Vado: voce del verbo andare o squadra di calcio? Visti i temi trattati in questa rubrica, si tratta indubbiamente della seconda opzione. Per scoprire cosa c'entri una piccola realtà calcistica quale è l'F.C. Vado 1913 (attualmente primo nel girone A di Promozione ligure) con la storia del calcio bisogna risalire al 1922, anno della disputa della prima Coppa Italia. Il torneo, che poco ha a che fare con quello odierno per format e tempistiche, era stato indetto dalla FIGC: le squadre affiliate alla rivale CCI (Confederazione Calciatori Italiana), quindi, si astennero dal parteciparvi. Senza gran parte delle «big» dell'epoca - Inter, Juventus, Pro Vercelli, Genoa e Livorno non presero parte alla competizione -, il Vado decise di giocarsi le sue carte, ché magari qualcosa di buono sarebbe venuto fuori. E così, tra le 37 partecipanti al torneo figurò anche la compagine rossoblu, espressione calcistica di Vado Ligure (provincia di Savona), poco più di 6.000 abitanti all'epoca dei fatti. La formazione vadese, allora come oggi, militava in Promozione: la differenza sta nel fatto che, a quel tempo, il campionato equivaleva all'attuale Lega Pro Prima Divisione, non certo al terzo livello dilettantistico dei giorni nostri. La squadra, di tutto rispetto, annoverava tra le sue fila i fratelli Babboni (Achille, Bacicin e Lino), Roletti, Marchese, il regista Esposto ed il bomber Levratto: il campionato culminò con la promozione, a braccetto con l'Entella, in Seconda Divisione Nord, un'antenata della Serie B, all'incirca.
La stagione agonistica 1921-22 passò però alla storia per via della conquista della Coppa Italia, ottenuta anche grazie alle ottime disponibilità economiche della squadra. Niente corruzione o porcherie simili, ma semplicemente un costante vantaggio del fattore campo: il regolamento della neonata competizione prevedeva infatti che la squadra ospitante corrispondesse cento lire alla FIGC, rimborsasse il viaggio in treno in terza classe alla squadra ospite e retribuisse con trenta lire ognuno dei suoi dodici componenti (undici giocatori più un dirigente). Facile capire che di squadre disposte a sborsare un tale cifra ce ne fossero poche all'epoca, e così il Vado si trovò a disputare in casa propria ben cinque delle sei partite complessive: l'unica trasferta fu quella del 18 giugno 1922, 1-0 alla Pro Livorno nei quarti di finale con gol del centravanti Marchese al 75'. La semifinale, disputata nuovamente in casa, vide i rossoblu aver ragione della Libertas Firenze dopo ben 116': un gol dell'ala destra Roletti regalò ai liguri un posto in finale. Per scoprire chi sarebbe stato l'avversario nell'atto conclusivo del torneo si dovette attendere il 9 luglio, poiché fu ordinata la ripetizione di Udinese-Lucchese 4-3 a causa di un errore tecnico: il «replay» finì 1-0 per i friulani, che si garantirono così un posto in terza classe sul treno diretto Udine-Genova in partenza sette giorni dopo.
La finale, disputata il 16 luglio, vide chiudersi i tempi regolamentari sullo 0-0: il Vado fece buona guardia, resistendo agli attacchi dell'Udinese. I supplementari, così come i primi 90', si conclusero a reti inviolate, rendendo necessario il «tempo ad oltranza». A risolvere il match fu un Virgilio Felice Levratto - «oh, oh, oh, oh, che centrattacco!», cantò poi il Quartetto Cetra - neppure diciottenne, che quel giorno squarciò la prima rete della sua carriera - ne seguiranno molte altre - con un potentissimo tiro di esterno sinistro al 127'. La coppa, consegnata a Vado il 17 settembre del '22, oggi non esiste più: i suoi quasi nove chili d'argento furono immolati alla fusione patriottica il 18 dicembre 1935, giorno «dell'oro alla patria». Di quel 16 luglio 1922 non ci sono più testimoni, né in carne ed ossa e neppure in metallo: resta solo una riproduzione dell'originale, custodita in una vetrina dell'agenzia della Cassa di Risparmio di Savona in piazza Cavour, ovviamente a Vado. Ma il ricordo di quel giorno riecheggia ancora nelle parole degli anziani, quasi obbligati a tramandare quest'avvenimento irripetibile a figli e nipoti.
La stagione agonistica 1921-22 passò però alla storia per via della conquista della Coppa Italia, ottenuta anche grazie alle ottime disponibilità economiche della squadra. Niente corruzione o porcherie simili, ma semplicemente un costante vantaggio del fattore campo: il regolamento della neonata competizione prevedeva infatti che la squadra ospitante corrispondesse cento lire alla FIGC, rimborsasse il viaggio in treno in terza classe alla squadra ospite e retribuisse con trenta lire ognuno dei suoi dodici componenti (undici giocatori più un dirigente). Facile capire che di squadre disposte a sborsare un tale cifra ce ne fossero poche all'epoca, e così il Vado si trovò a disputare in casa propria ben cinque delle sei partite complessive: l'unica trasferta fu quella del 18 giugno 1922, 1-0 alla Pro Livorno nei quarti di finale con gol del centravanti Marchese al 75'. La semifinale, disputata nuovamente in casa, vide i rossoblu aver ragione della Libertas Firenze dopo ben 116': un gol dell'ala destra Roletti regalò ai liguri un posto in finale. Per scoprire chi sarebbe stato l'avversario nell'atto conclusivo del torneo si dovette attendere il 9 luglio, poiché fu ordinata la ripetizione di Udinese-Lucchese 4-3 a causa di un errore tecnico: il «replay» finì 1-0 per i friulani, che si garantirono così un posto in terza classe sul treno diretto Udine-Genova in partenza sette giorni dopo.
La finale, disputata il 16 luglio, vide chiudersi i tempi regolamentari sullo 0-0: il Vado fece buona guardia, resistendo agli attacchi dell'Udinese. I supplementari, così come i primi 90', si conclusero a reti inviolate, rendendo necessario il «tempo ad oltranza». A risolvere il match fu un Virgilio Felice Levratto - «oh, oh, oh, oh, che centrattacco!», cantò poi il Quartetto Cetra - neppure diciottenne, che quel giorno squarciò la prima rete della sua carriera - ne seguiranno molte altre - con un potentissimo tiro di esterno sinistro al 127'. La coppa, consegnata a Vado il 17 settembre del '22, oggi non esiste più: i suoi quasi nove chili d'argento furono immolati alla fusione patriottica il 18 dicembre 1935, giorno «dell'oro alla patria». Di quel 16 luglio 1922 non ci sono più testimoni, né in carne ed ossa e neppure in metallo: resta solo una riproduzione dell'originale, custodita in una vetrina dell'agenzia della Cassa di Risparmio di Savona in piazza Cavour, ovviamente a Vado. Ma il ricordo di quel giorno riecheggia ancora nelle parole degli anziani, quasi obbligati a tramandare quest'avvenimento irripetibile a figli e nipoti.
Antonio Giusto
Fonte: Goal.com
1 commento:
www.pianetasamp.blogspot.com
Sapevo che il Vado era il detentore della prima Coppa Italia della storia, non ero però a conoscenza de cammino che disputò, racconto davvero interessante...ciao!
Posta un commento