martedì 27 settembre 2011

Mattia Destro: gli bastano 6 minuti

Mattia Destro, 20 anni. Ansa


6 minuti. Pochi? Non per Mattia Destro, cui solitamente bastano per entrare nel cuore dei suoi nuovi tifosi. Oggi del Siena, ieri del Genoa, ma la solfa è sempre la medesima: l'allenatore - Gasperini in rossoblu, ora Sannino - gli regala fiducia e soprattutto una maglia da titolare, lui lo ricambia nell'unico modo che conosce. Facendo gol, ovviamente al sesto minuto.

Un anno fa, col grifone sul petto, tra l'esordio in Serie A e la prima esultanza trascorsero 360 secondi. Contro il Lecce, idem: squadre in campo, sei giri di lancetta ed eccolo incornare il cross di Gaetano D'Agostino e sfilarsi la maglietta. Sin qui, copione identico, poi le cose cambiano. Perché, a differenza di quanto accaduto nel giorno del debutto, arriva la vittoria: 3-0, con doppio sigillo - il secondo morbidissimo - di Calaiò.

Figlio d'arte, dal papà Flavio - che difese i colori, tra le altre, di Ascoli e Cesena - ha però ereditato ben poco: arcigno difensore il padre, goleador puro il rampollo. Che però non si limita a gonfiare le reti, come dimostrato a suon di dribbling (l'espulsione di Esposito porta la sua firma) e assist (Calaiò ringrazia) e corsa (Sannino sorride) contro il Lecce. Vent'anni compiuto a marzo, a Mattia Destro occorre tempo per affermarsi. E, almeno stavolta, non gli basteranno i consueti 6 minuti.

lunedì 26 settembre 2011

Calcio d'angolo - Il nerazzurro torna di moda

Atalanta celebrating - Atalanta-Novara - Serie A (Getty Images)

Il nero e l'azzurro, abbinati, non sembravano proprio i colori di questa Serie A. Un'Atalanta penalizzata e priva di Doni a causa del calcioscommesse veniva dai più - me compreso, lo confesso - considerata prossima al ritorno in B, mentre l'Inter di Gasperini - che, confesso anche questo, non ho mai amato - arrancava a Pechino come nello Stivale: insomma, l'accostamento non pareva destinato ad avere gran successo in passerella.

Invece ecco due sarti che si rimboccano le maniche, e confezionano nuovi abiti per le proprie indossatrici. Ranieri, a Milano, in fretta e furia: esonerato Gasperini - a proposito: non è stata GasperInter - nel bel mezzo della settimana, si è ritrovato a fare gli straordinari pur di presentare nell'anticipo contro il Bologna un vestito quantomeno decente. Il suo 4-4-2, con Coutinho libero d'accentrarsi fino all'avvicendamento con il più disciplinato Jonathan, magari non esalta le forme della squadra, ma aspettiamo almeno che rientri Sneijder per dare un primo e labile giudizio.

Ecco quindi che il nerazzurro torna di moda, almeno in Lombardia. Perché sessanta e rotti chilometri a nord-est del «Meazza» c'è l'«Atleti Azzurri d'Italia», teatro delle sin qui strabilianti «sfilate» dell'Atalanta. Tre vittorie consecutive, contro Novara, Lecce e Palermo, dopo il pareggio genoano dell'esordio, ed un primato in classifica esclusivamente virtuale, perché in vetta ci sono Juventus e Udinese a quota 8. Senza quel macigno, quei 6 punti in meno, davanti a tutti ci sarebbe un'Atalanta da 10 punti in quattro partite, e qualcuno - scherzosamente, o forse no - parlerebbe di fuga nerazzura.

Dato a Cesare quel che è di Cesare, mi pare doveroso mettere in guardia i sognatori: salvo clamorosi imprevisti, non ci sarà nessun miracolo atalantino. La fruttuosa partenza è stata sapientemente pianificata da Colantuono in estate, a Rovetta, nel corso del ritiro estivo, per garantire alla squadra di scrollarsi di dosso i punti di penalità e sgombrare la mente dai pensieri di rincorsa: il rischio, concreto, è quello di una flessione - o, peggio, un crollo - in prossimità dell'inverno. E se la salvezza non dovesse essere suffragata dall'aritmetica con largo anticipo, le ultime quattro giornate (Fiorentina, Milan, Lazio e Juventus) potrebbero persino risultare fatali per quest'Atalanta.


Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

giovedì 22 settembre 2011

Germán Denis, nerazzurro vincente

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Genoa, Juventus, Udinese: 7 punti, poi il Napoli a 6. E l’Atalanta? Corsara al «Via del Mare» di Lecce, se la parola spettasse al campo si ritroverebbe in vetta alla classifica. Ma a tenere i bergamaschi con i piedi per terra ci sono i 6 punti di penalizzazione. Eppure Germán Denis, che logica e soprannome – «el Tanque»: avete mai visto un carro armato sollevarsi dal suolo? – ha fatto un piccolo strappo alla regola contro il Lecce, undici minuti dopo l’inizio della ripresa: calcio d’angolo, pallone prolungato sul secondo palo, sforbiciata e rete. Ad occhio e croce, credo proprio che Denis verrà perdonato per essersi librato in volo ed aver trafitto Júlio Sérgio. Per la seconda volta.

Basta una rapida occhiata alla classifica dei marcatori, e poi una più attenta a quella generale – occhio quindi all’asterisco che segue il nome dell’Atalanta – per capire che «el Tanque», trent’anni compiuti da neanche due settimane, ha finalmente trovato la propria dimensione italiana. Sfondareti oltre l’Atlantico, in Italia il suo rapporto con il gol era stato sinora parecchio controverso: polveri bagnate in C1 col Cesena, ormai quasi dieci anni fa, discontinuo a Napoli e poi panchinaro ad Udinese. La doppia cifra, miraggio sino a ieri, oggi diventa obiettivo concreto, anche perché sin qui il «19» nerazzurro viaggia al ritmo di un gol a partita.

Pupillo di Pierpaolo Marino, che lo portò a Napoli e ne ha sponsorizzato l’approdo a Bergamo, Denis mastica calcio più o meno da quando ha imparato a camminare: a tre anni appena, papà Gustavo e mamma Alicia lo portarono a segnare i primi gol nel San Martín. Calcisticamente molto precoce, a 16 anni appena arriva il debutto in prima squadra con il Talleres di Remedios de Escalada, con cui ha esordito anche Javier Zanetti ormai quasi vent’anni fa. E proprio con Zanetti condivide la posizione in classifica, ma Denis può bearsi del fatto di aver già regalato sei punti alla propria squadra.

Antonio Giusto

Fonte: Guerin Sportivo.it

lunedì 19 settembre 2011

Calcio d'angolo - Se Roma piange, Milano non ride‏

Massimiliano Allegri - Milan (Getty Images)

Centottanta minuti di campionato non bastano per dar vita ad una classifica sensata, ma un interessante spunto riescono comunque ad offrirlo. Non in vetta, bensì nelle retrovie: Milano e Roma, complessivamente, hanno totalizzato la miseria di quattro punti in otto partite, frutto di un doppio pareggio, per giunta nel duplice incrocio, Milan-Lazio e poi Inter-Roma. Il contorno del punticino varia, a seconda della città e del colore del tifo: i capitolini hanno visto violare l'Olimpico in due occasioni, Cagliari - capolista - e Genoa, mentre le milanesi sono tornate a bocca asciutta dalle insidiose trasferte meridionali di Palermo e Napoli. Identico quindi l'avvio, ma le sue cause ed il prosieguo del campionato sono e saranno di certo differenti.

Per il Milan innanzitutto, la cui partenza stentata non avrebbe dovuto sorprendere i calciofili. Una marea d'infortuni, e poi le squadre di Allegri hanno notoriamente bisogno di qualche settimana prima di carburare: cinque sconfitte consecutive all'esordio sulla panchina del Cagliari nel 2008, un pareggio e tre K.O. un anno più tardi, quindi - escluso il 4-0 rifilato al Lecce nella prima giornata - la sconfitta cesenate e due pareggi al debutto rossonero. Insomma, tra un mese o forse anche prima, ci ritroveremo a celebrare nuovamente le gesta dei rossoneri, che nonostante la batosta subita da Cavani rimangono i più plausibili candidati allo scudetto.

Sull'altra sponda dei Navigli, invece, la situazione è diametralmente opposta: il pareggio strappato alla Roma ha regalato a Gasperini il primo punto sulla nuova panchina. Dopo tre sconfitte. Il caos interista, palesatosi anche in Europa contro i turchi del Trabzonspor (sconfitti in casa dal tutt'altro che temibile Büyükşehir Belediyesi di Istanbul nel turno di campionato successivo allo storico mercoledì di Champions League) non lascia presagire nulla di buono per un campionato che, se le cose non dovessero cambiare, difficilmente verrà concluso sotto la guida di Gasperini.

Neppure nella capitale la situazione è delle più rosee. La Lazio, dopo aver annichilito il Rabotnički in agosto ed essersi ritrovata in vantaggio di due gol a San Siro dopo 21 minuti nella partita inaugurale, ha rallentato contro il Vaslui in Europa League, prima d'inciampare all'Olimpico contro un grintoso Genoa. Reja mugugna, ma il suo dirimpettaio Luis Enrique non può certo stare allegro: dopo lo sgambetto europeo subito dallo Slovan Bratislava, ecco il solito Daniele Conti in gol contro chi l'ha svezzato - suo padre Bruno, ma anche la stessa Roma, seppur in senso esclusivamente calcistico - ed un'ennesima sconfitta.
Il riscatto, però, è possibile per entrambe, e se dalla Lazio ci si può legittimamente attendere quantomeno la conquista di un posto in Europa, alla Roma di Luis Enrique viene semplicemente chiesto di mettere in pratica il proprio, ambiziosissimo progetto. L'augurio è che ci riesca, ma la mia sensazione - purtroppo - è che il tecnico spagnolo non avrà neppure la possibilità di conoscere le prelibatezze della cucina italiana. In special modo il panettone.


Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

La parabola cromatica di Simone Barone



Far gol non è mai stato il suo mestiere. Eppure Simone Barone, affinché del suo ritorno al calcio si accorgessero anche i meno attenti, s'è infilato tra le larghe maglia della difesa stabiese ed ha infilato Colombi: tre a zero, condito dalla sua prima esultanza dopo quasi tre anni. Certo, il peso di questa marcatura sulla classifica del campionato (che vede il Livorno al sesto posto, con 10 punti) è minimo, ma sul morale di Barone avrà di certo una grandissima influenza.

Perché tutti sanno che tra i ventitré «berlinesi» quell'indimenticabile 9 luglio del 2006 c'era anche lui, ma nessuno o quasi è al corrente del fatto che, un anno fa circa, Barone inseguiva un ingaggio sudando assieme ai componenti del Crociati Noceto - Lega Pro Seconda Divisione, ovvero C2 - grazie all'amico Roberto Magnani, centrocampista parmense nato nel '77.

Noceto, diecimila e rotti abitanti in provincia di Parma, offre l'occasione di raccontare un curioso aneddoto legato all'infanzia di Barone. Che, nato a Nocera Inferiore mentre suo padre Michele (attaccante di Parma e Messina negli anni settanta) militava nella Nocerina, raccontava agli amici di esser nato a Noceto anziché Nocera, per rivendicare la propria appartenenza alla tanto amata Emilia. Dove ha mosso i primi passi, calcistici e non, ma che è stato costretto ad abbandonare per togliersi le maggiori soddisfazioni calcistiche.

A Palermo, dove esordisce in Nazionale nel febbraio 2004 sotto la guida di Trapattoni, si ritrova ad indossare la maglia rosanero nel luglio dello stesso anno: 5 milioni d'euro al Parma, in piena crisi, e l'occasione di gudagnarsi un biglietto aereo per la Germania dopo aver perso quello per il Portogallo. La missione riesce, ed Amburgo gli regala due spezzoni di gloria iridata, contro Repubblica Ceca ed Ucraina. Dal gialloblu ucraino al gialloblé stabiese, la parabola cromatica di Simone Barone.

domenica 18 settembre 2011

Calcio d'angolo - Non sarà mai GasperInter/2

Il tecnico dell'Inter Gian Piero Gasperini (Getty Images)

Gasperini, soddisfatto di questo pareggio?
«Indubbiamente sì. Il mio Genoa è venuto a San Siro per giocarsela contro la Roma, pur sapendo di essere inferiore, ed il punto guadagnato è la prova che siamo riusciti nel nostro intento».
E di Muntari, che mi dice?
«Modestamente, l'idea di schierarlo come centravanti è stata mia. Sa, Forlán è un attaccante: non era quello di cui avevamo bisogno per difendere un risultato ottimale come lo 0-0».

Credo che una discussione con Gasperini, tenuta negli istanti immediatamente successivi al triplice fischio di Mazzoleni, si sarebbe svolta pressappoco così. All'allenatore nerazzurro - finché Moratti non si dirà stufo anche di lui - non paiono essere bastati quasi tre mesi per comprendere il pur complicato universo interista: la gavetta di Crotone e gli assaggi di Serie A in salsa genoana vanno necessariamente dimenticati, perché la loro influenza sul suo operato è ancora sin troppo evidente.

La rivendicazione della difesa a tre, quella sì, da me invocata e - del resto - comprensibilissima, non può essere biasimata: contro la Roma, complice la più che discreta prestazione di Júlio César, la porta è persino rimasta inviolata. Bene. Sneijder, invece, continua ad essere sballottato, una volta panchinaro, un'altra ala, quella seguente trequartista, oggi interno sinistro di centrocampo: male. Quantomeno curiosa, invece, la gestione dei cambi, in particolare modo l'automutilazione del centravanti operata a 10 minuti dal termine, sostituendo Forlán con Muntari e lasciando Pazzini ancorato alla panchina.

Il suddetto cambio, che pure ha consentito a Sneijder di operare finalmente sulla trequarti e sfiorare un gol fortunosamente evitato da Kjær, ha finito con lo svuotare l'area di rigore romanista, sporadicamente visitata da Muntari, con Zárate a vagabondare sull'esterno. Forse Gasperini, così come il dirimpettaio Luis Enrique, è rimasto ammaliato da Guardiola, che ai giornalisti dice orgogliosamente: «Giochiamo senza prima punta perché il nostro centravanti è lo spazio». Bell'idea, per carità, ma i tifosi interisti si augurano che il loro allenatore inizi ad imitare quello del Barça anche sul piano dei risultati, perché non credo sia necessario informare voi lettori del risultato di Barcellona-Osasuna.


Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

giovedì 15 settembre 2011

Calcio d'angolo - Non sarà mai GasperInter

Gian Piero Gasperini - Inter (Getty Images)


Non sarà mai GasperInter. Il sentore, niente affatto vago, che l'allenatore nerazzurro - fino a quando? - fosse un uomo morto che anziché camminare siede in panchina, lo si era avuto sin dal giorno (24 giugno, per la cronaca) in cui l'interminabile serie di «no, grazie» incassata da Moratti lo aveva portato ad apporre la propria firma sul contratto. Che, andando avanti di questo passo, finirà per venire stracciato con discreto anticipo sulla data di scadenza.

«Sei partite, sette al massimo», fu la timida richiesta dello spaesato Gasperini, inizialmente illusosi di poter plasmare l'Inter a propria immagine e somiglianza. Siamo a metà strada, 270 minuti di gioco, ed i risultati sono equivalenti al numero di punti conquistati: zero. I dubbi, invece, aumentano di ora in ora, specialmente dopo l'inammissibile sconfitta casalinga rimediata contro il Trabzonspor (in gol Ondřej Čelůstka, un quarto d'ora di Serie A con il Palermo).

La partita con un'annaspante Roma, nell'anticipo notturno del sabato, fugherà ogni dubbio, mettendo forse in fuga Gasperson (così chiamato a Genova, sui Navigli ancora non hanno capito perché). In questo derby tra pericolanti, perché neppure il dirimpettaio Luis Enrique ha mai assaporato la vittoria sulla panchina giallorossa, dovrà però necessariamente saltar fuori di che pasta è fatto Gasperini: integralista no di certo, l'ha detto e dimostrato assecondando il presidente e presentandosi in Champions League con il quartetto difensivo, ma - esonerato per esonerato - che almeno si faccia mandar via pensando con la propria testa. Via di 3-4-3, con buona pace di Sneijder, anch'egli assecondato dopo un quarto d'ora di sgradito vagabondaggio sulla fascia sinistra contro i mediocri turchi, e spazio alle idee che avevano reso il suo Genoa la squadra più divertente d'Italia. Perché, in fin dei conti, è meglio avere rimorsi che rimpianti.


Antonio Giusto


Fonte: Goal.com

martedì 13 settembre 2011

Devis si è Mangia-to l'Inter



L'integralismo di Gasperini, Sneijder in panca, Forlán all'esordio e Zárate a smarrirsi nel 3-4-3. Quante chiacchiere. L'unico interista - di tifo, non di maglia - che alle parole ha anteposto i fatti si chiama Devis Mangia, e siede sulla panchina del Palermo. Da una settimana, o poco più. Eppure Miccoli e la sua banda hanno già assimilato il credo tecnico del nuovo allenatore, cui Vincenzo Montella sottrae il titolo di più giovane della Serie A per dodici giorni appena: 4-4-2, squadra corta, pressing e pure i complimenti di Arrigo Sacchi. Mica male.

Nato a Cernusco sul Naviglio, come - rimanendo in ambito calcistico - Galbiati, Tricella ed il grande Gaetano Scirea, anziché ispirarsi a loro e cercar fortuna in difesa, s'infila i guantoni come suo papà. Ma col calcio giocato chiude presto, dopo aver indossato le maglie di Cernusco ed Enotria, perché ad attenderlo c'è l'università. Qualche esame di giurisprudenza, poi il ritorno sul campo, ma in veste di allenatore: si parte dall'Enotria, ultracentenaria società milanese affiliata all'Inter, e si prosegue con Voghera, Meda, Fiorenzuola e Varedo. Poi, la chiamata di Sean Sogliano sulla panchina del Varese, o, meglio, della Berretti, ma il salto in prima squadra lo porta ad ottenere - appena trentenne - la C2, dopo aver preso le redini della squadra in Eccellenza.

Tritium, Ivrea, Valenzana ed il ritorno a Varese, per allenare una squadra Primavera rimessa in piedi dopo 25 anni. Risultato? In finale, e campioni d'Italia sino al 93', quando Montini infila il 2-2 che porterà l'incontro ai supplementari, decisivi per il completamento della rimonta romanista. Inutile dire che Sogliano, dopo un simile exploit, non può che trascinarsi Mangia ed i suoi metodi - ad esempio, prima degli incontri somministra ai suoi i frammenti più roventi di film come «Il sapore della vittoria» ed «Ogni maledetta domenica» - a Palermo, dove si ritrova alla guida della prima squadra dopo l'esonero di Pioli. Ed ora Moratti, probabilmente, si chiede se non sarebbe stato meglio contattare Mangia anziché Gasperini, quando sulla panchina dell'Inter non voleva sedersi nessuno: oggi è una provocazione, domani chissà.

sabato 10 settembre 2011

Calcio d'angolo - La nuova Serie A(ll'attacco!)

Antonio Cassano and Alberto Aquilani, AC Milan (Getty Images)

Che il buon giorno si veda dal mattino è tutto da verificare, ma noi calciofili non possiamo che augurarcelo. Pronti, via: trentatré minuti di Serie A, quattro gol, con tante grazie a Milan e Lazio per lo spettacolo offerto. E gli spunti di riflessione, ovviamente, si sprecano. Dalle sbavature di Nesta, cui qualcuno consiglierà - ottusamente - di appendere il prima possibile gli scarpini al chiodo, al gol di Klose, cui sono bastati 12 minuti appena per eguagliare il bottino di reti fatto registrare nell'intera Bundesliga 2010-11. Poi l'infido 4-2-3-1 pensato da Reja, con Cissé all'ala per disorientare Abate e l'intera difesa rossonera, i piedacci di Lulić, la ritrovata vena di un Cassano galvanizzato dalla maglia azzurra.

Ma la questione più interessante l'ha sollevata Fabio Caressa, mentre si fregava le mani ammirando la partita: questo campionato, che a detta dell'UEFA vale meno di Premier League, Liga e Bundesliga, e rischia di venir scavalcato anche da Ligue 1 e Primeira Liga, potrebbe - e dovrebbe - regalarci almeno un calcio d'attacco, e conseguentemente lo spettacolo di cui la massima serie era da tempo orfana. Detto di Milan e Lazio, squadre votate all'offesa come ampiamente dimostrato dall'avvincente esordio, grandi e non della penisola si apprestano - chi più, chi meno - a dimenticare il vecchio adagio «primo non prenderle».

Gasperini ed il suo arrembante 3-4-3, con Sneijder e tre attaccanti veri (Forlán, Zárate e Milito, con Pazzini prima alternativa) si augura di ripetere quanto di buono fatto sulla sponda rossoblu di Genova. A Torino, invece, Conte predica il 4-2-4: un mediano che guardi le spalle a Pirlo, due ali ed altrettante punte. La Roma, con Luis Enrique che pensa blaugrana, non poteva esimersi dal 4-3-3, con tre punte strette - non necessariamente Totti più altri due, perché le natiche del capitano assaggeranno la panchina più spesso del solito - e due incursori, oltre a De Rossi. Nulla di nuovo, invece, per Mazzarri: il suo Napoli riconferma il 3-4-2-1, con Pandev e Santana portati in dote dal mercato per far rifiatare Cavani, Lavezzi e Hamšík. Scorrendo la griglia di partenza, balza all'occhio il tridente della Fiorentina, ed ancor più quello cesenate: Giampaolo, che in teoria lotta per salvarsi, punta forte su Mutu, cui affiancare Éder, Ghezzal, Martinez, Bogdani o il promettente Malonga per completare il trio d'attacco, alla cui ispirazione sarà deputato Candreva, senza dimenticare il riconfermato Parolo (5 gol nella scorsa stagione).

Per chi non l'avesse capito, mi auguro un campionato avvincente, ricco di gol e colpi di scena. E pronostico il Cesena come rivelazione stagionale.


Antonio Giusto


Fonte: Goal.com

mercoledì 7 settembre 2011

Calcio d'angolo - Prandelli, ottimo lavoro!

Cesare Prandelli - Italy (Getty Images)

Con sensibile ritardo, s'inizia a sentire profumo di Serie A. Milan-Lazio, che darà - finalmente - il via al campionato, è alle porte, ma una prima gioia a noi calciofili l'ha già regalata l'Italia di Cesare Prandelli: qualificatasi per l'Europeo polacco-ucraino con due turni d'anticipo, come mai era accaduto prima d'ora, e subendo per giunta un solo gol (all'esordio in Estonia, di lì in poi porta inviolata). All'estero c'è chi, troppo buono, ci dà per favoriti, ma al nostro cittì va riconosciuto di essere riuscito nel proprio intento: in tredici mesi trascorsi sulla panchina azzurra, ha cambiato il volto di una squadra reduce dalla magrissima figura sudafricana.

Perché tredici mesi appena sono trascorsi da quando, il 10 agosto 2010, un'Italia impaurita veniva castigata a Londra dalla Costa d'Avorio. Poi il balbettante esordio contro l'Estonia, ed un lento ma sin qui soddisfacente processo di «catalanizzazione», perché il C.T. non vuol sentir parlare del Barcellona invincibile di Guardiola. E fa bene: Xavi, Iniesta, Piqué e Messi ce li hanno solo loro, ma noi - accontentandoci di un materiale umano raramente così povero nella nostra gloriosa storia calcistica - abbiamo imparato a far circolare il pallone, spedendo gli incontristi in panchina, scambiandoci di ruolo a centrocampo e rinunciando alla classico centravanti, quello in grado di far salire la squadra, per dar fiducia allo sgusciante duo composto da Rossi e Cassano. Certo, ieri la partita l'ha decisa Pazzini, che però è entrato in campo per dettare la profondità, mica fare la boa.

Per chiudere, è opportuno snocciolare qualche cifra. Il biglietto per quest'Europeo, innanzitutto, l'abbiamo staccato nell'unico girone in cui erano presenti tre squadre reduci dal Sudafrica. In che modo? Segnando 16 gol, subendone uno appena, qualificandoci con due turni d'anticipo (come la Spagna, campione di tutto) e mantenendo la rete immacolata per ben 7 partite, per giunta consecutive. Forza Italia, continua così, e chissà che chi ci ha indicato come favoriti anziché troppo buono fosse semplicemente realista.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com