Cento e lode, per l'Ibrahimović bianconerazzurrossonero in Serie A. L'atroce neologismo sta ad indicare che, Zlatan, i suoi 101 gol li ha suddivisi tra Juventus, Inter e Milan. 56 di destro, 16 di sinistro, 10 di testa, 16 su rigore, 3 su punizione, 50 in casa, 51 in trasferta: uno più bello dell'altro. Sull'importanza, non sto a sindacare, perché - sino al confine, non oltre - di gente più decisiva di lui alle nostre latitudini non se ne vede da tempo. Ma qualcosa su cui discutere, per fortuna, c'è: Zlatan Ibrahimović da Rosengård, sobborgo di Malmö, con quale maglia italiana ha dato il meglio?
La prima indossata, quella della Juventus di Moggi e Capello, ci ha forse regalato - di sicuro, secondo il sottoscritto - lo Zlatan più selvaggio, anarchico e di conseguenza spettacolare. Pesava 10 chili in meno di oggi, ubbidiva alla sola legge della strada (applicata al calcio: dribbling, scaramucce e molto altro) e segnava con una costanza sin lì sconosciuta: 16 gol, quanti Mauro Esposito, due in più del capitano Alex. Capello gli intima di sorbirsi - secondo la concezione zlataniana, per me il divino Marco può essere unicamente ammirato - le videocassette di van Basten, lui preferisce ascoltare Raiola: mugugni, e Calciopoli scatena un derby meneghino.
Lo vince l'Inter, nei minuti di recupero. Zlatan glissa sugli scudetti vinti, persi, di cartone o chissà di che altro, e svela: qualche anno prima, sognava la maglia nerazzurra, la stessa di Ronaldo. Ruffianata? No, date un'occhiata qui: http://www.youtube.com/watch?v=jIELSA1ss6s, allo scoccare del sesto minuto. Ora, parola al campo. Nel suo regno, coltiva l'hobby degli scudetti, bisticcia con Mancini e s'innamora di Mourinho. Evolutosi in centravanti - per nulla classico - infila portieri con disarmante facilità, come e quando gli pare: capocannoniere. Del calcio del 2009, però, è stufo: va al Barça, a giocare quello «del 2015». Sappiamo tutti com'è andata a finire.
Il mesto ritorno a Milano dopo l'annataccia catalana lo porta sulla sponda rossonera del capologuogo lombardo. Chi vi ricorda? Sì, proprio il suo idolo Ronaldo. Al Milan, ecco un nuovo, ennesimo Zlatan. Puledro di razza, faticosamente domato, con la maglia della Juventus, all'Inter aveva monopolizzato gioco, gol e scudetti; adesso, a cavallo dei trent'anni, si scopre leader come non mai. Parla, spesso troppo, mai a sproposito, e sfida il colossale Onyewu: l'unico difensore contro cui ha avuto la peggio in Italia. Quest'anno, con ancora qualche giorno di novembre davanti, ha segnato la metà dei gol messi a segno in campionato nella scorsa stagione, giocando però meno di un terzo delle partite, e pareggiato il conto in Europa. Che sia l'anno buono? Uhm...
Dopo tre paragrafi d'analisi, ecco il mio responso alla questione iniziale: il miglior Ibrahimović s'è visto sotto Mourinho, nell'ultima Inter con due Coppe dei Campioni in bacheca. Dominante a dir poco, spietato sotto porta, effettivamente nullo in Champions League ma pur fuori controllo in Serie A. Una gioia per gli occhi, roba da metter da parte la propria fede calcistica.
martedì 29 novembre 2011
Calcio d'angolo - Il miglior Zlatan d'Italia
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