venerdì 2 luglio 2010

Olanda-Brasile 2-1: Robinho (B) al 10’ p.t.; Sneijder (O) all’8’ e al 23’ s.t.



OLANDA (4-2-3-1): Stekelenburg; Van der Wiel, Heitinga, Ooijer, Van Bronckhorst; Van Bommel, De Jong; Robben, Sneijder, Kuyt; Van Persie (dal 40’ s.t. Huntelaar). (Vorm, Boschker, Boulahrouz, Braafheid, Schaars, De Zeeuw, Afellay, Van der Vaart, Babel, Elia). All. Van Marwijk.

BRASILE (4-2-3-1): Julio Cesar; Maicon, Lucio, Juan, Bastos (dal 17’ s.t. Gilberto); Gilberto Silva, Felipe Melo; Dani Alves, Kakà, Robinho, Luis Fabiano (dal 32’ s.t. Nilmar). (Gomes, Doni, Luisao, Thiago Silva, Josue, Kleberson, Julio Baptista, Grafite). All. Dunga.

ARBITRO: Nishimura (Giap).

NOTE: spettatori 40.186. Espulso al 28’ s.t. Felipe Melo; ammoniti Heitinga, Bastos, Van Der Wiel, De Jong, Ooijer. Angoli 8-4 per il Brasile. Recuperi: 1’ p.t., 3’ s.t.

Il Brasile non è europeizzabile. Questo è il verdetto emanato dalla strana sconfitta della Seleção, brasilianissima quando anziché chiudere l'incontro si perde in fraseggi tanto pittoreschi quanto inutili. Fosse arrivato il 2-0 in chiusura di primo tempo, ora staremmo probabilmente celebrando le capacità gestionali di Dunga, abile nel contagiare i suoi con la malattia del calcio europeo: pragmatico all'inverosimile maniera, ma efficiente come nessun altro al mondo. Il tabellino però dice 2-1 per l'Olanda, europea davvero e stavolta non solo per questioni geografiche, accompagnata anche da una discreta dose di fortuna.
La «fortuna» olandese ha un nome, un cognome e persino un numero di maglia: Felipe Melo, numero 5 del Brasile che pare indossato apposta per infangare la memoria calcistica di Falcão. Il centrocampista juventino, complice la rimonta avversaria, dà di matto scalciando Robben e guadagnando la via degli spogliatoi con venti minuti d'anticipo sui compagni di squadra. Lì, in pratica, si spengono le speranze di controsorpasso brasiliano: e pensare che nei primi 45' si era assistito ad una partita diametralmente opposta, con il tanto criticato Melo protagonista del passaggio in profondità trasformato in gol da Robinho.
Ma veniamo alla partita, perché potendosi concedere il lusso di iniziare l'azione con i difensori, la Seleção gestisce sapientemente il possesso del pallone in attesa di trovare il varco giusto per far male ad un'Olanda disposta in campo con il 4-1-4-1: De Jong, perfetto in entrambe le fasi, protegge la difesa ed imposta pure il gioco consentendo a van Bommel di agire una decina di metri più avanti. Interessante la disposizione in diagonale dei trequartisti brasiliani: anziché giocare sulla stessa linea, Daniel Alves parte in posizione di interno destro e Robinho ronza attorno a Luis Fabiano in attesa che «O Fabuloso» gli crei lo spazio per l'inserimento. Proprio così nasce l'1-0, con Alves che costringe Ooijer ad allargarsi ed Heitinga che improvvidamente segue il movimento in uscita di Luis Fabiano: si apre una voragine centrale, che van der Wiel (bloccato nel primo tempo, discreto incursore dopo l'inversione di campo) non riesce ad arginare finendo per costringere Robben a tentare una poco fortunata chiusura sull'inserimento di Robinho. Nulla in avanti, dove van Persie s'allarga per uscire dalla temibile morsa di Lucio e Juan (Mondiale stratosferico) e Robben è costantemente vittima del raddoppio difensivo brasiliano, l'Olanda rischia di capitolare dinanzi alle triangolazioni strette dei brasiliani. Di spazio in contropiede, arma sin qui prediletta dagli oranje, non ce n'è, ed i terzini van der Wiel e van Bronckhorst rinunciano all'azione offensiva perché intimiditi dai rispettivi avversari di fascia.
Lo striminzito vantaggio con cui si chiude il primo tempo non rende onore agli uomini di Dunga, certamente meritevoli di qualcosa in più ma troppo fumosi per andarselo a prendere. E così basta un episodio per cambiare il volto di una partita sino a quel momento dominata dal Brasile: è sufficiente un'accelerazione di Robben per scatenare il finimondo. Bastos lo atterra, graziato da Nishimura, ma basta un nonnulla (in questo caso la paura di perdere Bastos) per mandare nel pallone Felipe Melo: sul conseguente cross di Sneijder ignora il comando di Julio Cesar e va ad ostacolarlo in uscita, omaggiando l'Olanda di un immeritato pareggio. Con van der Wiel che prende fiducia e macina chilometri sulla corsia destra andando finalmente ad assecondare Robben, Dunga si convince che Bastos non terminerà la partita e getta nella mischia Gilberto, organicamente inadeguato alla marcatura dell'ala destra oranje. Il gol di Sneijder è una pugnalata, quasi quanto la già citata espulsione di Felipe Melo: ingenuità clamorosa, dettata da un autocontrollo inesistente, che obbliga il Brasile ad un raffazzonato assalto finale incentrato su lanci lunghi ed improbabili serpentine che poca apprensione destano nella difesa olandese.

ANTONIO GIUSTO

Fonte: Blog Mondiali di Calcio 2010

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