Lippi ha scelto di puntare tutto, ma proprio tutto, sul gruppo. Gli è andata male. Due anni di gestione mirata unicamente a rendere sempre più saldo il legame tra i suoi uomini, un mix tra reduci del 2006 e juventini, senza intrusioni da parte dei più dotati tecnicamente, guardati quasi con disprezzo dal CT per ragioni - anche - caratteriali. Ci ritroviamo quindi a fare il bilancio di quella che, in cent'anni di storia, è stata la peggiore spedizione italiana ai Mondiali: fuori immediatamente, senza vincere neppure una partita. In questo fallimentare 2010, contrassegnato da un claudicante avvicinamento alla rassegna iridata, non si è registrato alcun successo della Nazionale italiana, né in amichevole né - come appena scritto - in competizioni ufficiali: mai l'Italia era stata sbattuta fuori da un Mondiale senza neanche una vittoria.
Causa principale di questo fallimento, la cieca fiducia riposta dal commissario tecnico nel tanto celebratro gruppo. Quattro anni fa andò bene, ma la situazione era assai diversa: innanzitutto, le esclusioni eccellenti erano state ben poche (in pratica solo Panucci, ma in difesa giganteggiavano Cannavaro, Nesta e Materazzi), ed in quello spogliatoio cementificato da Calciopoli facevano bella mostra di sé Totti e Toni, Cannavaro e Nesta, Pirlo, Gattuso, Zambrotta e tanti altri campioni nel pieno della carriera. Quattro anni dopo, il nostro CT ha scelto di puntare tutto su un blocco juventino, debitamente contaminato dai superstiti del 2006, che poco aveva a che fare con quelli che resero grande Bearzot: attingere a piene mani da quella che unanimamente è stata considerata la peggior squadra italiana dell'ultimo campionato non è certo il modo miglior per bissare un trionfo iridato. Buffon e Chiellini erano scelte logiche, assai più comprensibili delle convocazioni di Cannavaro (già a Dubai, dove potrà godersi la dorata pensione) e Camoranesi; sì a Iaquinta, ma da utilizzare come jolly sulla falsariga di quanto accaduto nel 2006, e Marchisio, per cui il CT si è lanciato in mirabolanti ed infruttuose evoluzioni tattiche pur di garantirgli un posto da titolare, che evidentemente il ragazzo non meritava perché inferiore a De Rossi e Pirlo (poi ottimamente surrogato da Montolivo). Altri reduci del Mondiale tedesco, stavolta abbigliati di rossonero, Pirlo, Gattuso e Zambrotta: il primo è stato fatto fuori da un infortunio (frutto del sin troppo duro terreno di gioco scelto per la preparazione?) che non ha impedito a Lippi di imbarcarlo sull'aereo diretto in Sudafrica; Zambrotta, che proveniva da una stagione trascorsa prevalentemente in panchina ad ammirare le sgroppate di Abate ed Antonini (avessi detto Cafu e Roberto Carlos...) è stato in palla per due partite, salvo crollare contro la Slovacchia per evidenti limiti fisici dovuti ad un'età non più verdissima. Medesimo discorso per Gattuso, apparentemente destinato a presenziare unicamente come uomo spogliatoio, salvo poi ritrovarsi a vagare per il campo nell'incontro decisivo, per lui durato appena 45' grazie al rinsavimento di Lippi. Presenza curiosa, poi, quella della folta colonia udinese: Di Natale (capocannoniere, ma giocando da centravanti) e Pepe che il bianconero lo vestono tutt'ora annaspando nelle zone torbide della classifica, ma anche Iaquinta, De Sanctis e Quagliarella che ad Udine hanno trascorso le stagioni migliori della carriera. Dato curioso, visto che nessun rappresentate del Palermo ha preso parte alla spedizione nonostante una stagione favolosa: niente Sudafrica per Balzaretti, Cassani, Nocerino e Liverani (meglio di Gattuso il primo, attempato ma efficiente rincalzo di Pirlo il secondo), ma soprattutto Fabrizio Miccoli, trascinatore rosanero che anche senza l'infortunio occorsogli nel finale di campionato non avrebbe preso parte alla spedizione azzurra. Un briciolo di fiducia in più alla Sampdoria, rappresentata da Palombo e Pazzini ma non Cassano; siamo poi sicuri che Semioli, Mannini o Marchionni avrebbero fatto tanto peggio di Camoranesi? Parentesi romanista, infine, dedicata a Perrotta: Marchisio era stato cooptato per «fare il Perrotta», ma non sarebbe stato più semplice convocare Perrotta in carne ed ossa, reduce peraltro da una stagione più che positiva? Su Totti e Nesta non resta che glissare: hanno entrambi rinunciato alla Nazionale, così facendo si sono intelligentemente evitati una figuraccia di proporzioni epiche (ultimi, dietro la Nuova Zelanda, nel girone più semplice del Mondiale: non dimentichiamolo).
Proseguendo nella celebrazione degli assenti, è doveroso ritornare su Totò Cassano: tra i pochissimi esemplari di fantasista nel panorama calcistico italiano, è stato lasciato a casa per ragioni puramente sociologiche - inviso a buona parte del gruppo, il suo caratterino non doveva essere particolarmente gradito in ritiro. E Lippi, anziché cercare di renderlo parte della comitiva azzurra, si è limitato ad assecondare il volere dei senatori lasciandolo a casa. Stessa sorte per Balotelli, protagonista di eccessi rossonerazzurri nel corso della stagione ma pur sempre in grado di dire la sua quando il pallone inizia a scottare: anche lui, evidentemente, è andato in vacanza prima del tempo pur di non turbare gli equilibri di un gruppo apparentemente fragile visti gli esiti della campagna sudafricana e le ammissioni dei protagonisti (si vedano, in proposito, le parole di Pirlo: il gruppo, a detta del senatore milanista, era ben lontano dai livelli del 2006). Per quanto concerne Miccoli, chi parla di influenze moggiane forse sbaglia, ma neppure tanto: degli attriti tra il «Romario salentino» e Lucianone sono tutti a conoscenza. Una tale evenienza farebbe tremare i polsi, ma di credere che Miccoli abbia visto il Mondiale in Tv perché scarso tecnicamente o turbolento dal punto di vista caratteriale non ne ho voglia. Altri nomi, meno illustri, si sono poi goduti pienamente le vacanze: Ambrosini ad esempio, infinitamente superiore a Gattuso nel corso dell'ultima stagione. In questo caso le cause degli attriti con Lippi sono sconosciute. Giuseppe Rossi avrebbe potuto garantire la brillantezza necessaria per cambiare l'esito di una partita (USA, do you remember?), mentre Cossu sulla trequarti avrebbe rappresentato la logica alternativa ad un Marchisio eventualmente fallimentare in quella posizione, come si è poi rivelato. Infine, il centravanti: se per il 4-2-3-1 serviva un uomo fisicamente prestante, capace di aprire varchi per i compagni e rendersi utile quando si tratta di far salire la squadra, perché mai Borriello è stato lasciato a casa? Ci si è ritrovati con uno Iaquinta che definire deludente è poco, senza la possibilità di rimpiazzarlo adeguatamente.
L'ultima riflessione mi spalanca le porte della dissertazione tattica. Proprio in riferimento all'attacco, agghiacciante il comportamento del CT nel corso di una seconda gestione in cui la chiarezza è stata una chimera: rombi, tridenti, travestimenti da ali e 3-1. S'è visto di tutto, nessuno ci ha capito nulla, a partire dai giocatori. Di Iaquinta e della sua inadeguatezza al ruolo di centravanti ho già parlato, citando anche l'assenza di Borriello: per creare varchi serviva lui, mica il fantasma di un Gilardino come sempre fallimentare quando il sistema di gioco non è incentrato su di lui. Marchisio sulla trequarti grida ancora vendetta, così come il suo riciclo da esterno sinistro di centrocampo, mentre tornando agli attaccanti non si spiega la fiducia a corrente alterna nutrita nei confronti del maratoneta Pepe. Impiegato in almeno quattro ruoli, oltre alla grande capacità di sacrificio ed una lieve isteria non ha offerto prestazioni di rilievo, condividendo la sorte con il suo ormai ex compagno di squadra Di Natale: 29 gol da punta centrale, in Nazionale ha fatto l'ala (anche a destra: un inedito) e sporadicamente la seconda punta in appoggio al mai convincente Iaquinta. Sui tre quarti d'ora concessi all'assatanato Quagliarella, poi, meglio stendere un velo pietoso: al ragazzo, imbarcato all'ultimo istante a discapito di Borriello e Rossi, andava accreditata maggior fiducia. Capitolo centrocampo: De Rossi, seppur impresentabile contro la Slovacchia, è stato il punto fermo con qualsiasi assetto. Il suo compagno di giochi Montolivo ha reso bene finché è stato impiegato da centrocampista centrale, salvo poi sbiadire con il dirottamento sulla corsia nell'improbabile 4-3-3 opposto agli uomini di Weiss. Gattuso impresentabile, Camoranesi ancor peggio, ed il tourbillon lippiano non ha aiutato di certo: incredibile incertezza anche nella zona nevralgica del campo, in cui i ruoli cambiavano alla frequenza con cui Balotelli cambia acconciatura. La difesa è stato il reparto che ha subito meno scossoni, anche se la protusione discale che da tempo affligge Buffon ha costretto ad un inaspettato avvicendamento tra i pali. Superato l'iniziale timore di un Chiellini terzino, Lippi ha optato per Criscito sulla sinistra e Zambrotta dal lato opposto, con Cannavaro a far la bella statuina al centro dell'area. Di qui alcune domande: perché mai Bonucci non ha mai assaggiato l'atmosfera mondiale? A cosa è dovuta la scarsa fiducia nei confronti di Maggio e della sua spinta dalle retrovie? Discorso a parte per la sciagurata gestione di calci piazzati e rimesse laterali (Kopunek ringrazia): si tratta di situazioni estremamente difficili da gestire, perché mai non gli si è data la giusta importanza nel corso di una competizione basata prevalentemente sull'eliminazione diretta? E se ci si concede il lusso di passare in svantaggio in tre occasioni (su tre: 100%), bisognerebbe almeno avere la personalità per ribaltare il risultato: personalità praticamente assente, così come la fantasia. Cassano, Miccoli o Balotelli sarebbero forse - probabilmente? - stati in grado di scardinare l'arcigna difesa paraguaiana, mentre difficilmente avrebbero lasciato scampo ai mancati rugbisti neozelandesi. Certo è che avrebbero faticato parecchio: senza un'organizzazione tattica degna di tale nome anche il più grande talento si sarebbe trovato ad annaspare tra le spire avversarie.
ANTONIO GIUSTO
Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010
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