contro l’Irlanda. Potrebbe poi tornare Di Natale, certamente il più adatto tra gli azzurri a ricoprire il ruolo di punta esterna sinistra, in grado adattarsi anche in appoggio a un centravanti, sulla cui convocazione influirà però la prossima stagione, che molto probabilmente verrà da lui giocata a Parma.
Antonio Giusto

Estratto da: Goal.com

martedì 16 giugno 2009

Italia: Europeo Under 21



Portieri: Consigli (Atalanta), Seculin (Fiorentina), Sirigu (Ancona).
Difensori: Andreolli (Sassuolo), Bocchetti e Criscito (Genoa), Marzoratti (Empoli), Motta (Roma), Pisano (Cagliari), Ranocchia (Bari).
Centrocampisti: Abate (Torino), Candreva (Livorno), Cerci (Atalanta), Cigarini (Atalanta), De Ceglie (Juventus), Dessena (Sampdoria), Marchisio (Juventus), Morosini (Vicenza), Poli (Sassuolo).
Attaccanti: Acquafresca (Cagliari), Balotelli (Inter), Giovinco (Juventus), Paloschi (Parma).

Tanta, tanta pretattica per Gigi Casiraghi, intento nel mischiare la carte in tavola poco prima dell’esordio contro la Serbia. Il modulo, a detta del cittì, è ancora un’incognita, anche se con tutta probabilità la squadra sarà schierata in campo con il tridente tanto gradito a Casiraghi quanto, sempre a detta dell’allenatore, sconveniente in fase difensiva, soprattutto se di fronte ci si ritrova un terzetto di temibili trequartisti quali Kacar, Tosic e Sulejmani.

Tra i pali, Consigli è certo del posto: starà a lui difendere la porta degli azzurrini dopo la fantastica stagione disputata in maglia atalantina. Di esperienza il ragazzo ne ha, essendo un habitué delle selezioni azzurre, di cui fa parte sin dai 16 anni. Ha già accumulato esperienza da terzo nell’Europeo Under 21 di due anni e da secondo a Pechino, ma questa sarà la prima da titolare, e l’emozione potrebbe giocargli qualche brutto tiro. Dietro di lui Seculin e Sirigu.

La difesa, a quattro, vedrà due uomini che hanno già assaporato l’azzurro, Motta (capitano) e Bocchetti, indiscutibilmente titolari. A completare la difesa titolare ci saranno Andreolli, reduce da un’ottima stagione a Sassuolo, in cui si è rilanciato dopo la pessima esperienza giallorossa, e Crìscito, che opererà sulla sinistra con compiti prettamente difensivi (nonostante abbia dimostrato di valere anche nella metà campo avversaria) vista la presenza di De Ceglie sulla stessa fascia, con lo juventino maggiormente predisposto alla fase d’attacco. Possibili alternative Marzoratti, Pisano e Ranocchia.

A centrocampo le chiavi del gioco saranno nelle mani (anzi, nei piedi) diCigarini, regista di questa Nazionale. A guardargli le spalle uno tra Marchisio, leggermente favorito, e Dessena, che ha dalla sua una maggior confidenza tattica con Cigarini, essendo stato suo scudiero al Parma. A sinistra dovrebbe giostrare De Ceglie.
Per la seconda linea azzurra c’è anche l’opzione a quattro, con due ali, presumibilmente Abate a destra e Cerci a sinistra, nel caso in cui Casiraghi dovesse rinunciare al tridente.

In avanti il pluricitato trio d’attacco sarà composto da Giovinco, Acquafresca e Balotelli, cui auguro vivamente di non eccedere sul piano comportamentale. Inizialmente lui e Giovinco dovrebbero partire leggermente arretrati, con Acquafresca centravanti. Opzione Paloschi.

What a goal!

lunedì 15 giugno 2009

Italia: Confederations Cup



Portieri: Amelia (Palermo), Buffon (Juventus), De Sanctis (Galatasaray).
Difensori: Cannavaro (Juventus), Chiellini (Juventus), Dossena (Liverpool), Gamberini (Fiorentina), Grosso (Lione), Legrottaglie (Juventus), Santon (Inter), Zambrotta (Milan).
Centrocampisti: Camoranesi (Juventus), De Rossi (Roma), Gattuso (Milan), Montolivo (Fiorentina), Palombo (Sampdoria), Pirlo (Milan).
Attaccanti: Gilardino (Fiorentina), Iaquinta (Juventus), Pepe (Udinese), Quagliarella (Napoli), Rossi (Villarreal), Toni (Bayern Monaco).

Marcello Lippi è sicuro: i suoi «vecchietti» non lo deluderanno, né ora né tra dodici mesi. La Nazionale che si appresta a disputare la Confederations Cup è imperniata sul gruppo di azzurri che il 9 luglio 2006 ebbe occasione di festeggiare il quarto titolo mondiale. Oltre ai Buffon, i Cannavaro, i Pirlo ed i Toni, vanno segnalate alcune, più o meno gustose, novità.
In primis la sorprendente convocazione di Davide Santon, che pareva destinato a partire per la Svezia in vista dell’Europeo Under 21 assieme al compagno di squadra Balotelli ed invece la sua meta è stata Johannesburg. Oltre a lui, l’altra giovane promessa è Giuseppe Rossi, che si giocherà con Iaquinta il ruolo di seconda punta. Tra gli assenti, Cassano è senza dubbio il più scontento: dopo la meravigliosa stagione (la seconda di fila, una novità per il barese) disputata con la maglia della Sampdoria ambiva legittimamente ad un posto sull’aereo per il Sudafrica, ma Lippi ha preferito puntare sul gruppo campione del mondo, gruppo di cui Cassano non fa parte.
Il modulo di gioco sarà quello classico: 4-3-3, dopo l’infausto esperimento chiamato 4-2-3-1 che tanto male ha reso nell’amichevole contro la Nuova Zelanda. In porta, naturalmente, ci sarà Gigi Buffon, deciso a dimostrare che il miglior «numero 1» del mondo è ancora lui. In difesa la coppia centrale, eccezion fatta per la prima gara, sarà quella composta da Cannavaro e Chiellini, che si ritroveranno anche in bianconero. Sulle fasce Zambrotta e Grosso, come in Germania, ma attenzione a Santon, che dopo essere passato dagli Allievi alla Nazionale in meno di un anno non si pone più limiti, ed ambisce giustamente ad un posto da titolare, poco importa se a destra o a sinistra. A centrocampo Gattuso e De Rossi garantiranno a Pirlo un’adeguata copertura, con il romanista abilitato anche in fase d’impostazione. Sulla destra, Camoranesi farà il tornante, con Iaquinta al fianco di Toni o Gilardino, con l’ex milanista leggermente favorito per un posto da titolare.

mercoledì 10 giugno 2009

Il Milan di Leonardo

Morto un Papa, se ne fa un altro. Così dice il proverbio, e così proverà a fare il Milan, che dopo la cessione di Kaká ha prescelto Pato per la sostituzione. Il «conclave» rossonero dovrà però fare i conti con il Chelsea, seriamente intenzionato a metter le mani sul Papero.
Nel nuovo Milan non cambierà solo la stella, muteranno una marea di cose, in primis il capitano: dopo venticinque anni di onorata carriera Paolo Maldini ha deciso di appendere le scarpe al chiodo, lasciando in eredità la fascia a Gattuso, che pare aver soppiantato Ambrosini, il quale probabilmente paga la grana-contratto. Novità anche in panchina, dove Mr. Carletto ha detto «bye bye» dopo otto anni e 420 partite da allenatore del Diavolo: al suo posto siederà Leonardo (con Tassotti vice), alla primissima esperienza in panchina.
La rifondazione milanista prenderà il via con l’acquisto di Dzeko, lungagnone bosniaco per cui qualcuno ha azzardato un paragone con van Basten. Non si tratterà del nuovo «Cigno di Ultrecht», ma bisogna ammettere che il fresco campione di Germania (con annesso titolo di MVP del campionato) può vantare un repertorio di tutto rispetto: destro, sinistro, testa, acrobazia… ed il bottino dell’ultima stagione lo testimonia: 26 gol, dei quali 20 segnati da gennaio a maggio. Sul fronte acquisti, poi, potrebbe arrivare un centrale di difesa (Mexes, nel caso in cui Nesta, che sta però lanciando ottimi segnali, non dovesse riuscire a tornare in campo), quasi sicuramente un terzino (Juan del Flamengo, pupillo di Leonardo?) ed eventualmente un regista (Hernanes) nel caso in cui Pirlo dovesse cedere alle lusinghe del Chelsea, che fa la corte anche a Seedorf. Da segnalare anche il definitivo ingresso in squadra di Thiago Silva.
Sul piano del gioco, non dovrebbe cambiare molto: nella conferenza stampa di presentazione il neotecnico Leonardo ha dichiarato che l’unica, sostanziale innovazione riguarderà la preparazione, che verrà impostata sul lavoro con la palla, come fa Mourinho, per intenderci. Tutto ciò è finalizzato all’ambizioso progetto di gioco dell’uomo da Niterói, che punta ad emulare il Brasile 1982, per lui «la squadra più bella mai vista giocare». Il modulo di gioco resterà invariato, stavolta però il consueto 4-3-1-2 vedrà Ronaldinho ad ispirare Pato e Dzeko.

venerdì 5 giugno 2009

Juventus, è Marotta il vero colpo

Marotta ha detto «no» Juventus. Mi scuso per aver dato per fatto l'affare con troppo anticipo.

Dopo la miseria di un buon acquisto in due anni – Sissoko, peraltro espressamente richiesto da Ranieri – la nuova «Triade» bianconera sta per mettere a segno il colpo dell’estate, e no, non si tratta di Diego. La ventata d’aria fresca al numero 32 di Corso Galileo Ferraris verrà portata da un uomo non di campo, ma di scrivania: Beppe Marotta. Sarà lui a prendere il posto lasciato libero da Lucianone Moggi (che di Blanc, Secco e Cobolli Gigli aveva detto, all’indomani dell’eliminazione in Coppa Italia ad opera della Lazio, «sono al confine tra l’incompetenza… e la coglionaggine») ormai tre anni or sono, in seguito alla bufera causata da Calciopoli. L’attuale diggì doriano, legato alla Samp da un contratto con data di scadenza fissata al 30 giugno 2011, quasi certamente finirà per accettare l’incarico offertogli da Jean-Claude Blanc, finalmente decisosi ad affidare le decisioni di carattere tecnico a qualcuno competente.
Con Marotta dietro la scrivania, in panchina ci sarà con tutta probabilità (al «mourinhano» 99,9% secondo Tuttosport) Ciro Ferrara, prossimo alla firma di un biennale. Con il napoletano in veste di allenatore si potrà procedere alla cessione di David Trezeguet, che ha recentemente dichiarato: «Se arriva una proposta che mi piace e che mi restituisce il piacere di fare gol me ne vado», e con Ferrara di occasioni di vedere il campo e segnare ne avrà ben poche. Per lui futuro certamente all’estero, Francia (Lione o Marsiglia) o Inghilterra che sia. Confermatissimo invece Amauri (che però vorrebbe un ritocco dell’ingaggio), di cui Leonardo avrebbe voluto fare la spalla di Pato, che con tutta probabilità sarà costretto ad «accontentarsi» di Adebayor.
Sul fronte acquisti, per D’Agostino è ormai praticamente fatta. Il regista palermitano è smanioso di comporre il rombo juventino che nella prossima stagione vedrà lui e Diego come vertici. Verrà rinforzata la difesa, che necessita di innesti sulle fasce: Dossena a sinistra e Zuñiga (su cui però ha messo gli occhi anche il Palermo) a destra i nomi più accreditati. Per l’attacco, invece, in caso di addio di Trezeguet, potrebbe arrivare Julio Cruz, sgradito a Mourinho. La stellina del Corinthians, Dentinho, non fa che lanciare segnali alla Juventus, ma con il nuovo direttore generale, se non quest’anno il prossimo, potrebbe arrivare il Genio di Bari Vecchia, che di Marotta in tempi non sospetti ha detto: «È il Cassano dei direttori sportivi».

mercoledì 3 giugno 2009

Serie A 2008/09: analisi



Dopo 380 partite e parecchie emozioni, è giunta al termine la Serie A 2008-09. Sul gradino più alto del podio, manco a dirlo, l’Inter. Per i nerazzurri si tratta del 17° «titulo», per dirla alla Mourinho, il quarto consecutivo. Gli uomini dello «Special One», spesso più «special» in conferenza stampa che in panchina, dopo aver illuso il Milan che l’acquisto di Ronaldinho, decisivo nel derby ed in poche altre occasioni, fosse sufficiente per stravolgere le gerarchie, si sono presi la vetta della classifica all’11ª giornata per non mollarla più. Di lì in poi i gol e le invenzioni di Ibra, le miracolose parate del nuovo miglior «goleiro» del pianeta Julio Cesar, l’interdizione di Cambiasso, le sgroppate di Maicon e Santon, i colpi di testa (in tutti i sensi) di Balotelli, le corse a perdifiato di capitan Zanetti, hanno permesso all’Inter di cucirsi in scioltezza il tricolore sul petto.
Dietro lo schiacciasassi tinto di nero e blu, a darsi battaglia per il secondo posto ci sono state Juventus e Milan, entrambe partite con ambizioni di titolo ben presto ridimensionate dal divario, apparso incolmabile, con l’Inter. La vecchia Signora, cui i tifosi chiedevano troppo, assecondati da una dirigenza che a molti fa rimpiangere la Triade, ha pagato l’ennesima deludente campagna acquisti (bene, a tratti, i soli Amauri e Manninger) ed un’incredibile sfilza di infortuni. La campagna contro Ranieri, poi, ha portato addirittura alla cacciata del tecnico romano a due soli turni dal termine, e l’insediamento in panchina di Ferrara pare dettato più da Lippi che non dagl’inesperti dirigenti, spesso oggetto di dure critiche da parte di stampa e tifoseria. Come la Juve, anche il Milan ha sofferto numerosi infortuni, su tutti quello di Kaká, giunto in una fase cruciale della stagione. Il cospicuo numero di sinistri non è però sufficiente a giustificare il Diavolo, apparso ancora troppo incostante, cui l’avvicendamento di Ancelotti con Leonardo potrebbe e, soprattutto, dovrebbe, portare una mentalità adatta al successo in campionato, che manca ai rossoneri da ormai cinque stagioni.
Alle spalle delle tre «big», ancora la Fiorentina, per la quarta stagione in zona Champions, la seconda effettiva. I viola, guidati in panchina dall’ottimo Prandelli, hanno mal tollerato la partenza anticipata dovuti ai preliminari, salvo poi rimediare con un gran finale alle défaillances invernali. A braccetto con la Fiorentina, ma condannati all’Europa League dalla partitissima di Mutu del 15 febbraio, quando il romeno rimontò il 3-0 del Grifone in mezz’ora portando sul 3-3 i suoi con una clamorosa tripletta, il Genoa, comunque la sorpresa più piacevole della stagione. Determinante per la magnifica stagione rossoblu la guida tecnica di Gasperini abbinata alle doti di una squadra in cui spiccano di nomi altisonanti di Thiago Motta e Milito, promessi all’Inter, ma per il cui perfetto funzionamento è stato necessario l’operato di coloro che alcuni, a torto, definiscono «comprimari»: Sculli è un Kuyt dei poveri, Ferrari un leader ritrovato, Crìscito un mancino poliedrico, Bocchetti una promessa mantenuta giunta fino alla convocazione in Nazionale.
Male, invece, la Roma. Per due anni seconda forza del campionato, i giallorossi hanno pagato i troppi infortuni e, soprattutto, una sessione estiva di calciomercato che ha portato nella capitale giocatori inadatti alla causa giallorossa: Riise, Menez e Julio Baptista hanno raramente dato sfoggio delle proprie doti, spesso tenute nascoste. Da qui il sesto posto che costringerà i giallorossi a disputare l’Europa League, con conseguente ridimensionamento. Ed in Europa League, con i giallorossi, ci saranno anche i cugini laziali, abili a mettere in bacheca la Coppa Italia.
Comprese tra Roma e Lazio in classifica si trovano tre gradite sorprese, dovute all’ottimo operato degli allenatori: Udinese, Palermo e Cagliari. I friulani, dopo un avvio sorprendente, che li aveva addirittura visti in vetta alla classfica, hanno poi subito un prolungato black out che per poco non li ha fatti sprofondare in zona retrocessione, zona retrocessione da cui il Cagliari sembrava essere destinato a non uscire fino a termine campionato dopo il kappaò subito a Lecce nel quinto turno, dopo il quale i sardi si trovavano ancora a quota zero punti in classifica. Dopo il pari con il Milan della settimana successiva è scattata la scintilla che ha permesso ad Allegri ed i suoi uomini di risollevarsi fino a permettersi di sognare un posto in Europa. E proprio l’Europa era l’obiettivo di Ballardini, non di Zamparini però, che, insoddisfatto, ha deciso di dare il benservito al tecnico che con il suo spumeggiante 4-3-1-2 ha dato un – bel – gioco ad i rosanero, purtroppo insufficiente per convincere il vulcanico presidente a riconfermarlo.
Salvezze tranquille per Atalanta, Napoli e Sampdoria, ma se per gli orobici si è trattato di una stagione fruttuosa, in cui spiccano i successi su Inter e Roma, Samp e soprattutto Napoli hanno deluso le attese. I blucerchiati hanno pagato a caro prezzo l’assenza di un centravanti vero nella prima parte di stagione, salvo poi allontanarsi dalla zona pericolosa con l’acquisto di Pazzini, implacabile nel 2009 (11 reti, molte delle quali ispirate da Cassano) dopo un finale di 2008 trascorso alle spalle di Gilardino. I partenopei possono parzialmente giustificare un girone di ritorno da incubo (appena 13 i punti conquistati, 20 in meno dell’andata) con la preparazione estiva anticipata a causa dell’Intertoto. Il cambio di allenatore, poi, non ha particolarmente giovato.
Tornando in tema allenatori, numerose salvezze sono dovute proprio alla mano dei tecnici: Siena, Catania e soprattutto Chievo potrebbero essere intenti a programmare la prossima stagione in cadetteria, se non fosse per Giampaolo, Zenga e Di Carlo. E proprio da Mimmo Di Carlo vale la pena di iniziare, perché l’ex centrocampista vicentino ha rivitalizzato i gialloblu, passati dal disastroso rendimento avuto con Iachini ad passo «europeo». Sulla panchina catanese anche Zenga ha sorpreso, con i suoi metodi innovativi ed il bel gioco espresso, come Giampaolo, abile nel plasmare la propria creatura in maniera da conferirle solidità ed armonia.
A differenza delle tre squadre sopraccitate, la salvezza del Bologna dipende ben poco dalla guida tecnica, anzi, è praticamente opera di un sol uomo, il redivivo Marco Di Vaio, ritornato con successo inatteso al ruolo di centravanti. Bottino di tutto rispetto, 24 gol, quanti Milito ed uno in meno del capocannoniere Ibrahimovic.
Retrocedono invece in B Lecce e Reggina, non all’altezza della massima serie. A fargli compagnia ci sarà il Toro, che fa ritorno nella serie cadetta dopo tre – travagliate – stagioni in A.
Detto delle squadre, ora tocca alle individualità. Tra le sorprese, impossibile non citare il giovanissimo e duttile Santon, il potente Asamoah, l’ossigenato danese Kjær ed i già noti al sottoscritto Zárate, Zuñiga e Jovetic. Menzioni anche per il goleador Marilungo, il fresco azzurro Esposito, il difensore senese Brandão ed il portiere atalantino Consigli. Non vanno però dimenticate le splendide stagioni disputate da Thiago Motta, finalmente a proprio agio dal punto di vista fisico, di Gaetano D’Agostino, eccelso regista dell’Udinese, e del già citato Di Vaio, di nuovo prima punta e di nuovo protagonista. Tra i flop, il più fragoroso è indubbiamente quello di Quaresma, la cui trivela non ha riscosso successo nella Penisola. Come lui, male Mancini e Carrizo, malissimo Shevchenko, Poulsen e Datolo.
Per chiudere, un applauso a tre grandissimi, ormai divenuti degli ex. Inutile dilungarsi nelle celebrazioni, per esprimere quanto fatto da Maldini, Figo e Nedved sul campo di gioco basta accennare ai loro palmares: 2 Palloni d’oro, 6 Coppe dei Campioni/Champions League, 20 campionati nazionali. Addio Paolo, Luis e Pavel, e grazie di tutto.
Antonio Giusto